LA GALLINA CHE DECISE DI NON FARE PIU' LE UOVA
C'era una volta una gallina che siccome si era stancata a fare le uova decise di non farle più. Le sue compagne appena se ne accorsero le dissero:
"Ma che? Sei diventata sfaticata? Guarda che se non fai più le uova devi andare via di qua!"
Poiché la gallina insisté a non fare più le uova la cacciarono via dal pollaio.
Allora la gallina andò sull'aia a becchettare chicchi di grano e semi di granturco.
La massaia appena la vide disse:
"Mi hanno detto le tue compagne che tu non vuoi fare più le uova! Allora, se le cose stanno così, te ne devi andare via da questa fattoria!"
La gallina, a malincuore, se ne andò. Ma appena fu sulla strada, appena poco lontano dalla fattoria, incontrò una volpe che le disse:
"Chi sei tu? Non t'ho mai incontrata prima d'ora".
La gallina le rispose: "Sono la gallina che non fa più le uova".
"Allora se non fai più le uova il contadino non mi sparerà addosso se ti mangio", disse la volpe.
E detto questo le saltò al collo per mangiarsela. Ma la gallina fu davvero lesta, saltò in alto e scappò via.
Andando per strada, poco dopo incontrò un gatto.
"Chi sei tu? Non t'ho mai vista", disse il gatto.
"Sono la gallina che ha deciso di non fare più le uova", disse.
"Ah! Se non fai più le uova ti posso mangiare tranquillamente. Non farò danno a nessuno", disse il gatto.
"Farai danno a me invece", disse la gallina. E come prima saltò per aria e scappò via tutta lesta.
Lasciando la strada e inoltrandosi nel bosco, la gallina incontrò un lupo.
"Chi sei tu? Non t'ho mai vista da queste parti", disse il lupo.
"Sono la gallina che non fa più le uova", disse.
"Oh! Non fai più le uova? E che m'importa? Non sono uova che mi voglio mangiare ma una bella gallinella come te!", disse allora il lupo e le saltò all'improvviso addosso.
Ma la gallina fu ancora una volta velocissima, spiccò per la paura un piccolo volo radente e se ne scappò.
Ritornando sulla strada, tutta trafelata, disse a se stessa:
"E' meglio che me ne torni nel mio pollaio a rimettermi a fare le uova, altrimenti prima che cali la sera incontrerò una brutta belva che mi mangerà.
Così fece, tornò alla fattoria e se ne andò nel pollaio a fare qualche uovo, come aveva sempre fatto nella sua vita. Ben tre al giorno.
"Meglio fare le uova che farsi sbranare", disse alla fine la gallina a se stessa.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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martedì 28 febbraio 2017
domenica 23 agosto 2015
IL CUOCO MIGLIORE SECONDO LA MASSA
IL CUOCO MIGLIORE SECONDO LA MASSA
Una volta zio Frasco Sciabolone cucinò al forno un serpente dicendo che era un capitone, un'altra volta cucinò al forno un gatto dicendo che era un coniglio, un'altra volta ancora cucinò al forno un cane dicendo che era un'agnello. Tutti i parenti andavano dicendo in giro che nessuno cucinava al forno meglio di zio Frasco Sciabolone i capitoni, i conigli e gli agnelli. Andavano dicendo pure che mai avevano mangiato capitoni, conigli, agnelli al forno più buoni di quelli che cucinava zio Frasco Sciabolone, uno degli uomini più glaciali e malvagi che si siano mai visti al paese di Glem, in Volinia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Una volta zio Frasco Sciabolone cucinò al forno un serpente dicendo che era un capitone, un'altra volta cucinò al forno un gatto dicendo che era un coniglio, un'altra volta ancora cucinò al forno un cane dicendo che era un'agnello. Tutti i parenti andavano dicendo in giro che nessuno cucinava al forno meglio di zio Frasco Sciabolone i capitoni, i conigli e gli agnelli. Andavano dicendo pure che mai avevano mangiato capitoni, conigli, agnelli al forno più buoni di quelli che cucinava zio Frasco Sciabolone, uno degli uomini più glaciali e malvagi che si siano mai visti al paese di Glem, in Volinia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
mercoledì 1 aprile 2015
giuseppe d'ambrosio angelillo
CONTADINI E SQUATTRINATI
racconti
ACQUAVIVA
illustrato, pag. 360
racconti contadini di grande ironia e saggezza
su Google play:
http://goo.gl/sQgv4P
CONTADINI E SQUATTRINATI
racconti
ACQUAVIVA
illustrato, pag. 360
racconti contadini di grande ironia e saggezza
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giovedì 12 febbraio 2015
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo ACQUAVIVA raccontini contadini e storielle paesane
"Non piantar che un albero,
solo quello, sempre quello:
la vite".
proverbio contadino acquavitano
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
ACQUAVIVA
raccontini contadini e storielle paesane
Acquaviva, 2015
circa 1000 pagine, illustrato
(prossimamente per Libri Acquaviva).
solo quello, sempre quello:
la vite".
proverbio contadino acquavitano
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
ACQUAVIVA
raccontini contadini e storielle paesane
Acquaviva, 2015
circa 1000 pagine, illustrato
(prossimamente per Libri Acquaviva).
lunedì 8 settembre 2014
IL RE DI CHU
IL RE DI CHU
Al Re di Chu una volta gli abbisognava un intendente dei giardini degli alberi di lacca e a questo scopo andò a interpellare il filosofo Zuang.
"Vuoi entrare nel mio servizio?", gli chiese.
"E a far che?", volle informarsi il filosofo.
"Il bue intelligente, dopo te ne potrai andare al macello, in onore del tuo padrone", gli disse il Re, in un accesso improvviso di cruda verità, visto che davanti a sè aveva un filosofo.
"Ti ringrazio molto di cotanto onore", rispose il filosofo. "Ma io mi sento molto più felice nella mia piccola fangosa pozzanghera, quasi senza pane ma in piena libertà".
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
venerdì 25 luglio 2014
lunedì 7 aprile 2014
IL CONTADINO ZEN 38 storielle zen ACQUAVIVA
"La Natura non è che una poesia enigmatica".
MONTAIGNE
38 storielle zen
di antica sapienza contadina
on www.books.google.com
MONTAIGNE
38 storielle zen
di antica sapienza contadina
on www.books.google.com
mercoledì 27 novembre 2013
NERINO
Nerino se ne veniva sempre vicino a me seduto accanto al fuoco del camino della casa dei miei genitori contadini di Acquaviva. Si metteva a guardare le fiamme e socchiudeva felice gli occhi.
"Non avvicinarti troppo che ti puoi bruciare il pelo", gli dicevo io e lo allontanavo un pò.
Lui si faceva allontanare e socchiudeva ancora felice gli occhi. Aveva il pelo così rovente che davvero che ancora un pò e si bruciava. (Era felice anche che io mi preoccupavo per lui. Anche lui si preoccupava per me, lo capivo quando tornavo dopo lungo tempo, a tavola mi saltava in grembo e se ne rimaneva là a fare le fusa. Non saltava in grembo a nessun'altro, nemmeno a mia madre).
Era capace di restarsene lì, vicino al fuoco del camino, per ore e ore.
Fuori nel cortile era freddo e davvero c'era aria di neve. Ma lui, prima di sera, lo sapevo bene, la sua passeggiata notturna se ne andava a farla lo stesso.
Aveva il pelo foltissimo, così folto che sembrava fatto apposta per poter girare liberamente d'inverno.
Quando faceva la neve era contentissimo di mettersi a camminare in tutto quel candore luminoso, lui così nero, là in mezzo, che si sentiva davvero un principe davvero speciale.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
da "GATTI PAZZI", Acquaviva, 2013
lunedì 25 novembre 2013
I GATTI DELLA CAMPAGNA DI PRIMOCIELO A ACQUAVIVA
Sulle colline piene di pecore e di capre, lì, dalle parti di Primocielo, nelle campagne di Acquaviva, c'era sempre un sole forte. Da lì, all'orizzonte si vedeva sempre il mare blu di Bari, di Monopoli. Era lì nell'antichità un avamposto della potente città greca di Taranto, un avamposto per guardarsi da un attacco alle spalle di città nemiche, che a quei tempi non mancavano certo, come pure ai giorni nostri.
Lì c'erano i topi di campagna a frotte pure. E i contadini non facevano mancare allora i gatti, gattoni grossi di campagna che facevano paura solo a vederli, perchè sempre cresciuti mezzi selvaggi. Ai topi bastava stare alla larga dalle masserie e i gatti allora si facevano i fatti loro. Era più facile e divertente cacciare gli uccelletti del bosco per loro. Il mondo della campagna è troppo antico per essere compreso approfonditamente dagli uomini. Lì l'orizzonte era davvero troppo vasto sia per i topi che per i gatti per farsi la guerra all'ultimo sangue. Boschi, campi, fattorie, trulli a non finire. Troppo gigantesco lo stupore della vita per combattersi a ogni momento. Più facilmente i topi e i gatti si ignoravano bellamente.
Son cose che gli uomini non capiranno mai.
Se si poteva vivere in pace, stando semplicemente lontani gli uni dagli altri, perchè farsi prendere dall'odio puzzolente che non porta mai niente di buono?
Su quelle colline c'era sicuramente il grande occhio di Dio, che vegliava sui topi e sui gatti, e pure sui contadini. E quando erano un pò cresciuti anche sugli uccelletti che non cadevano più dai nidi nel bosco.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
da "GATTI PAZZI", Acquaviva, 2013
lunedì 4 novembre 2013
DIO PARLA CON NOI
Dio parla con noi
e qualche volta dice:
"Aiutare gli altri
non fa danno".
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
martedì 22 ottobre 2013
LA VOLPE ALLA FONTE
Una volta una volpe si presentò a una fonte e proprio in quel momento un coniglio là pure si apprestava a bere.
"Tocca a me bere per prima, fammi luogo", disse la volpe al coniglio.
E il coniglio benchè fosse arrivato poco prima, a guardare i denti aguzzi della volpe e le sue fauci fameliche, disse:
"Poco male, vado a un'altra fonte per la mia sete".
E presto scappò via velocissimo a un'altra fonte là vicino.
Ma la volpe, velocissima anche lei, gli fu dappresso e si presentò anche lei subito dopo il coniglio anche quella volta.
"Tocca a me bere per prima, fammi luogo", disse un'altra volta al coniglio.
Il coniglio guardò ancora i denti aguzzi della volpe e le sue fauci fameliche.
"Ora che ci penso m'è passata del tutto la sete. Accomodati pure", disse allora il coniglio.
E sparì d'un lampo nel bosco fitto e nero, tenendosi la sua sete ma senza farsi più trovare. Accontentandosi qua e là tra gli arbusti di qualche goccia di rugiada.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
domenica 6 ottobre 2013
LA STRANA STORIA DI UN MARITO TRADITORE
Di notte è tutto buio, non si vede quasi niente, il ladro è sicuro di non essere scoperto, ma intanto si mette una maschera sul viso per essere più sicuro, ma, si dice, il diavolo ha fatto il buio ma non il buio assoluto.
Un uomo frequentava le prostitute, ma di notte per non farsi scoprire, ma il suo batticuore era ben visibile a tutte le donne di strada anche perché per vederlo non c'era mica così bisogno che i lampioni fossero a tutta forza.
"Ma perché tremi a venire da noi? I soldi li hai. Non c'è sbirri da questi parti. Tua moglie non c'è di sicuro, e allora perché sei così incerto?", gli chiese una volta una prostituta.
"Non è di mia moglie che ho paura che mi scopra ma di mia suocera, più astuta di cinquanta demonii, donna ricchissima e severa, se mi scopre che vengo da voi, mi caccia di casa e io sono un uomo rovinato. Di mio infatti ho solo l'anima e questa lussuria irrefrenabile che non so far zittire ma che tutto invece mi stravolge. Infatti a esser sinceri di mio non sono nemmeno le scarpe che porto ai piedi né il fazzoletto del naso che mi porto in tasca", disse l'uomo.
"E non aver pena allora, qui di suocere non ce n'è minga,nemmeno a pagare d'oro il re dei fantasmi", disse la prostituta.
Detto fatto, come si dice al mio paese di contadini.
La suocera era ricchissima proprio perché era una manentucola di prostitute e proprio allora si trovò a passare di lì per riscuotere le tariffe di quelle disgraziate e a veder appena uscire dall'alcova di una di quelle suo genero così lo apostrofò:
"Maledetto farabutto, così tieni cura di mia figlia? A passar notti con le baldracche? Non aver l'ardire di ritirarti a casa che se ti presenti ti tiro un colpo di fucile!"
Così il traditore fu scoperto e non ebbe il coraggio di tornare a casa che quella stregaccia davvero lo faceva secco con lo schioppo se lo vedeva di nuovo in casa, e in breve diventò un poveraccio, se ne scappò al nord e fece la vita randagia degli accattoni tra una corsa di cavalli e un bar di malfattori, nell'estrema periferia di una grande città.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Un uomo frequentava le prostitute, ma di notte per non farsi scoprire, ma il suo batticuore era ben visibile a tutte le donne di strada anche perché per vederlo non c'era mica così bisogno che i lampioni fossero a tutta forza.
"Ma perché tremi a venire da noi? I soldi li hai. Non c'è sbirri da questi parti. Tua moglie non c'è di sicuro, e allora perché sei così incerto?", gli chiese una volta una prostituta.
"Non è di mia moglie che ho paura che mi scopra ma di mia suocera, più astuta di cinquanta demonii, donna ricchissima e severa, se mi scopre che vengo da voi, mi caccia di casa e io sono un uomo rovinato. Di mio infatti ho solo l'anima e questa lussuria irrefrenabile che non so far zittire ma che tutto invece mi stravolge. Infatti a esser sinceri di mio non sono nemmeno le scarpe che porto ai piedi né il fazzoletto del naso che mi porto in tasca", disse l'uomo.
"E non aver pena allora, qui di suocere non ce n'è minga,nemmeno a pagare d'oro il re dei fantasmi", disse la prostituta.
Detto fatto, come si dice al mio paese di contadini.
La suocera era ricchissima proprio perché era una manentucola di prostitute e proprio allora si trovò a passare di lì per riscuotere le tariffe di quelle disgraziate e a veder appena uscire dall'alcova di una di quelle suo genero così lo apostrofò:
"Maledetto farabutto, così tieni cura di mia figlia? A passar notti con le baldracche? Non aver l'ardire di ritirarti a casa che se ti presenti ti tiro un colpo di fucile!"
Così il traditore fu scoperto e non ebbe il coraggio di tornare a casa che quella stregaccia davvero lo faceva secco con lo schioppo se lo vedeva di nuovo in casa, e in breve diventò un poveraccio, se ne scappò al nord e fece la vita randagia degli accattoni tra una corsa di cavalli e un bar di malfattori, nell'estrema periferia di una grande città.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
LA LEGGENDA DEL MONACO POVERO
"Non farti venire fame al cospetto dell'uomo malvagio, ti darà da mangiare veleno di scorpioni, rifiuti di talpe e sangue avanzato ai pidocchi. Ma l'uomo buono ti darà sempre un pezzo di pane anche se è il più povero del paese", così è detto da qualche parte nei libri di sapienza dell'Occidente. Ma voi pensate che gli uomini vadano a chiedere ai cuori buoni ma poveri, o ai maligni ma ricconi? Non vi dico niente perché la risposta la sapete da soli. Gli uomini vanno dai malvagi a chiedere perfino se non hanno bisogno di niente, figuriamoci un pò l'alto grado della loro intelligenza.
Fatto sta che ad Acquaviva una volta c'era un monaco povero e un prete molto ricco, non faccio nomi perché non voglio andare in tribunale a spiegare la mia filosofia alla Spinoza, ma a scuola che mi sembra un posto più consono allo scopo.
Ecco: voi pensate che i paesani andavano dal monaco povero a chiedere qualcosa? Nient'affatto, andavano come era da aspettarsi al prete ricco. Il monaco povero dava loro sempre e solo pane, ma il prete ricco dava loro oro e argento... a usura. Così in capo a qualche tempo si ritrovavano sempre più rovinati di prima e così, ora sì miseri e morti di fame, andavano dal monaco povero a chiedere il pane, per loro e i loro figlioli. Il monaco povero naturalmente non chiedeva indietro mai nulla, ma sempre e soltanto una lode a Dio.
Capita così che dopo millenni e millenni di filosofia gli uomini non sappiano ancora riconoscere il bene dal male, e al pane gratis preferiscono sempre il veleno di scorpione a pagamento.
Una volta due gran ladroni si introdussero nella casa fortezza del prete speculatore, aiutati in questo dalla sua amante sguattera, e per rubargli il suo tesoro lo uccisero senza pietà. I ladroni poi fecero una brutta fine anche loro, persero il tesoro per strada e finirono in galera per tutta la vita per altre nefandezze che avevano compiuto nella loro esistenza disgraziata, non per l'omicidio del prete che non fu mai scoperto.
Il monaco buono invece dà ancora da mangiare pane ai poveri che vanno a chiederglielo senza mai ricevere indietro qualcosa da nessuno, e lui mai cambia la condotta di bene della sua vita. Quel monaco buono non lo conosce nessuno e nessuno parla mai di lui, anche se fa tutto questo bene a tutto il paese. Quel monaco buono è sempre il più povero del paese e lo stesso ha sempre pane e vino per tutti. Quell'uomo povero è Gesù, che ormai vive e va avanti senza più discepoli in tutto il mondo, ma è possibile trovarlo dappertutto ed è sempre lì che aiuta tutti, basta chiedergli il pane che Dio dà proprio a tutti gli uomini di buona volontà e timorosi della giusta misura di tutte le cose, di quelle che ci sono in quanto ci sono e di quelle che non ci sono in quanto non ci sono, e non il denaro il cui procacciatore è sempre un demonio pieno di veleno di scorpioni, di rifiuti di talpe e di sangue avanzato ai pidocchi da dare in quantità a chi molto stupidamente va chiedergli oro e argento che lui sempre è capace di dare in gran quantità... sempre naturalmente a usura. Un'usura capace ormai di scannare interi popoli.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Fatto sta che ad Acquaviva una volta c'era un monaco povero e un prete molto ricco, non faccio nomi perché non voglio andare in tribunale a spiegare la mia filosofia alla Spinoza, ma a scuola che mi sembra un posto più consono allo scopo.
Ecco: voi pensate che i paesani andavano dal monaco povero a chiedere qualcosa? Nient'affatto, andavano come era da aspettarsi al prete ricco. Il monaco povero dava loro sempre e solo pane, ma il prete ricco dava loro oro e argento... a usura. Così in capo a qualche tempo si ritrovavano sempre più rovinati di prima e così, ora sì miseri e morti di fame, andavano dal monaco povero a chiedere il pane, per loro e i loro figlioli. Il monaco povero naturalmente non chiedeva indietro mai nulla, ma sempre e soltanto una lode a Dio.
Capita così che dopo millenni e millenni di filosofia gli uomini non sappiano ancora riconoscere il bene dal male, e al pane gratis preferiscono sempre il veleno di scorpione a pagamento.
Una volta due gran ladroni si introdussero nella casa fortezza del prete speculatore, aiutati in questo dalla sua amante sguattera, e per rubargli il suo tesoro lo uccisero senza pietà. I ladroni poi fecero una brutta fine anche loro, persero il tesoro per strada e finirono in galera per tutta la vita per altre nefandezze che avevano compiuto nella loro esistenza disgraziata, non per l'omicidio del prete che non fu mai scoperto.
Il monaco buono invece dà ancora da mangiare pane ai poveri che vanno a chiederglielo senza mai ricevere indietro qualcosa da nessuno, e lui mai cambia la condotta di bene della sua vita. Quel monaco buono non lo conosce nessuno e nessuno parla mai di lui, anche se fa tutto questo bene a tutto il paese. Quel monaco buono è sempre il più povero del paese e lo stesso ha sempre pane e vino per tutti. Quell'uomo povero è Gesù, che ormai vive e va avanti senza più discepoli in tutto il mondo, ma è possibile trovarlo dappertutto ed è sempre lì che aiuta tutti, basta chiedergli il pane che Dio dà proprio a tutti gli uomini di buona volontà e timorosi della giusta misura di tutte le cose, di quelle che ci sono in quanto ci sono e di quelle che non ci sono in quanto non ci sono, e non il denaro il cui procacciatore è sempre un demonio pieno di veleno di scorpioni, di rifiuti di talpe e di sangue avanzato ai pidocchi da dare in quantità a chi molto stupidamente va chiedergli oro e argento che lui sempre è capace di dare in gran quantità... sempre naturalmente a usura. Un'usura capace ormai di scannare interi popoli.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
mercoledì 2 ottobre 2013
LA STRANA PARABOLA DEI DUE RAGAZZI INNAMORATI E FELICI IN RIVA AL MARE
C'erano una volta in riva al mare due innamorati che si baciavano e si abbracciavano, e si vedeva lontano un miglio che erano felici a stare insieme e a amarsi così intensamente che intorno a loro davvero attirarono una folla sterminata che non avendo nulla da fare si misero a guardarli e a meditarci su ognuno a modo suo.
"Sembrano due pesci felici che nuotano in un mare di gioia", disse uno.
"Sembrano due uccelletti felici che volano in un cielo intero tutto fatto di felicità", disse un altro.
"Sembrano due gatti felici che hanno appena scoperto un paradiso in sboccio fatto apposta apposta per loro", disse un altro ancora.
Tutte le pensarono e le dissero e non quello che era sotto i loro stessi occhi, che cioè erano semplicemente un ragazzo e una ragazza follemente innamorati l'uno dell'altra. Forse perché nell'intimo della loro anima erano profondamente convinti che gli uomini e le donne non sono assolutamente fatti per essere felici a questo mondo. E invece, come potevano benissimo vedere con i loro stessi occhi, si sbagliavano davvero di grosso.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
"Sembrano due pesci felici che nuotano in un mare di gioia", disse uno.
"Sembrano due uccelletti felici che volano in un cielo intero tutto fatto di felicità", disse un altro.
"Sembrano due gatti felici che hanno appena scoperto un paradiso in sboccio fatto apposta apposta per loro", disse un altro ancora.
Tutte le pensarono e le dissero e non quello che era sotto i loro stessi occhi, che cioè erano semplicemente un ragazzo e una ragazza follemente innamorati l'uno dell'altra. Forse perché nell'intimo della loro anima erano profondamente convinti che gli uomini e le donne non sono assolutamente fatti per essere felici a questo mondo. E invece, come potevano benissimo vedere con i loro stessi occhi, si sbagliavano davvero di grosso.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
martedì 1 ottobre 2013
LA STRANA LEGGENDA DEL PICCOLO PESCE
C'era una volta un piccolo pesce che abitava in un grande mare. E chissà perchè così disse un giorno il piccolo pesce al grande mare: "Fammi la grazia, fammi diventare un grande pesce, così grande che manco tu un giorno possa bastare a contenermi con tutta la mia maestosa grandezza".
Il mare si incuriosì e si meravigliò assai di questa stravagante proposta:
"Ma tu chi sei? Io manco sapevo che vivevi dentro di me?", così allora disse il mare.
"Ora lo sai. Io sono il piccolo pesce che per la sua brama vuole diventare grande grande, così grande che diventi piccolo perfino il mare.Esaudisci la mia preghiera e con me diventerai grande anche tu", disse il piccolo pesce.
"Non so chi sei, davvero è la prima volta che ti vedo", disse il mare e mentre parlava ecco che una grande balena si inghiottì in un boccone il piccolo pesce e sparì dalla vista di tutti, compreso naturalmente dello stesso mare.
"Che ne è stato del piccolo pesce? Te lo sei mangiato?", chiese allora il mare alla balena.
"Quale piccolo pesce? Io non ho visto niente, ho aperto solo la bocca e ho mangiato quello che c'era", disse la balena.
"Era un piccolo pesce che voleva diventare addirittura più grande di me che l'avevo dentro, ma è sparito e credo che proprio nessuno si ricordi ora di un pesce così piccolo e così stupido, nemmeno te che te lo sei mangiato", disse allora il mare.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Il mare si incuriosì e si meravigliò assai di questa stravagante proposta:
"Ma tu chi sei? Io manco sapevo che vivevi dentro di me?", così allora disse il mare.
"Ora lo sai. Io sono il piccolo pesce che per la sua brama vuole diventare grande grande, così grande che diventi piccolo perfino il mare.Esaudisci la mia preghiera e con me diventerai grande anche tu", disse il piccolo pesce.
"Non so chi sei, davvero è la prima volta che ti vedo", disse il mare e mentre parlava ecco che una grande balena si inghiottì in un boccone il piccolo pesce e sparì dalla vista di tutti, compreso naturalmente dello stesso mare.
"Che ne è stato del piccolo pesce? Te lo sei mangiato?", chiese allora il mare alla balena.
"Quale piccolo pesce? Io non ho visto niente, ho aperto solo la bocca e ho mangiato quello che c'era", disse la balena.
"Era un piccolo pesce che voleva diventare addirittura più grande di me che l'avevo dentro, ma è sparito e credo che proprio nessuno si ricordi ora di un pesce così piccolo e così stupido, nemmeno te che te lo sei mangiato", disse allora il mare.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
martedì 10 settembre 2013
FAVOLA DEL SERPENTE E DELL'ALBERO
"E chi ti vuole bene ti viene sempre appresso verso la sua stessa malora", gli rispose l'albero di Severino.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
IL PENSIERO CAMPA LA CASA
"Il pensiero campa la casa, la chiacchiera la sfascia", diceva sempre Comparone.
"Quel che si architetta sfugge e quel che non si crede si avvera", gli diceva invece Comparino.
Erano due contadini scansafatiche, provetti ladri di mandorle. Le rubavano di notte con gli ombrelli aperti all'incontrario. Non furono mai scoperti perchè si muovevano sempre nelle notti senza luna, e dopo mezzo ombrello pieno tornavano a casa.
"Chi si contenta gode sempre e fa schiattare tutti i cani del padrone", dicevano poi l'uno all'altro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
"Quel che si architetta sfugge e quel che non si crede si avvera", gli diceva invece Comparino.
Erano due contadini scansafatiche, provetti ladri di mandorle. Le rubavano di notte con gli ombrelli aperti all'incontrario. Non furono mai scoperti perchè si muovevano sempre nelle notti senza luna, e dopo mezzo ombrello pieno tornavano a casa.
"Chi si contenta gode sempre e fa schiattare tutti i cani del padrone", dicevano poi l'uno all'altro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
CASA CONTENTA
"Casa scontenta non la concerta nemmeno il diavolo ingegnere", gli rispondeva il cugino Rodoldino.
Erano entrambi contadini scapoli.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
IL SAGGIO SEMINATORE
"Semina in abbondanza e poi lascia pure fare a Dio", diceva sempre Nastasiddo lo Sciampagnolo. "perchè se non semini nulla, solo il nulla ti toccherà di raccogliere".
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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