Era un albergo nel centro di Milano. Con larghi piani, larghe camere, larghissimi cessi. Là ero andato con un paio di amici, Ferrovia Tedesca e Ale Birrazza. Avevamo fatto casino. Tipo allagare qualche camera di pin-up e poi urlare e ridere a squarciagola.
Nell'albergo c'erano pure tante vecchie attrici di Hollywood e tante vecchie signore danarose italoamericane.
Siamo scesi nell'atrio e poi siamo usciti.
All'ingresso c'era Roberto Benigni che parlava con una coppia di vecchi italoamericani. Sembravano tanto danarosi. Solo i vecchi, voglio dire.
- Ecco signora, diceva Roberto rivolgendosi stranamente solo alla vecchia, lei deve capire che avrei bisogno solo di un piccolo finanziamento e il mio prossimo film sarebbe già in dirittura di arrivo. Ce l'ho tutto nella testa, attori e attrici tutti reclutati, anche l'accalappiacani ho già reclutato, perchè poniamo il caso scappi un cagnolino a una diva, io sono già pronto per la malcapitata evenienza. Ecco avrei bisogno solo di un piccolo prestito. L'incasso sarebbe mondiale. Centinaia e centinaia di milioni di dollari in tutti i paesi della terra, compresa la California del Nord e la California del Sud. Per non dire miliardi. Ma che dico! Bilioni, non di biglie, sempre di dollari, cara signora mia.
- Quanto le occorrerebbe? - disse la signora.
- 75 milioni.
- 75 milioni di dollari?
- Macchè! 75 milioni delle vecchie lire scadute!
- Signor Benigni, lei scherza sempre.
- Beh, magari 175 milioni, ma sempre di vecchie lire avariate naturalmente non di dollari.
- Le vecchie lire non esistono più.
- Sì, ma gli artisti poveri sono ancora in giro.
- OH!
- Comunque i dollari sarebbero ben accetti, non più di 5 milioni.
La signora sbottò in un gridolino di sorpresa.
- No, no, signor Benigni, io non ho a disposizione una simile somma.
- Davvero?
- Davvero.
Allora Roberto, a questa notizia deleteria, salutò cortesemente, fece il baciamano e subito si scostò, lumò e abbordò con un gran sorriso un'altra signora italoamericana, anche questa dall'aria eccessivamente danarosa.
- Buon giorno, cara signora, posso presentarmi? Sono Roberto Benigni, il più grande cartonaro cinematografico italiano.
La nuova signora sorrise e si fece abbordare più che volentieri.
I miei amici si misero a osservare il nuovo numero di cabaret di Roberto.
Io invece seguii la prima coppia di vecchi italoamericani.
Avevo capito che Roberto non scherzava, davvero stava cercando i soldi per il suo prossimo film. E capivo benissimo se si era ridotto a abbordare vecchie signore americane per trovare finanziamenti. In Italia i grandi artisti son ridotti alla mendicità quasi, e se la passano male davvero, se vogliono continuare a lavorare, cioè a vivere.
E allora pensai: "Forse riesco io a convincere la vecchia signora".
Era intanto scoppiato un temporale improvviso e la coppia di vecchi italoamericani avevano preso un autobus, di quelli degli anni '60, con ancora gli sportelli enormi e le aperture a mano con le maniglie grosse e spesse più di un palmo.
Loro erano saliti e partiti.
E allora io mi son messo a inseguire il vecchio autobus di linea sotto la pioggia scrosciante. Con il serio rischio di essere investito. Poi a un semaforo rosso, sempre sotto la pioggia, mi avvicino allo sportello posteriore, lo apro deciso e entro. Salto su e sbatto lo sportello per chiuderlo di nuovo con un sol colpo. Vado a sedermi accanto alla signora, il suo consorte è seduto più avanti, chissà perchè.
- Signora. - le dico.
- Chi è lei?
- Sono un amico di Roberto Benigni.
- E allora?
- Roberto è uno dei più grandi registi italiani, avrebbe bisogno di un piccolo prestito.
- Oh.
- Roberto Benigni è un maestro, sa?
- Sì, lo so.
- Era amico intimo di Federico Fellini, è stato primo attore in un grande suo film.
- Quale? - chiese la signora.
"Beh, Joseph, forse ci siamo", pensai.
E così continuai.
- Un film molto famoso: "Fuga dalla vita", si chiamava. Un grande film che ha fatto epoca.
- Non me lo ricordo. - disse la signora.
- Sa, signora, l'Italia è come un paese di provincia, i grandi artisti davvero fanno fatica a lavorare, e a trovare finanziamenti.
- Ma come mai?
- Siamo un paesino di provincia, tutto sommato.
- Non si direbbe proprio.
- Signora, ma lo sa che in Italia non esiste la televisione?
- Ma che dice?
- Sì, siamo un minuscolo paese di provincia rispetto all'America, non abbiamo ancora la televisione.
- Ma davvero?
- Le assicuro, signora.
- E allora?
- Un piccolo finanziamento, signora, io so che lei potrebbe.
- Ma quanto voleva esattamente?
- 75 milioni di dollari, mi sembra di aver capito, magari 175.
- Ma io non sono assolutamente in grado di disporre di una simile somma.
- E tra i suoi amici miliardari californiani, magari ebrei?
- E loro sì che potrebbero.
- E allora, signora, mi faccia una promessa.
- Quale?
- Mi prometta che chiederà a un suo amico il finanziamento e che glielo spedirà a Roberto.
- Beh, questo lo posso fare.
- Lo farà? Davvero?
- Certo, mio caro giovanotto. Glielo prometto che lo farò e lo farò.
- Grazie, grazie, son sicuro che ci riuscirà.
- Sì, le voglio confessare una cosa: mai un giovanotto mi ha inseguito sotto la pioggia rincorrendo perfino un autobus nel traffico pazzo di una città italiana. Mi ha fatto come vivere in un film. Chiederò a qualche mio amico miliardario, forse ce la farò.
- Grazie, grazie. - feci allora io e le prendo la mano e gliela bacio.
Guardo la vecchia signora italoamericana e vedo che ha due grossi lucciconi agli occhi, sul punto di traboccare ma senza traboccare. Due grosse piccole lacrime.
Allora io apro lo sportello, e ancora a un semaforo rosso, scendo e sbatto il portellone per chiudere.
Il marito, seduto a una delle file davanti dell'autobus, non si era accorto di niente.
L'autista aveva visto tutto dallo specchietto retrovisore, ma aveva commentato il tutto solo con due smorfie di malsopportazione, una a salire una a scendere. D'altronde il bus era davvero antiquato, e lui non poteva farci niente se qualcuno al semaforo rosso saliva e scendeva aprendo e chiudendo lo sportello. Non poteva far altro che sopportare, o meglio malsopportare.
L'autobus ripartì springando e sbuffando a tutto andare. Io salutai l'ultima volta con la mano la vecchia signora e mi incamminai verso l'antica piazza del centro di Milano.
Così come aveva piovuto così d'improvviso aveva spiovuto, e anzi un bel sole caldo s'era già affacciato tra i nuvoloni nerissimi di quel temporale repentino.
giuseppe d'ambrosio angelillo, SUPERPAZZI, racconti metropolitani
www.dambrosioangelillo.it
www.libriacquaviva.org
cerca su GOOGLE LIBRI altre opere di d'ambrosio angelillo
PASSA PAROLA
Nessun commento:
Posta un commento