Una volta Tirasolco se ne andò a Bari, per avere una tresca con una prostituta. Infatti la trovò e poi se ne andò alla ricerca di una stamberga per passare la notte con la donna.
La trova e il portiere gli fa firmare il registro delle presenze. A firmare Tirasolco si accorge che un pidocchio se ne sta calmo sul suo nome ancora fresco di inchiostro. Allora lui afferra la donna e la strattona via.
L'albergatore rimane di stucco:
- Ehi, cafone, perchè te ne vai?
- E che vuoi, cittadino? C'è là un pidocchio che ha letto il mio nome e già me lo vedo che corre da mio padre a dirgli che me ne vengo a Bari a puttane.
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
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lunedì 1 giugno 2009
mercoledì 18 febbraio 2009
CERASONE ALLA CANTINA DEL BELLINO racconto contadino di giuseppe d'ambrosio angelillo
Era una di quelle sere prima di Natale, là all'osteria del Bellino, vicino alla stradina del San Benedetto. Una di quelle sere quando c'è molta voglia di mangiare bene e di soldi in tasca ce ne sono davvero pochi, o proprio per niente.
Comunque sia Cerasone, un contadino piazzato e forte, se ne va lo stesso alla CANTINA, carico di appetito e di nulla allo stesso tempo...
4 braciole piccanti, mezza pagnotta di pane, e un litro di Primatino verace, quello a 16 gradi con la boccata dolce, rinforzato a ceste di fichi e frutti di bosco...
Cerasone è già seduto e aspetta,con l'acquolina che fa fatica a non colargli dalla bocca. Bellino gli s'avvicina e lo squadra. Lo conosce da una vita, il furbacchione.
- Ce l'hai i soldi? - gli chiede a bruciapelo.
Cerasone nicchia, si ravana a disagio nelle tasche, si sposta a destra, a sinistra. Poi alza le spalle, neanche una firmedda di camicia...
- No, mi sa che sono a secco - biascica lui.
- Allora, compare, non ti do un bel niente...
- COME?
- Niente...
- MI MANDI VIA SENZA MANGIARE?!
- Hai capito bene, compare mio...
Cerasone si inalberò come una belva sfottuta a morte:
- MALEDETTI BALORDI! AH! SE VE LA FARO' PAGARE! AH! SIATENE CERTI! AH! ECCOME! CERTO CHE SI'! VE NE PENTIRETE AMARAMENTE! PEZZI DI FESSI CHE NON SIETE ALTRO!
Urlava come un elefante, torceva gli occhi come una tigre, si agitava tutto come un serpente.
- Calmati, Cerasone.
- Suvvia, Cerasone. Stattene tranquillo.
Dicevano i suoi amici. Ora l'uno ora l'altro.
Non l'avessero mai fatto. Cerasone si adirò ancora di più, se questo era davvero possibile.
- AH! MI RIFIUTATE LA CENA?! AH! GUAI A VOI! GUAI! MI SA CHE MI SCATENERO' COME MIO PADRE!
Quelli sbigottirono, tutti intorno a lui.
- COME MIO PADRE! COME MIO PADRE QUANDO GLI NEGAVANO LA CENA! AH! GUAI A VOI!
Tutti tremarono. Un uomo fuori di sè, si sa, è capace di tutto.
E allora chi gli portava il vino, chi gli serviva le braciole, chi gli dava il pane. Chi lo accarezzava, chi lo blandiva, chi gli sorrideva.
Allora Cerasone si calmò, si sedette, si mise comodo, e soddisfatto si satollò ben bene.
Dopo che si fu saziato e bene. E tutti videro che si era rilassato del tutto e che gli si poteva allora parlare liberamente, Don Liborio Mangiaformaggio gli si avvicinò ancora cauto, che certo non bisognava fidarsi eccessivamente di un tipo iroso come quello, e gli domandò:
- OH! Cerasone, ci vuoi raccontare ora che minchia faceva tuo padre quando gli rifiutavano la cena?
Cerasone schioccò la lingua. Si scavò con uno stuzzicadente un pezzo di braciola da un dente, ruttò mettendsi educatamente la mano davanti alla bocca e disse:
- Che minchia volete che facesse? Se ne andava a casa bestemmiando, dava un bacio alla Madonna, e si metteva coricato...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO, contadini e squattrinati, racconti
inediti
www.libriacquaviva.org
Comunque sia Cerasone, un contadino piazzato e forte, se ne va lo stesso alla CANTINA, carico di appetito e di nulla allo stesso tempo...
4 braciole piccanti, mezza pagnotta di pane, e un litro di Primatino verace, quello a 16 gradi con la boccata dolce, rinforzato a ceste di fichi e frutti di bosco...
Cerasone è già seduto e aspetta,con l'acquolina che fa fatica a non colargli dalla bocca. Bellino gli s'avvicina e lo squadra. Lo conosce da una vita, il furbacchione.
- Ce l'hai i soldi? - gli chiede a bruciapelo.
Cerasone nicchia, si ravana a disagio nelle tasche, si sposta a destra, a sinistra. Poi alza le spalle, neanche una firmedda di camicia...
- No, mi sa che sono a secco - biascica lui.
- Allora, compare, non ti do un bel niente...
- COME?
- Niente...
- MI MANDI VIA SENZA MANGIARE?!
- Hai capito bene, compare mio...
Cerasone si inalberò come una belva sfottuta a morte:
- MALEDETTI BALORDI! AH! SE VE LA FARO' PAGARE! AH! SIATENE CERTI! AH! ECCOME! CERTO CHE SI'! VE NE PENTIRETE AMARAMENTE! PEZZI DI FESSI CHE NON SIETE ALTRO!
Urlava come un elefante, torceva gli occhi come una tigre, si agitava tutto come un serpente.
- Calmati, Cerasone.
- Suvvia, Cerasone. Stattene tranquillo.
Dicevano i suoi amici. Ora l'uno ora l'altro.
Non l'avessero mai fatto. Cerasone si adirò ancora di più, se questo era davvero possibile.
- AH! MI RIFIUTATE LA CENA?! AH! GUAI A VOI! GUAI! MI SA CHE MI SCATENERO' COME MIO PADRE!
Quelli sbigottirono, tutti intorno a lui.
- COME MIO PADRE! COME MIO PADRE QUANDO GLI NEGAVANO LA CENA! AH! GUAI A VOI!
Tutti tremarono. Un uomo fuori di sè, si sa, è capace di tutto.
E allora chi gli portava il vino, chi gli serviva le braciole, chi gli dava il pane. Chi lo accarezzava, chi lo blandiva, chi gli sorrideva.
Allora Cerasone si calmò, si sedette, si mise comodo, e soddisfatto si satollò ben bene.
Dopo che si fu saziato e bene. E tutti videro che si era rilassato del tutto e che gli si poteva allora parlare liberamente, Don Liborio Mangiaformaggio gli si avvicinò ancora cauto, che certo non bisognava fidarsi eccessivamente di un tipo iroso come quello, e gli domandò:
- OH! Cerasone, ci vuoi raccontare ora che minchia faceva tuo padre quando gli rifiutavano la cena?
Cerasone schioccò la lingua. Si scavò con uno stuzzicadente un pezzo di braciola da un dente, ruttò mettendsi educatamente la mano davanti alla bocca e disse:
- Che minchia volete che facesse? Se ne andava a casa bestemmiando, dava un bacio alla Madonna, e si metteva coricato...
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inediti
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