lunedì 29 giugno 2015
LA MIA STRANA MALIA
quando cominciai a capire
me ne scappai,
ben sapendo dove:
dietro l'amore.
per la verità non capivo niente,
ma mi piaceva l'amore
e quel dolce vino che mi inebriava la mente.
la gente dava la colpa alle mie cattive compagnie,
alla rosolia,
alle mie cugine che rubavano il pesce in piazza.
ma la verità era che io
ero davvero un bravo figlio,
i miei genitori mi avevano insegnato l'amore
e io non potevo fare a meno di corrergli dietro,
qualsiasi cosa facesse
qualsiasi cosa dicesse.
ora che sono passati tanti anni
non ho smesso ancora la mia rincorsa,
dal vino sono passato alla grappa,
dolce come il miele forte come la vita.
dopo l'estate mi prendo il primo treno per l'allegria,
dopo l'inverno mi prendo il primo treno
per la mia strana perenne malia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
ESODO (il futuro)
come si fa ad aspettare il futuro?
quello viene
con tutti i suoi discorsi campati per aria,
si accampa nella nostra baracca
e come viene viene,
non si può mandarlo indietro con la prima corriera
che parte nella sera,
non accetta per nulla urla o rimproveri,
non ci bada proprio,
il futuro viene
e si accampa come una luna,
come una stagione fuori mano,
come un parente del diavolo arrivato
assolutamente non invitato.
il futuro è proprio come un bambino
che arriva e guardando saluta sorridendo
il primo che gli passa accanto.
il futuro crede nel mattino,
si mette a parlare e non la smette più
con i suoi infiniti discorsi,
vuol raccontare che dietro l'orizzonte
c'è dell'altro,
ancora di più di quel che possiamo vedere ora,
il futuro è il mondo che gira
e dice che il suo mestiere è quello,
il futuro è un mondo che canta
in tutte le lingue del mondo,
perché il mondo è proprio questo
e la musica più bella proprio quella.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
IL POETA VIVE SEMPRE PER ARIA
venuto su col pane e latte del vento,
andato via col primo sorriso di un violino vicino.
non si vive male per aria,
anche se non puoi dare a nessuno
un appuntamento preciso,
perché davvero la strada del destino
è piena di buche e di tiri al martello non previsti,
ma la casa è l'ancora un po' per tutti
anche per i poeti squinternati
che non ne sanno niente né di pavimenti
né di mura
perché il soffitto loro preferito
è sempre il cielo stellato così bene illuminato,
un barattolo di zucchero e un caffè
per tener lontano il malocchio
e i vermi dell'invidia,
fitti fitti così tutt'intorno.
uomini con i forconi
quasi fossero un po' tutti come Poseidone,
cartomanti fasulli buoni per tutti i desideri
andati al macero,
nel cortile
come per le strade rifatte di catrame.
chi compra l'augurio di bene del poeta?
nessuno,
tanto quel pirla lo dà gratis a tutti quanti.
si fa pagare poco il poeta
perché non tradisce quasi mai,
non sono affatto come gli innamorati falsi,
come le mogli decrepite,
o come i vecchi tarantolati.
predicano sempre come le colombe di Dio,
dall'alto dei tetti,
fanno volare giù i loro astrusi biglietti dall'alto,
le parole cadono giù come tanti fiori,
la gente raccoglie e porta a casa
almeno un sorriso di un cuore pazzo.
il poeta vive sempre per aria
perché almeno tra le nuvole
il destino è più gentile.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
giovedì 25 giugno 2015
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo, romanziere underground italiano
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo,
romanziere underground italiano
vecchia intervista a una fanzina milanese
"LA TALPA VERDE"
tutti i suoi libri sono su Google play
romanziere underground italiano
vecchia intervista a una fanzina milanese
"LA TALPA VERDE"
tutti i suoi libri sono su Google play
lunedì 22 giugno 2015
L'EBREO ERRANTE
mi dovete prendere per quel che sono, amici cari,
che vi posso dire?
son chiuso a mille chiavi nel mio giorno di neve,
vengo da quel lontano paradiso
da cui fu cacciato una volta pure il nostro padre Adamo,
che sia benedetto per sempre il suo nome,
che ci posso fare?
covo nell'acqua il sogno perfetto dell'umana perseveranza,
non sento lutti perché non conosco il male,
sono un ragazzo senza cavezza, senza padrone, senza maestrale,
non dormo mai perché son sempre affacciato
a quella santa finestra della vita,
devo camminare sempre
sull'angusto terreno delle mille imposture,
che ci posso fare?
avanzo in una foresta di superbia
e sono sasso, cane, anima fuggitiva,
che vi posso dire?
andrò sempre così perché così son fatte le mie dita,
la mia anima, e l'onda scura del mio coraggio,
sono una semplice figura del presepe mio,
non chiedo niente né pretendo mai alcunché,
vado alla rifusa avanti con la parola del mio destino,
vivo in mezzo a una folla che mi crede invisibile,
vado verso quel paradiso che tutti gli uomini
misteriosamente cercano
senza sospettare minimamente che ci siamo già tutti dentro,
in questo santo paradiso
di nome amore della vita,
con la misera mercede dell'antica fede avita.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
LE MIE STRANE PREGHIERE DA NULLA
questa poesia da nulla
che mi rimbomba quasi sempre nelle orecchie,
che mi prude così veloce nella memoria,
che mi fa voltare verso un eterno che vedo
e non vedo,
e che mi conclude in un semplice sorriso,
in un'ironia lontana oltre il sentiero,
stringo comunque la sera
la mia semplice preghiera
di nome speranza,
e rifuggo la rabbia, l'ira, il demonio così stupido
nella sua voglia di battere una nullità come me,
"io son fortunato", mi ripeto,
"amo, che minchia più voglio dalla vita?".
e rido ancora
e torno indietro a riveder il mio delirio,
il mio atroce tormento.
macchè catastrofe, macchè sciagura!
io trionfo su tutti con il mio folle sorriso
e continuo a pregare la sera
con la mia semplice preghiera
di nome primavera.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
NAVIGLIO
Naviglio di gatti,
di venditori di meloni, albicocche, navi affondate,
porto svenduto
e pieno di figli smemorati,
marinai d'acqua dolce senza vello d'oro
da andare a cercare oltre tutto il mare di questo nulla,
rifinita la fronte
in questa comodità da 4 soldi,
col caldo al mezzogiorno
con l'avanti adagio di nessuna preghiera
a settentrione.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
giovedì 18 giugno 2015
martedì 16 giugno 2015
GIUSEPPE
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo,
con la sua bancarella di Libri Acquaviva
in piazza Diaz a Milano,
giugno 2015
sabato 13 giugno 2015
SAN GIOVANNI IN CONCA MILANESE
lo cacciarono san giovanni
da casa sua
per il compito d'apocalisse
non venuto tanto bene,
lo finirono loro con le loro ruspe stonate,
barattando l'infinito
con i loro riti di traffico cittadino,
presero il canto e ne fecero una rovina,
una festa di impostori,
un mucchio di detti pubblicitari
in onore dell'idolo pagano
molto più veloce del raccontare qualcosa
dei vecchi tempi della semplice preghiera.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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