LA NOSTRA NUOVA PROSSIMA GALASSIA
Fra 5 miliardi di anni
la Galassia di Andromeda
e la Via Lattea
si scontreranno,
balleranno insieme per milioni e milioni di anni
con le loro eleganti volute,
con i loro strani sbuffi di migliaia e migliaia di stelle
in esaltante vortichìo.
Passeranno ancora centinaia e centinaia
di milioni di anni
e poi nascerà una nuova galassia,
più grande, più forte, più luminosa.
Due grandi galassie faranno l'amore forse,
si vedranno,
si piaceranno,
si piglieranno.
Nascerà un nuovo spettacolare ammasso celeste.
Chissà dove saremo noi.
Chissà che faremo.
Forse ci staremo ancora facendo la guerra
per qualche misero centesimo.
Non avremo ancora imparato niente.
Ognuno vorrà per sé tutta intera
la sua misera pagnotta.
Chissà su quale nuovo mondo saremo...
Ma pur sempre con la nostra strepitosa
stupida intelligenza...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
giovedì 12 maggio 2016
mercoledì 11 maggio 2016
PIOGGIA SULLA CITTA'
PIOGGIA SULLA CITTA'
Cielo piovoso
in mezzo a tutte queste mie idee,
le gocce di pioggia come semi di zucchero impazziti,
come arance e limoni per tutti quanti,
è la malinconia della città intanto,
mi inebria
e mi addormenta,
mi fa volare,
tutto il cielo
tutta la vita,
respirare bene,
sperare oltre,
vado e sto,
il massiccio esercito delle nuvole,
dell'acqua che piove,
le strade nere salgono,
le strade bianche che scendono,
le ragazze si nascondono dietro gli ombrelli,
sotto i cappelli,
ognuno dà qualcosa a qualcuno
ognuno riceve qualcosa da qualcuno,
i sorrisi corrono dietro ai loro amori,
la pioggia,
il cielo,
tutta la città sotto l'acqua,
pesci che ballano in una pentola di aceto,
le sardine,
i calamari,
le alici,
lottano ancora con gli uomini
nell'acqua bollente,
si sogna sotto la pioggia,
si dorme con la finestra aperta sulla pioggia.
Speriamo di essere felici un giorno,
speriamo di essere felici ancora,
la pioggia cade forte su tutta la città,
su tutti i tetti,
su tutte le banchine,
su tutti i cortili,
è davvero caparbia,
è davvero tenace,
vuole pulire tutta l'aria,
tutto il cielo,
tutte le anime,
vuole davvero far rinascere tutte le cose,
dopo
quando uscirà di nuovo il sole.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Cielo piovoso
in mezzo a tutte queste mie idee,
le gocce di pioggia come semi di zucchero impazziti,
come arance e limoni per tutti quanti,
è la malinconia della città intanto,
mi inebria
e mi addormenta,
mi fa volare,
tutto il cielo
tutta la vita,
respirare bene,
sperare oltre,
vado e sto,
il massiccio esercito delle nuvole,
dell'acqua che piove,
le strade nere salgono,
le strade bianche che scendono,
le ragazze si nascondono dietro gli ombrelli,
sotto i cappelli,
ognuno dà qualcosa a qualcuno
ognuno riceve qualcosa da qualcuno,
i sorrisi corrono dietro ai loro amori,
la pioggia,
il cielo,
tutta la città sotto l'acqua,
pesci che ballano in una pentola di aceto,
le sardine,
i calamari,
le alici,
lottano ancora con gli uomini
nell'acqua bollente,
si sogna sotto la pioggia,
si dorme con la finestra aperta sulla pioggia.
Speriamo di essere felici un giorno,
speriamo di essere felici ancora,
la pioggia cade forte su tutta la città,
su tutti i tetti,
su tutte le banchine,
su tutti i cortili,
è davvero caparbia,
è davvero tenace,
vuole pulire tutta l'aria,
tutto il cielo,
tutte le anime,
vuole davvero far rinascere tutte le cose,
dopo
quando uscirà di nuovo il sole.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
martedì 10 maggio 2016
E' ALDA LA POTENTE
E' ALDA LA POTENTE
E' Alda la potente,
tutte le altre son nessuno,
tutti gli altri.
Ora è nella notte del suo sonno,
nell'ira del suo giorno trapassato.
Sul balcone del suo altare
continua il suo sermone di vita,
il suo comizio d'amore.
E' là ora
anche la tempesta
della sua somma sapienza.
Tu, Alda.
Maestra allegrissima e tristissima,
tutte le tue poesie ora
sono belle figlie amorose
che ti cantano
ai quattro angoli del mondo
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
E' Alda la potente,
tutte le altre son nessuno,
tutti gli altri.
Ora è nella notte del suo sonno,
nell'ira del suo giorno trapassato.
Sul balcone del suo altare
continua il suo sermone di vita,
il suo comizio d'amore.
E' là ora
anche la tempesta
della sua somma sapienza.
Tu, Alda.
Maestra allegrissima e tristissima,
tutte le tue poesie ora
sono belle figlie amorose
che ti cantano
ai quattro angoli del mondo
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
LE ANTICHE NONNE, LE ANTICHE ZIE
LE ANTICHE NONNE, LE ANTICHE ZIE
N'è passato di tempo tra le nostre mani,
n'è passata di vita.
Le nostre antiche nonne,
le nostre antiche zie,
che nella crocchia dei capelli
si appendevano i loro morti
e se li portavano appresso
per ogni occasione,
per ogni evenienza.
Mostre da fare con pudore
anche in pieno matrimonio,
delle giovani pazze con i giovani zoppi di portafoglio,
giovani così pallidi
cresciuti così presto tra gli stessi morti,
tra le stesse lunghe fatiche della campagna,
tra vigne e ulivi.
E i bambini,
frastornati, quasi estranei,
che pensavano già di rivivere,
a stare bene attenti a non ferirsi
tra tutti quegli spilloni
e tutti quei monili ormai spenti per i tanti dolori.
N'è passato di tempo tra le nostre mani,
n'è passata di vita.
Con tutti questi nostri parenti
a volerci bene,
a odiarci per niente,
in battaglie di umana pietà già perse in partenza.
Angeli e uomini e Dei,
tutti in lotta tra di loro,
demoni, coscienze e fratelli traditori.
Mentre le nostre antiche nonne,
le nostre antiche zie,
tutte vestite di nero,
già cantavano da tempo
le antiche nenie
che piangevano tutto il tempo che passava,
tutta la vita che se ne passava via
col vento,
tra le guerre senza senso
le sconfitte senza costrutto
le battaglie d'amore vinte
che duravano solo il giorno del triste sposalizio.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
(sposalizio di Vitina, cugina di mio padre Michele Angelillo,
io sono il bambino sulla destra, a 5 anni, appoggiato a mia nonna Porziella,
dietro di lei mio nonno Angelo,
zii e zie, sorelle e cognati di mia nonna)
LA NOTTE
LA NOTTE
La notte mette a bollire gli amori
nel pentolone gravido di tutti i misteri,
la notte butta in tutte le minestre della cucina
i passi, i sospiri e le parole,
la notte buontempona che uno ne salva
e mille ne rovina,
la notte di tutte quelle che non vengono mai,
la notte di chi sempre domanda
e mai si sa rispondere,
la notte di chi vola nel suo nulla
e poi si scorda di recuperare le scarpe
all'uscita del casello,
la notte di chi frusta il suo prossimo
e poi lo manda a pentirsi
nella foresta di tutte le ciarle incomprensibili,
la notte di chi si spaventa della sua stessa ombra
e poi salta come un gatto
a graffiarsi a sangue col suo stesso turpiloquio
e scoppia a ridere come un demente,
la notte che cerca il buio
e non trova altro
che un piatto di lenticchie buttato a terra,
la notte che confonde tutti i cuori sensibili
li ammatassa
e poi li fa risultare assenti
sul quaderno di tutte le ragazze,
la notte,
la notte che cerca la vita
dalle 8 di sera fino alle 6 di mattina
senza stancarsi né di un sospiro
né di un passo
né di una parola,
la notte che vagabonda nei suoi stessi tormenti
all'infinito, senza mai vederne la fine.
la notte che nasce già vecchia
e poi si spegne come una religione antica,
la notte che ci si butta senza pensare a niente
e ci si sporca
con l'anima cieca
e l'amore che non sente,
la notte con i soldi che non bastano mai
che più si spende e più ci si diverte
per finire poi per accarezzare una preghiera
di cui ci siamo del tutto dimenticati
il caldo inizio,
la notte,
la notte che mai comincia e mai finisce
così cara ai nichilisti, ai poeti e ai mai contenti
agli assassini
e agli incompetenti,
la notte, la notte, la notte,
la notte che sempre racconteremo
per i nostri tristi tribolamenti,
la notte che si mangia un asino in quattro,
la notte così piena di egoisti
che mai ti danno un passaggio
sulla circonvallazione per casa,
la notte che non avrebbe proprio nessun senso
se nel suo fondo più nero e spettacolare
non nascesse a sorpresa
sempre un nuovo giorno,
dove può accadere davvero di tutto,
anche che si metta a piovere
e noi ce ne andiamo a letto
pazzamente felici con la nostra bella innamorata
stretta stretta nelle braccia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
La notte mette a bollire gli amori
nel pentolone gravido di tutti i misteri,
la notte butta in tutte le minestre della cucina
i passi, i sospiri e le parole,
la notte buontempona che uno ne salva
e mille ne rovina,
la notte di tutte quelle che non vengono mai,
la notte di chi sempre domanda
e mai si sa rispondere,
la notte di chi vola nel suo nulla
e poi si scorda di recuperare le scarpe
all'uscita del casello,
la notte di chi frusta il suo prossimo
e poi lo manda a pentirsi
nella foresta di tutte le ciarle incomprensibili,
la notte di chi si spaventa della sua stessa ombra
e poi salta come un gatto
a graffiarsi a sangue col suo stesso turpiloquio
e scoppia a ridere come un demente,
la notte che cerca il buio
e non trova altro
che un piatto di lenticchie buttato a terra,
la notte che confonde tutti i cuori sensibili
li ammatassa
e poi li fa risultare assenti
sul quaderno di tutte le ragazze,
la notte,
la notte che cerca la vita
dalle 8 di sera fino alle 6 di mattina
senza stancarsi né di un sospiro
né di un passo
né di una parola,
la notte che vagabonda nei suoi stessi tormenti
all'infinito, senza mai vederne la fine.
la notte che nasce già vecchia
e poi si spegne come una religione antica,
la notte che ci si butta senza pensare a niente
e ci si sporca
con l'anima cieca
e l'amore che non sente,
la notte con i soldi che non bastano mai
che più si spende e più ci si diverte
per finire poi per accarezzare una preghiera
di cui ci siamo del tutto dimenticati
il caldo inizio,
la notte,
la notte che mai comincia e mai finisce
così cara ai nichilisti, ai poeti e ai mai contenti
agli assassini
e agli incompetenti,
la notte, la notte, la notte,
la notte che sempre racconteremo
per i nostri tristi tribolamenti,
la notte che si mangia un asino in quattro,
la notte così piena di egoisti
che mai ti danno un passaggio
sulla circonvallazione per casa,
la notte che non avrebbe proprio nessun senso
se nel suo fondo più nero e spettacolare
non nascesse a sorpresa
sempre un nuovo giorno,
dove può accadere davvero di tutto,
anche che si metta a piovere
e noi ce ne andiamo a letto
pazzamente felici con la nostra bella innamorata
stretta stretta nelle braccia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
mercoledì 4 maggio 2016
LA VITA E'...
LA VITA E'...
la vita è un nastro che sempre scorre,
non si ferma mai...
la vita è una ragazza che suona il basso
quando viene sera.
la vita è una bambina con l'accendino in mano
che vuole dare fuoco a tutta la botola,
la vita è una porta che si apre e che si chiude
col negozio tutto pieno di clienti,
la vita è un curioso che ti guarda strano
senza dirti mai niente,
la vita è un vento che ti stringe la testa di freddo
e che mai racconta delle montagne lontano
da dove viene,
la vita sono due ragazzi che si abbracciano vestiti di blu
prima di scendere di sotto non si sa dove,
la vita è un signore severo con la sciarpa arancione al collo
che ti guarda sempre severo
mettendoti lo stesso brutto voto
da chissà quanto tempo,
la vita è una busta gialla piena di niente
che si porta a casa
una signora che piange,
la vita è un vagone di tram pieno di ragazzi
che cantano in coro una canzone rap
dove si dice
che i ragazzi mangiano patatine senza aver soldi,
la vita è una matta che corre di fretta
con un grosso zaino sulle spalle
parlando con se stessa chissà di cosa.
la vita è un nastro che sempre scorre,
non si ferma mai...
neanche dormendo
neanche sognando
neanche non facendo niente,
neanche facendo tutte le cose del mondo.
facendo una cosa o l'altra
l'è semper l'istess.
la vita è un bambino che mangia il gelato
sotto il leone di Piazza del Duomo
col cappello di lana in testa perché piove,
ascolta la musica e ti saluta
perché è tuo figlio
e aspetta là per aiutarti
ad andare a casa tra un po'.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Milano, 1° Maggio 2016
lunedì 2 maggio 2016
RECENSIONE
al romanzo "RIVOLUZIONE"
di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
Una lunga cavalcata alla disperata rincorsa di un futuro migliore, di un mondo nuovo, di un' umana speranza. Una cavalcata che comincia nelle chiacchiere tra amici in un qualsiasi bar di paese per approdare inevitabilmente sulle piazze e tra le vie della metropoli rovente degli anni 70, partecipando a scontri, fughe, disfatte e capitolazioni.
Il romanzo si sviluppa proprio attorno allo sbandamento che segue le prime sconfitte, quando si comincia a intuire di essere stati mandati all'assalto e lì abbandonati, coi capi già scesi a patti e abilmente riciclati, ma con la pressante necessità di non rinunciare a un' Utopia che sembrava ormai così tangibile e concreta, perché "la grande follia della libertà se t'ha preso nelle sue grinfie non ti molla più ".
Il giovane protagonista ora la cerca, ora la rifugge nello scoraggiamento, sembra ritrovarla nella placida solidarietà di un oste di campagna e nella sua polenta ristoratrice, si impone di dimenticarla tra gli emarginati di tutte le periferie, la insegue invano accettando un lavoro in fonderia, tra operai abbrutiti da un lavoro massacrante e disumano, la vede baluginare tra le fronde del parco nelle povere gozzoviglie dei diseredati di ogni città, la percepisce attonito nel commovente racconto dell' Uomo di Pepe, "un accattone che forse era l'uomo più buono e generoso della ricca e opulenta Milano", nel bellissimo capitolo che conclude il romanzo.
E allora W la Rivoluzione, perché "il futuro ce n'ha sempre una nella sua bisaccia di dannazione umana", Speranza e Utopia possono ancora guidare il destino dell'Uomo, e resta pur sempre valido il consiglio di Apollo, per cui "se vuoi fare il poeta fa' il tuo lavoro e fallo bene. Quello sarà la tua Rivoluzione. "
E questo, dopo tanto cavalcare, tante battute d' arresto, dopo essersi persi e ritovati nelle nebbie massiccie della campagna padana e dell'animo umano, essersi divertiti con la solita allegra baraonda dei personaggi dambrosioangelilliani, aver sofferto con lui lo sfruttamento vigliacco e cinico, essersi immersi nel turbine della sua scrittura spericolata, aver ripreso fiato... ci sembra ancora un ottimo consiglio.
Pierina di Lavagna
su Google Books:
https://play.google.com/store/books/details/Giuseppe_D_Ambrosio_Angelillo_Rivoluzione?id=_6x6Ox1rhNUC
al romanzo "RIVOLUZIONE"
di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
Una lunga cavalcata alla disperata rincorsa di un futuro migliore, di un mondo nuovo, di un' umana speranza. Una cavalcata che comincia nelle chiacchiere tra amici in un qualsiasi bar di paese per approdare inevitabilmente sulle piazze e tra le vie della metropoli rovente degli anni 70, partecipando a scontri, fughe, disfatte e capitolazioni.
Il romanzo si sviluppa proprio attorno allo sbandamento che segue le prime sconfitte, quando si comincia a intuire di essere stati mandati all'assalto e lì abbandonati, coi capi già scesi a patti e abilmente riciclati, ma con la pressante necessità di non rinunciare a un' Utopia che sembrava ormai così tangibile e concreta, perché "la grande follia della libertà se t'ha preso nelle sue grinfie non ti molla più ".
Il giovane protagonista ora la cerca, ora la rifugge nello scoraggiamento, sembra ritrovarla nella placida solidarietà di un oste di campagna e nella sua polenta ristoratrice, si impone di dimenticarla tra gli emarginati di tutte le periferie, la insegue invano accettando un lavoro in fonderia, tra operai abbrutiti da un lavoro massacrante e disumano, la vede baluginare tra le fronde del parco nelle povere gozzoviglie dei diseredati di ogni città, la percepisce attonito nel commovente racconto dell' Uomo di Pepe, "un accattone che forse era l'uomo più buono e generoso della ricca e opulenta Milano", nel bellissimo capitolo che conclude il romanzo.
E allora W la Rivoluzione, perché "il futuro ce n'ha sempre una nella sua bisaccia di dannazione umana", Speranza e Utopia possono ancora guidare il destino dell'Uomo, e resta pur sempre valido il consiglio di Apollo, per cui "se vuoi fare il poeta fa' il tuo lavoro e fallo bene. Quello sarà la tua Rivoluzione. "
E questo, dopo tanto cavalcare, tante battute d' arresto, dopo essersi persi e ritovati nelle nebbie massiccie della campagna padana e dell'animo umano, essersi divertiti con la solita allegra baraonda dei personaggi dambrosioangelilliani, aver sofferto con lui lo sfruttamento vigliacco e cinico, essersi immersi nel turbine della sua scrittura spericolata, aver ripreso fiato... ci sembra ancora un ottimo consiglio.
Pierina di Lavagna
su Google Books:
https://play.google.com/store/books/details/Giuseppe_D_Ambrosio_Angelillo_Rivoluzione?id=_6x6Ox1rhNUC
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