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lunedì 26 ottobre 2015

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo IL PANE QUOTIDIANO poesie ACQUAVIVA

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
IL PANE QUOTIDIANO
poesie
ACQUAVIVA
Vedi com'è grande il pensiero del pane,
è il fondamento giornaliero del bene.
una vela d'amore
ormeggiata lì,
proprio sulla tua tavola.
La premura di un Dio
che sempre pensa
a quell'oscuro mistero
che tu stesso sei,
là, sperduto nel mondo,
ma sempre amato dovunque tu vada.
Dovunque tu vada
porta sempre due pezzi di pane con te,
uno per te
l'altro per la tua compagna di viaggio,
è così bella quando s'accorge che tu la ami davvero.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Ogni pane
lava la nostra anima
con il pensiero di Dio.
Con la lettera incognita del Bene,
impreciso come l'amore,
ma forte e fedele
in ogni giorno,
in ogni notte.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

Rimani, pane, per tutta la notte sulla mia tavola
e trattieni oltre la porta di casa
l'ombra di tenebra del dolore senza confini
che tu ben sai.
Proteggi l'amore di questa tavola
e chiama pure il coro di tutti gli angeli
a difenderci,
con il sussurro leggero
della tua presenza quieta,
semplice e divina a un tempo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


nel forno della vita cuoce il pane
e sogna,
brucia ogni peccato
e poi sulla tavola
si offre a noi
con tutta la sua passione,
ricordandoci a volte l'estasi dell'amore
di nostra madre e di nostro padre.
quando presente con l'amore
c'erano i baci
che ci hanno insegnato a camminare,
le attenzioni e le premure
che ci hanno insegnato a parlare.
mentre le lingue dei morti ora
non ci danno proprio niente.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

acqua della vita che scendi nella terra
e fai sorgere il giorno miracoloso del pane quotidiano.
tu conosci il fondo del cuore umano,
la rosa del pensiero.
la gente comune va in tavola
e mangia il suo pane giornaliero,
ma non ricorda la nascita di Dio
e la pagnotta del miracolo
che nutre di vita tutto il cosmo
e tutte le anime.
tutti gli amori.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO




pane che vieni qui a ogni giorno sulla mia tavola,
che racconti il tesoro della terra
e fai luce al bicchiere del vino nero,
alla noce vicina del tempo,
alla gioia della tovaglia,
al candore della mela d'autunno.
tu che sei sempre sulla mia tavola così buono,
come il cuore di Gesù,
come le mani di Dio,
come la continuazione della Speranza.
come l'acqua del mattino.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


pane puro da mettere in mostra
sul davanzale della finestra,
in mostra davanti al sacro discorso del giorno.
nel pane ci sono le mille parole del libro
senza dubbi sul miracolo del donare,
col solo pensiero del bene che dissolve ogni male.
il pane di mia madre, il pane di mio padre
che m'ha riempito di vita l'anima, le ossa,
il sangue, le ore,
questo cielo di meraviglie 
che mi illumina gli occhi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


spezzati, pane, senza soffrire.
sulla tavola della pianura della nostra terra di fede,
il forno ha bruciato la cattiveria
e le inutili scorie,
nella romanza a pantomima
delle nostre finzioni.
qui è invece il filo del tuo nutrimento d'amore,
la stagione felice
del nostro essere uomini a questo mondo,
fratelli.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


e miracolosamente siamo qui
a fissare il nostro pezzo di pane,
il sudore ha lievitato la farina
e il chicco di grano della nostra contentezza,
si apre d'incanto
il ricordo antico
di un paesaggio umanamente fraterno.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

venerdì 23 ottobre 2015

PREGHIERA PER IL PANE QUOTIDIANO


PREGHIERA PER IL PANE QUOTIDIANO

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Signore,
quel pane cotto del sole di tutta la giornata,
non quello di ieri né quello di domani,
quello di oggi,
che lo condisco con un grano di sale di vera fratellanza,
che me lo accompagno con un goccio di vino
di santa allegria.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Signore,
fragrante di giusta fede
nel santo Bene che non fallisce mai,
e che non sia mai solo a mangiarlo
ma in compagnia nella larga terra,
e non in solitudine
come si stesse di fretta a partire chissà per dove.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Signore,
quello sudato con la nostra pesante fatica
non quello rubato ai bambini, alle donne,
agli altri uomini, nostri giusti fratelli.
Con santa misura, che basti a tutti,
e sempre a nessuno escluso,
e punisci l'idolo che predica il contrario,
che lo condisco con felicità
col santo cielo che mi porto nel cuore,
col filo d'olio del santo dolore della mia vita travagliata,
e che il tuo sorriso ci benedica sempre tutti,
come è nei cieli 
e nella nostra segreta speranza.
Così sia...
come è scritto nel cielo, nel mare
e nella santa città tua...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

mercoledì 21 ottobre 2015

UNA BELLA GIORNATA, DOPOTUTTO


UNA BELLA GIORNATA, DOPOTUTTO

si diventa infine egoisti non per fare gli egoisti
ma per legittima difesa.
rimani lì sulla scogliera scorticato come un arancio dimenticato,
ti guardano, pensano che succo possono tirar fuori da te
e lo tirano, poi la buccia, quel che è rimasto di te
lo tralasciano per sempre,
non la fanno finita con te,
puoi sempre ritornar in forze
e venir buono per qualche altro uso più tardi.
l'importante è che abbiano fatto un buon utile per adesso.
l'incontro grosso l'hai perso,
comunque nessun giornale non ne ha manco parlato.
sei triste e abbattuto
e quasi quasi ti viene da piangere,
ma ne hai viste tante, sei ancora una scorza abbastanza dura.
il terno a lotto l'hai perso per distrazione,
come tutte le ricchezze della tua vita,
il fazzoletto è a lavare
altrimenti lo useresti volentieri per soffiarti il naso
e far finta almeno di avere il raffreddore.
il cielo è di un celeste sciapito
ma tutto sommato è una buona giornata.
ti fa male da qualche parte
ma poi per fortuna ti passa.
sono solo le solite rogne,
le solite rogne.
il cielo è azzurrino
e la casa è avvolta nel silenzio,
almeno te ne stai un po' in pace.
rumori sudamericani per strada e pezzi di catrame inutili.
chi siamo noi stessi non l'abbiamo mai saputo,
né qualcuno ci ha mai delucidati in merito.
ma tant'è, il sogno è sempre bello,
come la vita
la giornata
e qualcos'altro che ora non mi viene in mente.
la nostra anima prosegue nel suo vacuo cammino
e ride, continua sempre a ridere
perché in effetti c'è sempre da ridere,
se la mente è bacata
e la tasca del pantalone è sfondata.
i bravi ragazzi sono sempre bravi ragazzi,
qualsiasi cosa possa mai succedere.
e te, bello, che hai fatto carriera in politica
e ne hai fregati davvero tanti,
e te, gran professore, che continui imperterrito a bocciare tutti
anche se in te stesso non vali proprio nulla,
e te, grande proprietario, che affitti dieci palazzi in tre città diverse,
e che cambi donne bellissime ogni tre mesi,
io faccio falò in alta quota
con un pezzo di pane
e un bicchieruccio di vino,
ma di tutto questo 
ditemi chi ha colpa?

nessuno ha colpa,
è la vita che è fatta così.
non c'è giustizia
non c'è ingiustizia.
è la vita che è giusta
e ingiusta.
ognuno è ciò che è.
chi vince chi perde.
chi vince non vince sempre
chi perde perde sempre.
perdono alla fine tutti.
non c'è colpevole.

io posso sempre continuare scrivere lettere al nulla,
son fatti miei
e ho pure la mia occupazione,
un lavoro come un altro, il postino o lo spazzino.
i costruttori di palazzi vuoti continueranno ancora a costruire,
la formica ricomincia sempre da capo col suo chicco di grano,
io con le mie idee, originali o no che siano,
i romanzi mi vengono da soli,
e se ce la faccio li metto su,
in alta quota,
apro la porta al sogno
e spero, anche se molte volte anche la speranza è una menzogna.
il cielo è di un azzurrino indefinito,
è proprio una bella giornata,
e io sarei proprio un bel fesso
se pensassi anche un minimo a lamentarmene.
preferisco ridere un po'
e andarmene ancora avanti 
con la mia cappotta di marinaio infarinata di storie strane,
e con i bottoni verderame ormai
per tutto l'umido e il freddo che mi becco quassù.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

lunedì 19 ottobre 2015


CANZONE YIDDISH

una forbice,
una canzone yiddish,
la tristezza del mondo,
l'allegria della vita,
la storia che sempre vado ad aprire,
la storia che sempre ascolto cantare,
la finestra che vado a guardare,
lo sguardo che sempre vado ad ascoltare,
il gatto che sempre mi saluta sotto nella strada,
la strada che sempre vado ad attraversare,
il frutto che sempre vado a morsicare,
vienna, new york, san francisco, los angeles.
la lettera che sempre mando a tutti quanti,
il nulla che sempre mai mi viene a rispondere,
la storia che sempre vado ad aprire,
la porta che sempre rimane aperta,
la foresta nera che sempre mi porto in testa,
il nulla che sempre mai mi fa salire a parlare,
milano, londra, new york, san francisco, los angeles,
il mare della vita che sempre mi fa galleggiare,
san francisco, un'ora a sorridere,
un'ora ...
GDA

NEL LABIRINTO DEL TELEFONO poesia di Alda Merini


NEL LABIRINTO DEL TELEFONO

Nel labirinto del telefono
si nascondono tutti i miei amori
che parlano
parlano
parlano
e non si fanno mai vedere
nemmeno in fotografia.
Ma il mio amico fedele
è un uccellino affamato
che mi entra sempre in casa
a mangiarsi una briciola dalla mia mano.
Mi vuole bene
e cinguetta piangendo
per dirmelo,
come da tanto
io faccio con te.
ALDA MERINI

da "IL RE DELLE VACANZE", Acquaviva

https://books.google.it/books?id=vrPvdxpF9oAC&dq=il+re+delle+vacanze&hl=it&source=gbs_navlinks_s 

martedì 13 ottobre 2015

BETTY PAGE romanzo Acquaviva

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo - long 1

"Ho peccato anche di felicità e agli altri ha dato fastidio"

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo - "Diario di un filosofo pazzo"

Vasco Rossi - Vivere una favola

LA QUESTIONE DEL LINGUAGGIO ORIGINALE

GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO romanziere

"Vi iz dus geseleh?" - yiddish song- The Barry Sisters

KAFKA racconti onirici ACQUAVIVA

lunedì 12 ottobre 2015

FLESSIBILITA' TELEVISIVA


FLESSIBILITA' TELEVISIVA

stattene pure completamente tranquillo, amico,
la serata scorre serena
con il brodo di tacchino che bolle in pentola in cucina,
alla fine la questione si risolve tutta
con quel qualcosa di indefinibile 
da mettere sotto i denti,
l'anima dopotutto è un respiro semplice
di così poche pretese,
è la micidiale macchina del corpo
che non la smette mai con il carico merci
della sua bottega delle ferramenta,
alcool, manzo, tortellini, cioccolate,
caviale, vino rosso francese, cosce di pollo,
per il resto una buona sigaretta
può benissimo sostituire l'arte,
un film erotico fa le veci alla grande
di qualsiasi rara poesia,
la spazzatura poi è ben pagata
e si può pure buttare a carta macero tutto il resto.

che c'è più da fare, amico?
si vive un giorno alla volta,
la vita va gustata un punto alla volta,
chi hai mai sentito che si condiscono gli spaghetti
col filo d'olio del nulla delle illusioni?

io per conto mio guardo,
e mi viene da ridere un po',
perché davvero penso che si vive meglio
con l'arte e la poesia
che senza, 
ma d'altronde mi gira la testa
perché mangio sempre poco
e quindi sono notoriamente un pazzo
e non faccio conto in nessuna statistica,
né in nessun rendiconto di spesa
di quei fantasmagorici circhi buffoneschi
delle commedie musicali 
di qualsiasi canale.
GDA

CAFFE' FREDDO E AMARO IN PIAZZA DUOMO PER QUALSIASI POETA


CAFFE' FREDDO E AMARO IN PIAZZA DUOMO
PER QUALSIASI POETA

ho ascoltato una raffica di notizie al telegiornale,
il mondo è in mano a gente molto arrabbiata,
in seconda linea sono sempre pronti gli imbecilli,
in terza linea molto diversamente avanzano tranquilli
gli addetti ai segnali di fumo 
sulle cime delle loro colline nel deserto,
in quarta fila non parla nessuno,
in quinta fila ascoltano soltanto
in sesta linea non parlano, non ascoltano
e non pensano neanche.
in settima fila infine 
si fa vedere qualcuno che fa il filosofo,
ma solo per raccogliere legna
e farsi un po' di caldo col suo caminetto.
i sacerdoti rimangono sempre un po' increduli,
ma non si sa se per la stoltezza generale
o per l'amore di qualcuno molto in alto
ma pure molto in incognito.
io intanto faccio finta di essere ubriaco di poesia
e mi do le arie di un finto tonto
che capisce molto poco di tutto quello
che lo circonda.
anche i colombi hanno i loro bravi sospetti
ma non per questo ambiscono a presentarsi
ai banchetti degli usurai.
io infatti mi risolvo un logaritmo di romanzo
e mi studio la mia intima filosofia
un po' rosicchiata dai topi,
per dire la verità,
e mangiucchiata a uffa da tutta quella massa di opportunisti e farisei,
ma non si può avere tutto, naturalmente,
e così mi accontento di bermi il mio caffè
freddo di foresta nera
e con un fondo amarissimo di fede sbandata.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

DUE VASI PIENI DI FIORI SECCHI SUL BALCONE DELLA SCALA


DUE VASI PIENI DI FIORI SECCHI 
SUL BALCONE DELLA SCALA

ci sentiamo sempre così superiori agli altri
che poi diventiamo così idioti
che ci crediamo davvero.
ci vediamo nell'antico Egitto
che siamo i migliori ribelli del faraone
e manco ci viene in mente di striscio
che il faraone son millenni ormai ch'è bello e spacciato
e se ne sta nella sua tomba regale 
che se ne fotte altamente di noi, 
dei nostri superiori pensieri,
delle nostre aspirazioni così potenti
che non hanno altro da fare
che mettersi a guardare la televisione,
dove l'angoscia degli altri ci bastona sulla cervice
e così oltre alla nostra
dobbiamo pure sciropparci 
l'angoscia di mezza nazione.
ma forse siamo ancora in tempo a salvarci
pensando a quando eravamo ancora più idioti
e ci mettevamo a fare la guerra ai dinosauri,
così tanto per il gusto di essere superiori
di esseri centinaia di volte più grossi di noi,
ma quelli per fortuna erano estinti
e non scomodavano nemmeno un pizzico
della loro polvere ammassata 
come noi
in stupidi musei.
ora ci siamo un po' evoluti,
tiriamo calci ai nostri saponi scadenti nel cesso,
schiacciamo un pisolino fuori orario,
stracciamo il giornale quotidiano senza averlo letto,
ma lo stesso continuiamo a sentirci superiori
perché abbiamo pitturato la nostra Londra ideale
di giallo e questo siamo abbastanza sicuri
che mai nessuno l'ha fatto.
anche nell'antica Grecia siamo andati una volta
a combattere tiranni di cartapesta
che bastava tirare lo sciacquone
e tutta la merda sciabordava via.
ma la storia ormai non ci interessa quasi più,
ci preme molto di più cosa mangiare a cena
o cosa bere a notte fonda
per non cascare nell'angolo nero di muffa
della nostra più sciancata disperazione.
l'utopia è anche qui, lo so,
ma io lo stesso non so più che cosa fare.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

domenica 11 ottobre 2015

Bob Dylan - Love Sick (Live Music Video)

Bob Dylan - Series Of Dreams

UN CORVO, UN GATTO E UN POETA SBALESTRATO


UN CORVO, UN GATTO E UN POETA SBALESTRATO

tutto sommato non è che ne sappia granché,
solo che qualcosa semplicemente la intuisco,
mi gratto la testa del corvo
e mi sgroviglio la parrucca di gatto,
il mare continua a essere bello
e con lui pure la libertà.
tutto quello che colpisce la mia fantasia
sono tutte quelle mani tese a chiedere qualcosa,
eppure i miei occhi sono bene aperti,
di dei non ne vedo,
le mie orecchie son puntate ad ascoltare,
di voci ultraterrene non ne sento proprio.
che sarà?
cazzo, urlano da qualche parte pure.
tutto quello che riesco a capire
è che questo mondo continua a pullulare di sogni
di desideri
di utopie.
le belve latrano,
i matti scoppiano a ridere, 
la pendola di sotto casa mia continua a battere le ore
ma non succede mica granché.
tutto quello che riesco a capire
è che mi fa male un casino il comprendonio,
pianto romanzi ma fioriscono solo ulivi futuristi,
sforno poesie ma non è purtroppo pane,
il corvo vuole che continuo a grattargli il cocuzzetto,
il gatto se ne sta al sole e non pensa a niente,
almeno così sembra. 
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LEGGENDO LA MIA REPUBBLICA QUOTIDIANA



LEGGENDO LA MIA REPUBBLICA QUOTIDIANA

leggo articoli su articoli di giornale,
vado alla ricerca di K. 
del senso nascosto del poker
di walt whitman 
dei parega e paralipomena
di 148 euro per pagare la bolletta del telefono,
delle mie carte disperse con l'ultimo nubifragio
del codice postale di new york
della mia bocciatura come commesso a una libreria
del centro
del mio sonno di ieri notte
della mia tipografia fallita
dei mostri in città ormai senza più pietà
(per almeno vedere di che colore hanno le scarpe).
il giornale è finito
ma io continuo a leggere,
ma che minchia leggo?
non lo so, forse ora m'invento tutto io.
le agenzie puntano unicamente sui cavalli vincenti,
i perdenti sono già al macello per diventare bistecche,
wagner ha scritto un'altra caduta degli dei
ma non se lo fila più nessuno,
l'ultimo libro più venduto
è stato estratto a sorte alla ruota della fortuna
e la gente lo legge non per imparare qualcosa
ma unicamente per sgraffignare qualche briciola
di fortuna anca lò,
mi ha telefonato franz kafka
ma non ho risposto perché ormai ho paura anch'io
di diventare uno scarafaggio,
rilke mi ha dato una dritta
ma me la son scordata
perché quest'anno non sono andato in vacanza,
ho ritagliato le belle tipe dal giornale
perché sono 7 anni che voglio fondare una rivista
ma non la faccio
perché corro il serio rischio di scriverla
e di leggermela solo io,
socrate mi ha dato l'ennesima lezione di filosofia
quella dove dice di sapere di non sapere
ma io m'ingolfo sempre ad ascoltarla
perché son di quelli che sa di sapere una cosa sola:
sempre quella sbagliata,
all'università non riesco più ad andarci
perché purtroppo la laurea me la son già presa,
bevo un campari triplo per ingranare nel prossimo
romanzo
solo che l'ultimo che ho scritto non l'ho ancora stampato,
vado in banca a chiedere un prestito
per comprarmi almeno un pacchetto di sigarette
per i cerini posso sempre chiedere di accendere
ai passanti della mia strada sconclusionata
di periferia,
non mi lamenterò più perché tanto non serve a niente,
se la posta l'hanno venduta ai cinesi
i francobolli sono ancora italiani?
non lo so, 
sono pure depresso,
triste,
nessuno più scrive al colonnello,
ma io sono solo un fruttivendolo
che mi preoccupo a fare allora?

cazzo, 
ma quando finisce questo giornale della malora?
io volevo solo leggere una piccola poesia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

NON CE NE SONO PIU' MAESTRI IN GIRO


NON CE NE SONO PIU' MAESTRI IN GIRO

non ce ne sono più maestri in giro,
ti devi scrivere da te la tua bibbia personale
e devi inventarti pure la fede necessaria
a credere a tutta quella baracca di follia
che tu stesso hai messo su.
la teoria dell'universo è difficile
che venga fuori nei nostri tempi,
o un pitagora o un platone o un ulisse,
son più facili i ridolini, gli charlot, gli stanlio e ollio,
io per conto mio quasi quasi non digerisco più
nemmeno un nuovo libro di poesia,
eppure son del mestiere pure io
e l'orecchio non mi manca
e nemmeno lo spirito.
ma è più forte di me,
la maggior parte dei soloni e dei seneca
che se ne vanno in giro nei miei tempi
mi lasciano alquanto di stucco
e quasi del tutto stecchito.
così me ne vado per strada
con le mani affondate nelle mie tasche vuote
e penso come un tanghero alle fave bianche cotte
che mi mangerò a sera,
a quel bicchiere di vino rosso scadente del lidl
che mi berrò alla facciaccia loro
e amen.
i ragni a casa mia se la passano più allegra di me,
non hanno la bolletta del gas da pagare loro,
gliela pago io
e loro son tranquilli,
non pagano manco la spazzatura
eppure se le pappano le mosche
e pure qualche scarafaggino a uffa,
ma almeno non hanno da sopportare 
i vari ministri dei panzerotti fritti loro,
come me che arranco nel traffico
e mi muovo come un grosso pezzo d'ottone avanzato.
chissà che faccia ho
a camminare sperduto per le strade sfatte
della mia città,
c'è un niente che mi attacca
e io come al solito mi difendo con i miei soliti sogni
di un mondo migliore.
minchia, mi tocco le palle,
tutto sommato mi accontento alla grande 
anche di questo.
con tutti i miei ragni,
con la mia metropoli randellata
e tutti quegli idioti della polenta fritta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

sabato 10 ottobre 2015

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo GLI ULIVI DI ACQUAVIVA


       ATHENA E L'ULIVO

     Nei tempi antichi, ma molto molto antichi, i Greci fondarono una città in Attica, ma non sapevano ancora che nome darle, né sotto quale divinità mettersi devoti per la sua protezione e la sua prosperità. Si presentarono per l'onore della nominazione della città, che dicevano gli indovini sarebbe diventata molto famosa nei millenni a venire per tutta la terra, sia Athena che Poseidone, e vennero tra di loro alle strette perché nessuno dei due voleva desistere, e stavano per passare a vie di fatto quando si presentò Zeus per proteggere la sua figliola dal  feroce fratello, e disse:
   "Ma perché perdete tempo a litigare? Fate decidere agli abitanti della futura città. Date loro un dono e  colui, il dono del quale  sceglieranno, darà il nome alla città."
   E così fecero. E Poseidone donò un ciclopico cavallo rosso, fatto di acqua di mare in un'alba gloriosa, e invece Athena fece nascere un ulivo dalla terra col suo tocco divino. Gli abitanti della città scelsero l'ulivo, in quanto lo ritennero più utile e fecondo, piuttosto che l'enorme cavallo rosso di cui riconoscevano la bellezza e la grandiosità ma pure la perfetta inutilità per la vita di tutti i giorni. La città, ragazzi, fu così chiamata Atene, in onore della dea che regalò loro l'ulivo, e l'ulivo diventò sacro per i Greci, ed è con la civetta, animale anch'esso sacro ad Athena, il simbolo non solo di Atene ma di tutta quanta la Grecia, ancora oggi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

venerdì 9 ottobre 2015

LEGGI UN LIBRO


LEGGI UN LIBRO

leggi un libro vedrai la casa
leggi un libro fermerai le macchine
leggi un libro leggerai cose importanti
leggi un libro volerai con una frase
leggi un libro rimarrai a bocca spalancata

leggi un libro correrai a perdifiato
leggi un libro ragionerai pacatamente
leggi un libro non avrai più bisogno di denaro
leggi un libro ti ricorderai di voler bene a qualcuno
leggi un libro ti farai un amico

leggi un libro
leggi un
leggi
leg
l
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

I LIBRI FANNO LA CASA


I LIBRI FANNO LA CASA

In casa s'è aperto un mondo
e l'officina del pensiero s'è messa a fabbricare,
fuori piove
e il contadino davanti al fuoco
ha aperto un libro.
E' tornato il sole a splendere come d'improvviso
e fuori facendo l'occhiolino
s'è messa una cornacchia a spiare,
si vive come sempre,
un po' da idioti,
ma il libro come per un miracolo
moltiplica la giornata per mille soli futuri,
per diecimila lune passate.
La lenta officina della nostra fantasia
moltiplica la giornata
con i suoi milioni di pensieri improvvisi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

mercoledì 7 ottobre 2015


la terra vista dallo spazio siderale lontanissimo
è un bel sole azzurro,
quasi un puntino fatto anche lui d'eternità,
tra tutti questi baci d'amore,
tra tutti questi abbracci
questi mazzi di fiori turchesi che porti sul petto tu.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

L'ALBERO DEI LIBRI

L'ALBERO DEI LIBRI
                                                                                                             a Maria

Un albero grigio con tante anime azzurre appese a festa
Una ragazza inglese solissima con tante idee di uomini in testa
E dei contadini che raccolgono olive in un paese del sud
Un ariete teologo che si fa beffe del sagrestano senza campane
Un gufo amante del caffè brasiliano che s'è scordato gli occhiali
Un pesce regina che fa la sfinge d'alto mare
Uno scoiattolo saltatore che s'è scordato la cartella a casa
Un passerotto maresciallo che passa in rivista le pipe del nonno
Un bambino marchese che guida un tram in periferia
Un caprone buzzurro che lecca il sale di tutti i libri di Seneca
Un colibrì ubriaco che beve bottiglioni di rugiada del Nepal
Una cornacchia superba che ripete a memoria il suo domani
Un barbiere di Milano chiacchierone 
    che raccoglie sbaffi di coscienze
Un professore di filosofia distratto che ha perso la sua scuola   dalla tasca 
Una papera della Sicilia che compra arance da fare al forno
Un guardiano di fari che ha una paura matta di dormire al buio
Un marinaio di New York che guida i cani nell'Oceano
Un cavallo pazzo che parte all'attacco dell'ultimo banco
Un pagliaccio di circo che dirige l'orchestra della Scala
Un prete del Duomo di Milano che canta l'Alleluia nella metrò
    della linea verde nell'ora di punta
Un medico della mutua che prova la medicina su se stesso
Un granchio buffone che compra al supermercato una scatola   di tonno
Un monaco pazzo che gratta la pancia a un gatto certosino
BAMBINI BAMBINI! TUTTI CHE SE NE STANNO
SULL'ALBERO GRIGIO A LEGGERE LIBRI
CON LE LORO ANIME TUTTE AZZURRE!

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo