regala Libri Acquaviva

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lunedì 28 dicembre 2015

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo L'ARANCIA poesie ACQUAVIVA, 2015


SEMPRE COME POCO PIU' CHE NIENTE poesia di giuseppe d'ambrosio angelillo


SEMPRE COME POCO PIU' CHE NIENTE

siamo tutti nella storia dell'umanità,
chi in alto, chi in basso,
chi invisibile del tutto,
ma anche da invisibili ci siamo dentro,
nonostante tutto, nonostante niente,
nonostante tutti noi,
così maledetti,
così perdenti.

io mi sbatto come posso
tra l'aria sporca, le anime nere,
l'inverno milanese sbalordito di chissà che.
fisso i miei tetti rossi di periferia
e mangio arance, cioccolate, 
le 30 canzoni più belle della settimana,
il niente.

ormai so molto bene cosa sia l'umanità,
che mi metto a ridere,
e la saluto come se fosse una vecchia zotica zitellona
rincoglionita.

mi metto qui, al quinto piano di un palazzone popolare,
e prego per la rinascita di una antica utopia,
anche lei
poco più di niente.

dico a Dio: "Ci sei?"
non mi risponde nessuno come al solito
ma io so che c'è.
anche se non credo so che c'è.
e non vi spiego il perché
altrimenti mi cancellereste dal quaderno degli amici
e non mi comprereste più i libri,
poco più di niente anche loro.

per dir la verità mi sento da molto uno sgangherato,
ma non ci penso nemmeno un po' 
a dichiararmi uno sconfitto.
ieri sera ho pensato questo:
il male di questo mondo è un mostro imbattibile
e anche combatterlo non serve a niente
perché alla fine vince sempre lui.
è troppo grosso, è troppo intelligente,
non si fa vedere,
se ne sta sempre sotto di noi.
ma combatterlo fino alla fine
è il nostro destino di uomini.
se ne hai paura soccomberai lo stesso,
come se lo combatti,
e in entrambi i casi
sempre come poco più di niente.

ma il tuo destino è ciò in cui tu stesso credi,
il tuo carattere,
non la politica,
la religione.

a che serve arrendersi per l'altrui sconfitta?
se per conto tuo non ti arrendi non sei uno sconfitto,
sei uno che perde, sia pure,
ma sempre qualcuno che lotta,
anche se come poco più che niente.

adesso ascolto i comunicati della radio
e rido.
l'aria sporca, le anime nere,
l'inverno rimbambito per tutto il mondo.
e tutta quanta l'umanità
che fa la vecchia zitellona rincoglionita finta tonta.

è proprio così.
siamo tutti quanti nella storia dell'umanità,
chi bello, chi brutto,
chi impresentabile del tutto, come forse io stesso,
ma anche impresentabili ci siamo dentro,
nonostante i potenti, nonostante i cuorcontenti,
nonostante tutti noi,
così maledetti,
così perdenti.
così sempre come più che niente.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

america


un cuore libero, poesia di giuseppe d'ambrosio angelillo

un cuore libero

io ormai passato di moda,
come una lampadina fulminata sul marciapiede,
scartata a prescindere da ogni narcisismo dominante,
buttata via da ogni luminaria di tutti i tempi,
io narratore e avventuriero
che crede negli argini impossibili dell'amore,
che carezza le favole e i tormenti,
che scrive la speranza di un meglio
che si spezza sempre ancor prima di svoltare l'angolo,
enorme rospo, che fa ridere le signore ricche di passaggio,
e racconta anche ai santi sulle guglie della propria solitudine,
buono e idiota, asino prodigo,
con la sua vela stracciata di nulla,
a inseguire per tutti i mari la sua Moby Dick
che non è mai esistita,
io che voglio sempre essere io: un cuore libero.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

domenica 20 dicembre 2015

DA UNA TRINCEA DI PERIFERIA


DA UNA TRINCEA DI PERIFERIA

con la febbre addosso
e la tosse nel cuore
bevo the e mangio arance,
i cartoni animati da qualche parte
ad andare avanti senza di me a Piazza del Duomo.
io sono quello che la gente piace guardare
al bordo della musica venuta su alla buona,
vendessi almeno un centimetro della mia fronte
alla loro scassata fortuna,
si svegliassero almeno loro abbassando di una tacca soltanto
il volume del loro citofono lasciato acceso.

abbiamo tutti una età così diversa
che davvero è difficile farsi notare l'uno con l'altro
se non per le scarpe rosse
un chiodo nella guancia
o i capelli colorati di verde.
ci teniamo così tanto a farci notare l'uno con l'altro
anche se non abbiamo proprio niente da dirci l'uno con l'altro.

l'è proprio una brutta rogna la povertà
quando nemmeno lo sguardo capiamo dell'altro
né la pena vogliamo condividere.
adesso tocca a me
svernare la febbre del freddo
accanto al termosifone del comune
e recitare al bene almeno una preghiera.
di sotto sparano i primi petardi di Natale
a via Palmieri
e la gioia dei ragazzi dà così fastidio al vicinato
che qualcuno chiama nientemeno la polizia.

adesso tocca ai ragazzi
tirare botti dietro ai carrellini della spesa
e lanciare barattoli vuoti
alle finestre chiuse.

sono maleducati dicono,
ma nel nostro paese
si vendono trattori ai delinquenti stranieri,
gli vendiamo il vino migliore a tutto il mondo pure.
ci teniamo così tanto all'allegria estera piuttosto che alla nostra,
noi ci siamo dimenticati però
chi è il padrone della bottega dei desideri
e la direzione della buona fortuna
la cerchiamo solo nell'oroscopo di giornata.

un giorno tutto questo sarà storia
che non avrà voglia di leggere nessuno.
per adesso c'è solo un grande silenzio con qualche botto,
per fortuna c'è una banda di ragazzi
che si burla di tutti
e scherza tra le luci di Natale.

io con un grosso maglione
buttato sulle spalle
tossisco
e sorrido di me stesso
che mi credo chissà chi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


RITRATTO DI TRE INDECISI


RITRATTO DI TRE INDECISI

tu sei un bocconiano
e anche la tua tipa è scientifica,
il tuo amico invece
non si induce in tentazione,
siete proprio un bel trittico da monte Olimpo,
ma avete lo sguardo tumefatto
e anche i sospiri lasciano un po' a desiderare.
capite tutto di spalle,
quando l'amore è passato
e nel frattempo il fiore
rimane rinserrato.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

FORSE


FORSE

forse il mio fumo costava troppo
per il tuo pezzo di velo volante
che ti vestiva così bene,
facendoti sembrare una regina così bella,
da farti padrona di tutti gli zuccheri d'amore.
ma io sono un poeta molto magro,
non ce la faccio a essere capitano
di questi navigli di ragazzi viziati,
sono di un'altra era,
di un'altra repubblica.
se fossi profeta
mi scriverei la mia bibbia personale
per salpare come pescatore di frodo
di tutte le ragazze del viale del Duomo,
ma sono sconveniente anche come poeta,
e allora mi incasso gli applausi per niente
e canta la mia giubba di marinaio semplice,
e ascolto le voci incomprensibili dei disperati
e ci corro dietro perché anch'io sono uno di loro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

MILAN BLUS BANN romanzo

MILAN BLUS BANN
romanzo
a piazza del Duomo, Milano

PUPAZZI

Giuseppe D'Ambrosio a piazza Diaz, Milano febbraio 2015

PUPAZZI

un pupazzo per darmi un tono
un pupazzo per lavarmi la faccia
un pupazzo che mi sia parente stretto,
e l'almanacco delle facce sperdute
per continuare a inseguire
il mio destino bislacco.
anch'io sono affascinato da me stesso.
dal circo vivo del mio lavoro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

lunedì 14 dicembre 2015

NATALE AD ACQUAVIVA poesia di giuseppe d'ambrosio angelillo

NATALE AD ACQUAVIVA

Rallenta il treno, dopo la larga curva,
arrivando da Sannicandro,
ed eccolo lì all'improvviso il mio caro paese di contadini,
fitto di campanili e antiche mura.
E' adagiato su una lieve collina,
ti abbraccia subito con la sua calda natura.
Acquaviva. E' pure la vigilia di Natale.
Come ricordano tutto i miei molteplici pensieri.
E' sempre lì la stessa campagna,
gli ulivi, le vigne, i mandorleti spogli, gli orti verdissimi.
Son sempre lì le stesse facce, i cari anni,
le scuole, i compagni sempre allegri,
i campi dalle zolle nere,
i contadini sempre a faticare tra le terre e gli alberi.
E' freddo, c'è un'aria di neve che chissà da dove viene.
E' anche qui nei paraggi Gesù Bambino
che vuole aprire il suo Paradiso a tutti gli uomini fratelli.
Di notte qui il cielo stellato è così polveroso di mondi
che la terra quasi la santifica.
Gli angeli poveri vestiti solo di magnifiche ali bianche,
che bussano alle finestre
a annunciare la neve per la mezzanotte benedetta.
Volteggiano piano i ricordi innumerevoli,
le strade e le stradine spoglie,
le povere porte del paese vecchio,
Vive sempre così il paese,
nella sua cappa di cristallo multicolore,
un po' grigio, un po' verde, un po' bianchissimo.
La sua storia calda come il camino
nelle case ghiacciate dei contadini.
Un paese che è sempre un ragazzo,
un po' monello, un po' ingenuo,
un po' credulone a tutte le razze di favole,
come al solito.
Così bello nell'anima di tutti i paesani spersi
per il mondo
che lo amano così forte, così profondamente.
Passarono di qui una volta
anche gli antichi guerrieri Spartani, a fondare un loro avamposto,
i coraggiosi Normanni,
i Francesi rivoluzionari.
Sono antichissime le nostre contrade, e fierissime
e orgogliose di se stesse.
E' di queste parti pure Pinocchio,
che dice bugie e gli cresce il naso,
ma solo per credere meglio alla sua bellissima fata turchina.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

giovedì 10 dicembre 2015

CRITICA ALLE POESIE di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo di Valerio Gaio Pedini





#Letteratura:Critica alle poesie di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo -di Valerio Gaio Pedini- ( con 2 poesie scelte da " Il cavaliere del secchio- poesie metropolitane")

D'Ambrosio ha edificato una filosofia poetica sul semplice. Un ignorante potrebbe affermare che l'ha fatto prima di lui Bukowski. Ma Bukowski non era un filosofo, ma un grottesco. Invece leggendo i racconti poetici di D'Ambrosio si può notare la filosofia del semplice.Prendiamo a caso una poesia e otterremo il semplice che fluisce nella narrazione, cose frugali, piccoli gesti e dell' ira. Da quì si capisce che D'Ambrosio è un poeta contadino, il miglior filosofo contadino vivente. Difatti Acquavivva è il ricordo della campagna : la beatitudine, la santità, Dio che scorre nelle vene, Dio che s'incontra nel frugale. Quindi D'Ambrosio è il semplice e Dio è la semplicità che scorre in noi. 
Cos'è la filosofia del semplice? Che categoria letteraria è?  è una categoria che pone la base sul semplice e lo illustra con immagini complesse. In Italia ce ne sono solo tre: Giuseppe D'Ambrosio, Siria Comite e Gianni Calamassi. E da lì rinasce tutto come fiori in primavera e decade come foglie in autunno. è l'inutile che diviene utile; è la poesia delle piccole cose che diviene immensità. 
E D'Ambrosio si inserisce in questi tre, in un' immensità d'immagini. 

2 poesie scelte di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo da
"Il cavaliere del secchio (poesie metropolitane)":





il gattone guercio


In questo orto di periferia
il Brigante gattone guercio
si lecca lento montando la guardia
sul confine indifeso della mia vita.
Le utopie d'India
mi confortano l'anima per prime,
mentre l'estate mi gratta piano
le mie dolci pene
come un'amante che si nasconde
per non esser cacciata via
e ancora si giace accanto...
Dirò la verità:
mi fa male la testa
per la tenebra che non riesco a scolarmi tutta
come questa bottiglia di birra,
ho dormito tutto il giorno
al lievere battere della pioggia
sui tetti dei cortili.
Brigante gattone guercio è tutto fradicio,
gocce lente 
gli colano dall' occhio morto
come lacrime improbabili 
eppure è là che non si lamenta,
è là a difendere il suo principato
dalle invasioni nemiche,
che a qualcuno approfittando del cattivo tempo
non gli capiti di pensare a qualche sortita
sui tesori
dei mucchi dei rifiuti,
a attentare alle gatte nascoste coi micini 
nel buio delle cantine abbandonate.
"Giuseppe,
mi dice qualcuno al telefono. 
Hai una voce così cupa. 
Che t'è successo?
Giuseppe, hai un tono così triste".
Nel cielo una nuvola nera
a forma d'elefante
attraversa le savane sterminate 
dei miei dubbi.
Delle mie inquietudini. 

Alla radio qualcuno canta allegro:
"mi fai stare bene,
meglio di così non son stato mai,
mai, MAI".
La notte avanza intanto
in forme di latrati lontani.
Molti sono al buio
che ascoltano...
e aspettano...



I pesci di Rodi

Ero nel porto affondato di Rodi
e vicino mi passò un delfino
e una nave romana fradicia
e l'occhio di un dio squartato.
Così mi fermai vicino a una colonna ionica
mi feci un cannone 
e mi misi a guardare i pesci.
Noi pure una volta fummo pesci
e in un certo senso lo siamo ancora.
Beviamo acqua 
e cielo
e colori affini.
Pattugliamo il mondo
e il mare è lo stesso,
quello che ci vede felici
friggere il prosciutto con le uova
sulla spiaggia.
Fumavo forte 
e scrivevo, 
ero un filosofo di Rodi
con mille libri da commentare
con mille libri da terminare. 
Guardai la massa d'acqua 
e sembrava una faccia semovente.
e il sole dipingeva una capanna di raggi
su di me
dicendomi che lui era il pesce più buono
e che tutti
erano figli suoi.
Io allora cominciai a nuotare lento
sul porto affondato
e i pesci mi vennero vicino
mi sfiorarono
mi passarono attorno
e così ero anch'io un pesce come loro.
Ma s'avvicinarono pure 
due pescecani
con due martelli enormi,
avevano un unico braccio
e potevano sfondarmi la testa
a loro comando 
e piacimento.
Io risalii
e loro pure
splendendo nel sole 
come scaglie d'argento vivo.
E poi riaffondai e scesi basso
e loro dietro,
indecisi sul da farsi.
Mi sfiorarono 
e con le bollicine
parlavano fra di loro,
come nei fumetti.
Io potevo sapere tutto
delle loro intenzioni, 
erano un quaderno aperto per me. 
Ne arrivarono altri due, 
ed erano quattro. 
Sentii la loro decisione: 
Quel pesce strano a quattro pinne 
potevano mangiarselo pure!
E io saettai fuori come un fulmine
e dal cielo cominciai a buttar loro
macigni antichi di Grecia.
Non me n'ero ancora andato in malora
a tal punto
da farmi fregare da quattro stupidi squali,
e me ne volai sui boschi di Rodi
vidi una ragazza
e volli spaventarla con i miei cani feroci
immaginari. 
"Scusi, signore,
non mi può spaventare così alla leggera",
disse lei. 
"Perchè mai? ", chiesi io. 
"aspetto un bambino", disse lei. 
"Ah! Scusi, 
sarà per un' altra volta", feci io
e mi sentii contento.  

"IL CAVALIERE DEL SECCHIO"
poesie metropolitane
di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
on Google Books:

mercoledì 9 dicembre 2015

PENSIERO DOSTOEVSKIJANO

PENSIERO DOSTOEVSKIJANO

ci sono uomini che hanno paura per tutta la vita
di entrare nel mondo,
anche un grappolo d'uva 
per loro rappresenta un problema insormontabile,
un cielo nuvoloso,
due pomodori,
un sasso,
tre uccelli in volo molto lontani.
la chitarra della vita suona la sua solita serenata
e gli uomini manco sanno cosa per davvero si portano nel cuore.
di là c'è un martello che batte sulla testa di Dostoevskij
e ci tira fuori un contadino servo del padrone
che sorride arando la terra,
parlando alla sua cavalla che fatica con lui
tirando piano l'aratro,
benedicendo tutte le cose che vede,
come se davvero tutto il mondo
fosse l'unico vero santo fratello.
GDA




a che t'è servito bagnarti nel fiume Giordano,
a che partecipare all'assedio di Gerico,
a che bere acqua per tutta le notte in attesa del caos del mattino?
la tua anima senza cravatta 
recita sempre lo stesso verso dell'abbandono,
arando un immenso campo di stupida ammirazione
raccogli sempre quel caco di rovina
che si spiaccica con dovuta precisione tra i tuoi piedi.
dove vorresti andare ora
con tutti i tuoi fiammiferi accesi e spenti inutilmente
nella notte lungo la strada?
ti rubano sempre
ti rubano tutto.
ti passano vicino e dicono:
ma chi è questo pazzo?
davvero si fida così ingenuamente degli uomini?
GDA

ORA LA VITA TI BATTE NEL CUORE, FURFANTE


ORA LA VITA TI BATTE NEL CUORE, FURFANTE

ora la vita ti batte nel cuore, furfante,
e splende il tuo arguto guardare,
con il cielo per chitarra,
e la porta di casa come il tempo del tradimento.
che dirti?
ti invidiano gocciolandoti addosso barattoli di vernice verde,
arsenico di amanti falliti,
crepe di anime di fraternità inacidita.
sopra la tavola ci sono risate stucchevoli di morti in abito della festa
tu tossisci
e racconti la storia del mondo,
ma anche se il sindaco ti cita in un suo alto comizio,
tu sei il solito nessuno
con la faccia della solita ridicola catastrofe.
GDA

IO DAVVERO VORREI PRENDERVI IN GIRO, RAGAZZI



IO DAVVERO VORREI PRENDERVI IN GIRO, RAGAZZI

io davvero vorrei prendervi in giro, ragazzi,
e raccontarvi di una verità che non esiste
e di un banchetto di pranzo umano
e non preparato da bestie per sbafarsi la coscia del morto arrosto.
un vino fatto di veleno silenzioso,
di latrocinio vario cucinato su ali di angeli
come ogni brava bestia deve fare.
un pranzo di ossa abbandonate.
se il demonio ti dice che vuole farti del bene
proprio in quel momento devi temerlo maggiormente.
povertà, fame, morte,
i pallidi spettri salgono verso il loro falso paradiso
scalando torri vere del basso impero dell'inferno.
GDA

IL CONFINE poesia di giuseppe d'ambrosio angelillo


IL CONFINE

guardami, dice il confine,
da me crescono erbe maligne, cuori di ferro,
ginocchi di rame,
per me le teste devono per forza cozzarsi a sangue tra di loro,
queste teste di argilla piene soltanto degli stessi soliti ululati,
qui da me anche la luce ha le corna del diavolo,
anche la notte ha il suo spirito nero
all'assalto del suo ultimo bacio di acciaio.
io, è vero, da secoli ho firmato il trattato di pace,
ma per me la pace non è altro che un cervello d'aceto
gonfio perso di vendette e ritorsioni.
un pollo gonfio in cerca della sua statua di marmo al cimitero,
mani ghiacciate in una filosofia di luna calante.
tutta la terra è appesa a queste linee di carta,
dove la sapienza pure abbaia legata al suo collare di cagna venduta,
guardami, dice il confine,
come me ne sto così bene tra tutti questi delitti in ebollizione,
la morte è un cuoco pazzo che gli piace un casino
cucinare l'umanità nella sua stessa follia di latta rovente.
GDA

martedì 8 dicembre 2015

Castello Normanno di Acquaviva delle Fonti

LA FONDAZIONE DI ACQUAVIVA

fu il castello che fondò il paese a mezzanotte dell'anno 1000,
con speranze, cieli e pietre in abbondanza,
erano Normanni,
con spade in mano
e garofani negli occhi,
un libro di storia in movimento,
un coro di mani a costruire con voci di guerrieri,
uno stormo di sogni sulle nuvole candide,
la vita nel cielo,
l'acqua sotto la terra.
i fuochi degli accampamenti tra le stelle.
GDA

il freddo avanza a ranghi serrati,
armate di demoni che si mangiano poveri,
i parenti falliti, i roghi delle streghe con tutti i loro malefici arrosto,
i messaggeri ambigui attraversano i cieli
gettando all'aria tonnellate e tonnellate di gazzette false.
i campi sono sgombri sui confini degli uliveti,
solo un Dio affronta la battaglia combattendo i fantasmi
di tutti gli uomini, che mangiano benvenuti, mani mozze,
i resti minuti delle vettovaglie dei demoni.
la battaglia perdura
le armate dei demoni
e l'unico Dio
si combattono
nell'anima di tutti gli uomini.
sulla tavola le sciabole e i bicchieri posati senza bere niente.
la pace resiste in un quadrato di urla incomprensibili
a occhio nudo.
GDA
guerra di piselli scotti, inganni trifolati,
eserciti di parole in folle scontro per il mondo,
il sole ormai non convince più nessuno,
più nessuno lo stesso cielo stellato,
più nessuno la nuvola,
la guerra delle astruse convinzioni
non cerca amici
non cerca uomini,
ma furori nascosti senza più discorsi,
senza più domande
senza più risposte.
il silenzio li vincerà tutti tra non molto,
senza dire più niente nemmeno una singola strada, un singolo passo.
il sole sorgerà lo stesso sulle tavole e le pietre bruciate.
GDA

TUTTE LE TEGOLE SONO UTILI AL TETTO

TUTTE LE TEGOLE SONO UTILI AL TETTO

tutte le tegole sono utili al tetto
per involarsi in fantastica rotta.
ecco  la fratellanza nella sua concretezza,
sul manto rossastro del suo volo leggero,
tramonti e autunni sui fiumi volanti,
vai, amico, nella tua giovinezza sognante,
non puoi ubbidire a nessuno estraneo,
o deve proprio arrabbiarsi la tua coscienza recondita
nei suoi soliti discorsi strampalati?
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA CHIAVE DELLA CONOSCENZA

LA CHIAVE DELLA CONOSCENZA

la chiave della conoscenza che ci vogliono rubare.
non entrano loro,
impediscono a tutti gli altri di entrare.
ma possibile che i nostri padri
ci abbiano donato la loro saggezza
per farcela buttare nel bidone del nulla
dei nostri tempi?
sembrano davvero dei cani
che fanno la guardia alla biada dei cavalli,
non mangiano loro
non fanno mangiare agli altri.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

sabato 5 dicembre 2015

TOLSTOJ CHE DICE?

VANNO COSI' VELOCI SULLA RADIO A DIR NULLA.
siete parecchio originali, amici,
ma chissà cosa ne ricavate
in questo nostro cupo tempo di super-rodate pubblicità.
facce, mani, strade intasate.
sulla strada nebbiosa
vanno avanti con la loro mostruosa macchina schiacciasassi.
per un fine che non ha faccia, non ha mani, non ha strada.
chi sono?
forti, dietro il loro scudo di diamante senza senso.
è facile costruire strade dove non si ha mai dove andare,
dove il bene comune ha gli occhi chiusi
per correre sempre più veloce a vuoto.
io raddoppio la posta sulla poesia,
pago con il mio spirito,
non domando niente,
il mio fine non persegue niente,
scandagliare la nebbia
può essere perfino il mestiere del demonio.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA SCRITTURA poesia di giuseppe d'ambrosio angelillo


LA SCRITTURA

è un'insolita conoscenza,
lasciatemi scrivere,
a voi che male fa la mia libertà?
il sole è la mia lampadina sul tavolo,
la notte il mio quadro appeso alla parete,
esistere per se stessi
per mezzo di se stessi,
siete poi così sicuri che gli antichi dei greci
siano stati seppelliti?
forse quelli che schiacciate sotto le vostre scarpe
sono solo gli scarafaggi neri delle vostre case.
teste di rapa che cercate spazio nell'orto del sagrestano,
non mi avete tra le vostre fila,
mica tanto bello quel gran lupanare che voi chiamate tv,
e io chiamo gabbia di matti.
la mia solitudine è una fortezza inespugnabile
per le vostre truppe di ricotta,
il cielo azzurro della mia città
è il campo di vendemmia del mio sole,
forte e puro,
un'insolita conoscenza.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

giovedì 3 dicembre 2015

lunedì 30 novembre 2015

7 SALMI DI DAVIDE acquaviva, 2015

7 SALMI DI DAVIDE
Acquaviva, 2015

Salmo 42
   Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso.
 Tu sei il Dio della mia difesa:
perché mi respingi?
Perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?
 Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
 Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
 Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo NATALE racconto ACQUAVIVA, 2015

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
NATALE
racconto
ACQUAVIVA, 2015

on Google Books:
https://books.google.it/books?id=SFMYCwAAQBAJ&dq=d%27ambrosio+natale+racconto&hl=it&source=gbs_navlinks_s

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo GUARDA LA', E' DI NUOVO ANCORA NATALE poesie ACQUAVIVA, 2015

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
GUARDA LA', 
E' DI NUOVO ANCORA NATALE
poesie
ACQUAVIVA, 2015

Franco Fergnani, Tommi e Giuseppe D'Ambrosio. Natale 2004

Franco Fergnani,
Tommi e Giuseppe D'Ambrosio.
Natale 2004, Milano

Franco Fergnani, Tommi e Giuseppe D'Ambrosio, Natale 2004

Franco Fergnani,
Tommi e Giuseppe D'Ambrosio
Natale 2004

Franco Fergnani

Franco Fergnani,
filosofo.
il più grande professore di filosofia
della Statale di Milano.
anni 1970 - 2000

domenica 29 novembre 2015

IN PIAZZA DUOMO VENDENDO LE MIE POESIE
A POCO PREZZO

mi presento sempre in piazza del Duomo
come un ubriaco
dalla parlantina sciolta,
si stancano presto però della mia loquela,
perché scambiano spesso l'anima loquace
come una trappola nera,
dove se si dice la verità
ci può scappare facilmente un colpo di pistola,
e così per evitare guai
salutano svelti e schizzano via,
con le mie frasi ancora appese a metà 
alle mie labbra paonazze per il troppo freddo.
il poeta è preso quasi sempre per pazzo,
gli guardano la sciarpa torbida di pensieri
e subito pensano che sia ricercato da un capo di manicomio.
GDA

IL NEGOZIO DEI MACCHERONI


IL NEGOZIO DEI MACCHERONI
                                        a mia madre Antonietta

mia madre aveva un negozio di spaghetti,
in un grembiule bianco passava la sua giornata
servendo contadine e monelli,
si faceva felice crescendo me come un principino povero
in mezzo a un mare di mortadelle a buon mercato,
in quel negozio mangiavamo al sabato sera
quando si lavorava di più,
tra un convento domenicano e una trincea di stalingrado,
mantenne sempre il suo rigore di mamma
a comprarmi sempre maglie e coperte di lana,
"così te ne starai sempre al caldo comunque
anche quando io non ci sarò più",
mi diceva sempre.
e davvero sempre al caldo me ne sto
ora che non c'è più da così tanti anni,
con le sue lane e il ricordo del suo bene infinito.
GDA

IL CAMION


IL CAMION
                                                  a mio padre Michele
quel camion abitò a lungo
nel portone di casa nostra a via pecci,
era un camion piccolino che arrancò per anni
lungo le strade strette di un'Italia di una volta
lunghissima e bellissima,
un camion con gomme nere e un cuore molto potente,
riparato e ritoccato mille e mille volte,
era l'anima vivente di mio padre,
il suo viso insonne era il suo parabrezza felice,
funi sempre tirate al millesimo,
teloni sventolanti al vento come bandiere
di mille battaglie perdute,
lungo i viaggi di quell'antico camion 
ho studiato a lungo l'improvvisa tenerezza di mio padre,
trascrivendone in fantasmi invisibili
la sua vita di lunghissima fatica.
GDA