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domenica 27 ottobre 2013

RIFLESSIONI DAVANTI A UNA VETRINA DI UN RISTORANTE DI LUSSO IN UNA CITTA' DI POVERI


Il malvagio non riceve la sua punizione. Viene punito solo in quanto vengono puniti tutti, i malvagi come i buoni. La Natura è indifferente alla sorte di chiunque. La coscienza morale risolve solo i problemi della coscienza morale, non ha invece nessun potere sul mondo ingovernabile e caotico che gli vortica impazzito di vita e di nulla intorno a lei.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

martedì 22 ottobre 2013

HANNAH ARENDT



La stradina del male
portò a distruggere 
il vocabolario yiddish del paesino orientale,
dove ancora le fate filavano 
la bizzarra fantasmagoria del nemico umano.
Le colline crollarono
e le capanne bruciarono,
sotto gli zoccoli di diavoli a cavallo
così banali che non sapevano nemmeno
quanto lungo è il costato di Cristo,
e quanto sfuggente è il profilo
del rabbino ebreo.
Dai terrapieni bombardavano la neve,
a perdita d'occhio.
Il contadino diventò fango e si nascose.
E da sotto quella lota
cominciò a combattere,
sbaragliandoli tutti alla fine
di quell'inferno cresciuto così a dismisura.
Il bene è sempre più forte del male,
per la semplice ragione che esiste qualcosa
e non il nulla.
Il vocabolario yiddish è ora salvo a New York.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

SONNENBERG



Non so manco io come ci arrivai un giorno.
Forse inseguendo la chioma bionda
di qualche studentessa di filosofia tedesca.
C'era un castello alla stanga 
di un gran carro di stelle,
e colline e colline di boschi neri
dove neanche i cavalli volevano avventurarsi
per paura di azzopparsi per nulla.
Io invece ci andai,
da solo, una volta,
con il sasso nero della mia anima in tasca.
Erano davvero boschi pieni di tenebre
e neanche il sole del paese 
ci voleva capire niente di più.
Il mondo è un bel mistero a volte,
e anche la Germania certo
non si fa capire da chiunque.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA VOLPE ALLA FONTE



   Una volta una volpe si presentò a una fonte e proprio in quel momento un coniglio là pure si apprestava a bere.
   "Tocca a me bere per prima, fammi luogo", disse la volpe al coniglio.
   E il coniglio benchè fosse arrivato poco prima, a guardare i denti aguzzi della volpe e le sue fauci fameliche, disse:
   "Poco male, vado a un'altra fonte per la mia sete".
   E presto scappò via velocissimo a un'altra fonte là vicino.
   Ma la volpe, velocissima anche lei, gli fu dappresso e si presentò anche lei subito dopo il coniglio anche quella volta.
   "Tocca a me bere per prima, fammi luogo", disse un'altra volta al coniglio.
   Il coniglio guardò ancora i denti aguzzi della volpe e le sue fauci fameliche.
   "Ora che ci penso m'è passata del tutto la sete. Accomodati pure", disse allora il coniglio.
   E sparì d'un lampo nel bosco fitto e nero, tenendosi la sua sete ma senza farsi più trovare. Accontentandosi qua e là tra gli arbusti di qualche goccia di rugiada.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

BAUDELAIRE



Il cantiere infinito della metropoli
(sfasciano, aggiustano, 
di nuovo sfasciano, di nuovo aggiustano)
dove l'uomo come un cretino
cerca di affrancarsi dalla campagna,
dal buon senso della natura.
Sotterra tutto l'uomo economico,
anche il filo d'erba
e l'oscura cornice della poesia.
Il monaco pazzo della filosofia
viene respinto a calci di punta di scarpa
verso le trincee 
di chi vuole essere contento
a tutti i costi.
L'amore è quello che è
e la sua porta si spranga quasi da sola.
L'uomo cade nell'imbuto del sistema
per forza di cose
e viene preparato a pressione costante.
In tutta la vita comunque
il poeta può guadagnare solo 300 franchi
ed essere un genio dell'umanità
allo stesso modo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

CLICHY

joan

LA GUERRA E' FINITA

FILM FUN

HALLOWEEN

LA LETTRICE DI ROMANZI


"la libertà dell'uomo
è sempre nel suo sogno più vero".
gda

INVERNO

VECCHIA TRATTORIA MILANESE

BURLESQUE

RAGAZZA SU TAPPETO ROSSO

AUTUNNO

I DON'T MIND

MARILYN

lunedì 21 ottobre 2013

LA RAGAZZA CHE TAGLIA UNA MELA



Una mela è piena di parole,
è fonda
e piena di sogni di campagna
da vivere distendendosi
sulla fresca tovaglia della propria gioventù.
Senza nessun cappotto di luoghi comuni
a rovinare i sensi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

I BEVITORI (Van Gogh)



Mangiano pure le bottiglie
con tutto quello che c'è dentro,
banconi di salciccie,
nastri di musica
e feste da 4 soldi senza frac.
Rose, balconi,
e muri colorati.
I bevitori sono i turisti della polvere del mondo,
brindano sempre alla cascata dei giorni perduti
con occhi di donne strane
a guardarli dal fondo delle bottiglie.
Con tutti quei capelli a fluttuare ancora nel vino,
che dopo tutto mangerà anche questo giorno,
compreso loro stessi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

DOV'E' LA LIBERTA'?



E' nell'arcobaleno
che ride a tutte le città.
E' nel cielo che dondola
come un lenzuolo
su tutte le sedie.
E' in tutti i cavalli
quando galoppano
senza nessuno addosso
e pure nel vento
che soffia anche freddo
ma mai falso.
E' nel bene 
che cattura tutti i cuori
soprattutto se son sinceri
e non si cura
se sei povero
o, peggio, una prostituta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA DONNA LAMPADA



Di sera mi accendo
e attraverso la strada dell'innamorato poeta.
Per essere una prigioniera
ho una bella camicia,
faccio luce
e tutti mi mettono le zampe addosso.
Fossi ragazza 
stapperei tutte le bottiglie della riserva,
e festeggerei il compleanno del Mar Nero
che ogni uomo si porta dentro,
ma ho perso la piazza della marchetta
e son qui che faccio luce
a ogni gladiatore in borghese
fermo fisso
sullo stesso mosaico della sua idea di sesso.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

MILANO, NAVIGLIO DELL'UBRIACONE (Naviglio di via Sforza)



Un Naviglio di vino
l'ha sognato a mezzanotte un ubriacone
e s'è gettato a bere
pensando di giocarsi un numero a lotto,
ma lì c'erano solo i diavoli
a scommettersi tutto il Duomo
sulle macchine fotografiche
degli stranieri senza castelli.
Ma le Torri di Milano sono antichissime,
solo che non ci sono più,
e pure la guglia della Madonnina
s'è incrinata
a guardare tutto questo cinema di sotto.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

NON POTENDO ASPETTARE



Non potendo aspettare
scrivo una lettera
sul foglio di sale delle mie lacrime.
La nave della poesia parte sempre piena
ma arriva sempre vuota.
E poi Atene non ci ha nemmeno il porto.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LUDWIG WITTGENSTEIN



Se guardi bene qualsiasi numero
ha il suo punto debole,
qualsiasi logica.
La partita si gioca a carte false
e chi finge con più verità vince.
Tutto questo si capisce di mattina
quando il gioco è già cominciato
e tu stavi in un altro posto
e non ne sapevi niente.
Ma anche saperne qualcosa non serve
perché il rovescio fa il verso al dritto.
Punto. Linea. Superficie.
Foglio. Quaderno. Libro.
Il campo è comunque sempre pieno
di avversari da battere.
E tu bruci già in quel futuro di mina
che ti hanno sistemato in tasca.
Sei vinto comunque.
Ti conviene davvero buttare le logiche
e metterti a innaffiare la terra.
Il giardiniere se ne sta sempre in mezzo ai fiori.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

domenica 20 ottobre 2013

LA LOTTA PER LA VITA A MILANO



E più da Schopenhauer che da Sartre
la lotta per la vita che si conduce a Milano.
I leoni non sono femmine,
le femmine non sono piccini.
I giornalisti non se ne stanno a dormire,
solo che hanno poche intenzioni.
La società vuole crescere a tutti i costi
e per questo paga gli squali
che però a loro volta la crescita
se la divorano per sè,
e se qualcuno viene voracemente inghiottito
la colpa è della bestia mica di Torino.
E poi qui siamo a Milano
dove mille tribù vanno in tram
e non pagano il biglietto,
compresa quella di via Palmieri
dove abito io,
tanto si dà l'indirizzo sbagliato
e nessuno ti trova.
Come i padroni.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA FRETTA DI MILANO



Città di carne da comprare in tutti i negozi.
Una fretta che non conosce eroi
nè logiche di tartarughe.
Una città che mangia carne a tutte le ore.
Scottata o no che sia nella padella delle piazze.
Messa sulla piastra, bruciata e servita.
La lattughina è per i pirla
che non si scordano 
di essere sempre delle tartarughe.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

CHAGALL



I sogni della terra hanno fondamenta possenti.
Sopra poi ci costruiscono un pò tutto.
E davvero il caldo dell'anima non si disperde mai.
La sorgente della vita getta intorno 
i suoi sacchi pieni di grano.
E così in qualsiasi vita 
c'è sempre un infinito da vivere.
Il cammino, se ci si pensa bene,
è un volo anche lui a raso terra.
L'amore degli artisti mostra sempre 
la santità ultima dell'esistere.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

I PERDUTI



Crescere è diventato davvero pesante.
Meglio mettersi una maschera
e rubare di nascosto le mele mature.
Il liceo,
il greco,
l'interrogazione in matematica.
Non esistono più le scuole dove non si studia.
Qui vogliono che diventi un robot proprio in fretta.
Ma a che serve studiare poi
se si dimentica sempre un pò tutto?
E allora non è lo studio
ma proprio la memoria che non vale più niente.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

BUKOWSKI IN GERMANIA



Stamattina faceva freddo,
ora fa caldo.
A sera verrà di nuovo il brutto tempo.
Là nella stanza piena di bottiglie
e di cattivi pensieri
se ne sta Bukowski in Germania.
Un'altra patria da amare dopo aver preso il caffè
e bevuto un altro drink.
Una terra da non rimproverare troppo
per il poco sole
e la luna che mai mantiene una promessa.
Eppure la tristezza viene per tutti questi eroi
che vogliono rimanere per sempre soli.
Qui si deve proprio essere ubriachi per ridere.
Non è come la Francia
dove basta guardare le gambe di una bella ragazza
per farsi passare tutti i brutti tempi
e i cattivi pensieri
che ti danno addosso da tutte le direzioni.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

domenica 6 ottobre 2013

LA STRANA STORIA DI UN MARITO TRADITORE

    Di notte è tutto buio, non si vede quasi niente, il ladro è sicuro di non essere scoperto, ma intanto si mette una maschera sul viso per essere più sicuro, ma, si dice, il diavolo ha fatto il buio ma non il buio assoluto.
    Un uomo frequentava le prostitute, ma di notte per non farsi scoprire, ma il suo batticuore era ben visibile a tutte le donne di strada anche perché per vederlo non c'era mica così bisogno che i lampioni fossero a tutta forza.
     "Ma perché tremi a venire da noi? I soldi li hai. Non c'è sbirri da questi parti. Tua moglie non c'è di sicuro, e allora perché sei così incerto?", gli chiese una volta una prostituta.
     "Non è di mia moglie che ho paura che mi scopra ma di mia suocera, più astuta di cinquanta demonii, donna ricchissima e severa, se mi scopre che vengo da voi, mi caccia di casa e io sono un uomo rovinato. Di mio infatti ho solo l'anima e questa lussuria irrefrenabile che non so far zittire ma che tutto invece mi stravolge. Infatti a esser sinceri di mio non sono nemmeno le scarpe che porto ai piedi né il fazzoletto del naso che mi porto in tasca", disse l'uomo.
    "E non aver pena allora, qui di suocere non ce n'è minga,nemmeno a pagare d'oro il re dei fantasmi", disse la prostituta.
    Detto fatto, come si dice al mio paese di contadini.
    La suocera era ricchissima proprio perché era una manentucola di prostitute e proprio allora si trovò a passare di lì per riscuotere le tariffe di quelle disgraziate e a veder appena uscire dall'alcova di una di quelle suo genero così lo apostrofò:
     "Maledetto farabutto, così tieni cura di mia figlia? A passar notti con le baldracche? Non aver l'ardire di ritirarti a casa che se ti presenti ti tiro un colpo di fucile!"
     Così il traditore fu scoperto e non ebbe il coraggio di tornare a casa che quella stregaccia davvero lo faceva secco con lo schioppo se lo vedeva di nuovo in casa, e in breve diventò un poveraccio, se ne scappò al nord e fece la vita randagia degli accattoni tra una corsa di cavalli e un bar di malfattori, nell'estrema periferia di una grande città.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA LEGGENDA DEL MONACO POVERO

    "Non farti venire fame al cospetto dell'uomo malvagio, ti darà da mangiare veleno di scorpioni, rifiuti di talpe e sangue avanzato  ai pidocchi. Ma l'uomo buono ti darà sempre un pezzo di pane anche se è il più povero del paese", così è detto da qualche parte nei libri di sapienza dell'Occidente. Ma voi pensate che gli uomini vadano a chiedere ai cuori buoni ma poveri, o ai maligni ma ricconi? Non vi dico niente perché la risposta la sapete da soli. Gli uomini vanno dai malvagi a chiedere perfino se non hanno bisogno di niente, figuriamoci un pò l'alto grado della loro intelligenza.
     Fatto sta che ad Acquaviva una volta c'era un monaco povero e un prete molto ricco, non faccio nomi perché non voglio andare in tribunale a spiegare la mia filosofia alla Spinoza, ma a scuola che mi sembra un posto più consono allo scopo.
    Ecco: voi pensate che i paesani andavano dal monaco povero a chiedere qualcosa? Nient'affatto, andavano come era da aspettarsi al prete ricco. Il monaco povero dava loro sempre e solo pane, ma il prete ricco dava loro oro e argento... a usura. Così in capo a qualche tempo si ritrovavano sempre più rovinati di prima e così, ora sì miseri e morti di fame, andavano dal monaco povero a chiedere il pane, per loro e i loro figlioli. Il monaco povero naturalmente non chiedeva indietro mai nulla, ma sempre e soltanto una lode a Dio.
     Capita così che dopo millenni e millenni di filosofia gli uomini non sappiano ancora riconoscere il bene dal male, e al pane gratis preferiscono sempre il veleno di scorpione a pagamento.
     Una volta due gran ladroni si introdussero nella casa fortezza del prete speculatore, aiutati in questo dalla sua amante sguattera, e per rubargli il suo tesoro lo uccisero senza pietà. I ladroni poi fecero una brutta fine anche loro, persero il tesoro per strada e finirono in galera per tutta la vita per altre nefandezze che avevano compiuto nella loro esistenza disgraziata, non per l'omicidio del prete che non fu mai scoperto.
    Il monaco buono invece dà ancora da mangiare pane ai poveri che vanno a chiederglielo senza mai ricevere indietro qualcosa da nessuno, e lui mai cambia la condotta di bene della sua vita. Quel monaco buono non lo conosce nessuno e nessuno parla mai di lui, anche se fa tutto questo bene a tutto il paese. Quel monaco buono è sempre il più povero del paese e lo stesso ha sempre pane e vino per tutti. Quell'uomo povero è Gesù, che ormai vive e va avanti senza più discepoli in tutto il mondo, ma è possibile trovarlo dappertutto ed è sempre lì che aiuta tutti, basta chiedergli il pane che Dio dà proprio a tutti gli uomini di buona volontà e timorosi della giusta misura di tutte le cose, di quelle che ci sono in quanto ci sono e di quelle che non ci sono in quanto non ci sono, e non il denaro il cui procacciatore è sempre un demonio pieno di veleno di scorpioni, di rifiuti di talpe e di sangue avanzato ai pidocchi da dare in quantità a chi molto stupidamente va chiedergli oro e argento che lui sempre è capace di dare in gran quantità... sempre naturalmente a usura. Un'usura capace ormai di scannare interi popoli.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

mercoledì 2 ottobre 2013

LA STRANA PARABOLA DEI DUE RAGAZZI INNAMORATI E FELICI IN RIVA AL MARE

    C'erano una volta in riva al mare due innamorati che si baciavano e si abbracciavano, e si vedeva lontano un miglio che erano felici a stare insieme e a amarsi così intensamente che intorno a loro davvero attirarono una folla sterminata che non avendo nulla da fare si misero a guardarli e a meditarci su ognuno a modo suo.
    "Sembrano due pesci felici che nuotano in un mare di gioia", disse uno.
    "Sembrano due uccelletti felici che volano in un cielo intero tutto fatto di felicità", disse un altro.
    "Sembrano due gatti felici che hanno appena scoperto un paradiso in sboccio fatto apposta apposta per loro", disse un altro ancora.
     Tutte le pensarono e le dissero e non quello che era sotto i loro stessi occhi, che cioè erano semplicemente un ragazzo e una ragazza follemente innamorati l'uno dell'altra. Forse perché nell'intimo della loro anima erano profondamente convinti che gli uomini e le donne non sono assolutamente fatti per essere felici a questo mondo. E invece, come potevano benissimo vedere con i loro stessi occhi, si sbagliavano davvero di grosso.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

martedì 1 ottobre 2013

LA STRANA LEGGENDA DEL PICCOLO PESCE

    C'era una volta un piccolo pesce che abitava in un grande mare. E chissà perchè così disse un giorno il piccolo pesce al grande mare: "Fammi la grazia, fammi diventare un grande pesce, così grande che manco tu un giorno possa bastare a contenermi con tutta la mia maestosa grandezza".
    Il mare si incuriosì e si meravigliò assai di questa stravagante proposta:
    "Ma tu chi sei? Io manco sapevo che vivevi dentro di me?", così allora disse il mare.
    "Ora lo sai. Io sono il piccolo pesce che per la sua brama vuole diventare grande grande, così grande che diventi piccolo perfino il mare.Esaudisci la mia preghiera e con me diventerai grande anche tu", disse il piccolo pesce.
    "Non so chi sei, davvero è la prima volta che ti vedo", disse il mare e mentre parlava ecco che una grande balena si inghiottì in un boccone il piccolo pesce e sparì dalla vista di tutti, compreso naturalmente dello stesso mare.
    "Che ne è stato del piccolo pesce? Te lo sei mangiato?", chiese allora il mare alla balena.
     "Quale piccolo pesce? Io non ho visto niente, ho aperto solo la bocca e ho mangiato quello che c'era", disse la balena.
      "Era un piccolo pesce che voleva diventare addirittura più grande di me che l'avevo dentro, ma è sparito e credo che proprio nessuno si ricordi ora di un pesce così piccolo e così stupido, nemmeno te che te lo sei mangiato", disse allora il mare.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO