regala Libri Acquaviva

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martedì 30 settembre 2014

LA VITA

la vita va
la vita viene
la vita passa
la vita arriva.
comunque sia la vita c'è sempre.
che dire?
il punto di vista delle stelle ce l'hanno in pochi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

SAGGEZZA DI CHAGALL

dove si divertono i sogni
non hanno futuro i malvagi,
il vino fa allegria, così come deve essere,
i fagioli fumano nella pentola
come una combriccola di amici felici,
per le campagne vanno i contadini
come spiriti di altri tempi
tra le vigne e gli uliveti.
sotto l'occhio vigile del cielo
si agitano quasi senza senso gli stati.
chi veramente ama è sempre contento di se stesso. 
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 


UNA SAGGEZZA MOLTO SPICCIOLA

Se ami un pò ami te stesso
se odi un pò odi te stesso,
più ami e meno disprezzi,
più disprezzi e meno ami.
Fa' un pò di conti con la tua anima,
lascia stare il portazecchini per una volta,
accorgiti un pò della vera natura della tua esistenza
accorgiti un pò della vera natura del tuo sogno.
Non lasciarti sempre portare dalla corrente,
dal vento sempre impetuoso
delle sciocchezze imperanti,
sempre fintamente vincenti.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO  

venerdì 26 settembre 2014

QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO MARC CHAGALL

    Io l'ho incontrato una volta Marc Chagall. Era il 1976. A Milano, davanti alla Stazione Cadorna. 
    Era lì, fermo, ad aspettare qualcuno. I capelli bianchi, il viso atteggiato a un indefinito sorriso, lo sguardo sottilmente un pò beffardo. Lo riconosco subito anche se è la prima volta che lo vedo.
    Mi avvicino.
    "Maestro", gli dico.
    Se non è lui mi guarderà al minimo molto strano.
    Invece il suo sorriso istintivo si allarga d'incanto. Gli sorridono forte anche gli occhi e gli luccicano d'improvviso.
    "Bonjour, mon ami", mi dice.
    Ho per caso per le mani proprio un suo libro preso in prestito alla Sormani.
    "Me lo firmi, Maestro?", gli dico.
    Lui mi sorride ancora e mi chiede come mi chiamo. Dà un'occhiata fuggevole al libro, una raccolta italiana dei suoi dipinti.
    Apre le prime pagine e scrive con una biro blu normale che gli ho dato.
    "A mon petit frere Joseph. Marc Chagall"
    Mi restituisce il libro e la biro.
    "E' Chagall. E' Chagall. E' proprio lui. Il mio grande maestro", penso fra me e me pieno perso di una gioia furiosa e incontenibile.
    Mi viene un'idea, la dico appena la penso.
    "Maestro, ci facciamo una foto assieme? Nessuno mi crederà mai che ho incontrato il grande Marc Chagall", dico.
    "Oh, oui, oui. Oh, la fotografia. Questa scintilla di illusione che ha l'uomo di poter finalmente fermare il tempo. L'arte invece vuol fermare perfino l'amore", dice, dolcemente, prendendosi delle lunghe pause. "Lo sai che io per un pelo non ho fatto il fotografo nella mia vita? "
    "No", dico io.
    "Eh, oui, oui. Quanti anni son passati".
    Un velo di malinconia gli attraversa lo sguardo, ma è solo un attimo, subito mi sorride di nuovo.
    "Oui, oui, poi infine per fortuna la mia passione l'ha avuta vinta". 
    Cerchiamo un fotografo. Non lo troviamo. Poi d'incanto appare uno studio, lì sulla piazza. Entriamo, chiedo una foto. Il fotografo, un tipo con lo sguardo spento e un pancione aguzzo ce la fa distrattamente. Come due clienti qualsiasi. Io sono un cliente qualsiasi, ma lui è Marc Chagall.
    Quella foto. L'ho custodita così gelosamente. Così gelosamente che non la ritrovo più. Chiusa in un libro tra le decine di migliaia che ho.
    Io troppo serio e posato, lui leggero come una nuvola, sorridente come al solito, la testa un pò inclinata sulla sinistra.
    Torniamo all'ingresso della stazione.
    Un gruppo di persone già l'aspettano, una decina tra giovani e anziani.
    Gli si serrano attorno.
    Lo assediano con i loro fitti discorsi.
    Io rimango estraniato, già lontano per conto mio.
    "Un momento!", dice lui d'un tratto voltandosi. "Devo salutare il mio mon petit frere".
    "Adieu, mon petit frere Joseph", mi dice e si avvicina a me a stringermi la mano. "Non ti scordar di me", mi dice in italiano.
    "Ciao, mio Maestro", gli dico con gli occhi velati di commozione.
    Lui se ne accorge, sorride dolcemente, mi accarezza di sfuggita la mia foltissima barba nera.
    "Bonne chance", mi dice e mi sorride ancora.
    Se ne va verso il Castello.
    Resto a guardarlo con attorno il suo codazzo finchè non lo perdo di vista verso il Castello.
    Quel libro della Sormani sono stato tentato di non riportarlo più indietro. Poi ho deciso, ho strappato la dedica e l'ho riportato. 
    La dedica mi appare ogni tanto, curiosando tra le mie carte più preziose.
    "A mon petit frere Joseph. Marc Chagall".
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO  






IL PASTORE DEL PAESE

se ne raccontano cose con un paese per romanzo,
quella signorina per esempio
e come se la tirava per via roma
e alla discoteca di nino surico
piantata per intero in un garage su al convitto,
ora è diventata una rospa gonfia
che non se la fila più nessuno,
ma quanta importanza si dava
sulle carovane affollate
che partivano per i pink floyd
e quel pazzo scatenato che non se la sentiva più
di scintillare nella notte buia,
tutto gonfio come un rospo pure lui 
di birre e amicizia tradita tutta d'un botto,
ora allargano il cimitero,
fanno pubblicità alla cipolla rossa,
al cece nero sotto il materasso di chissà quale
principessa smarrita,
ma io mi ricordo oronzo romano
che passava con un gregge di 150 capre
davanti a casa mia,
da solo,
con un lungo bastone in mano,
alto e massiccio come un guerriero contadino,
una giacca fatta con una pelliccia bianca
di una sua stessa pecora,
fiero e dritto come un patriarca
che fischiava ai cani pastori
e ai montoni in testa
che stessero bene attenti a mantenere la disciplina
in tutti i ranghi,
anche nell'ultima fila degli agnelli,
che si andava verso una campagna in fiore
non in una palude qualunque,
ricca solo di acque di poco conto.
la bella primavera sempre vergine
dei campi nostri del paese,
dell'acqua nostra sempre viva e mezza pazza.
io, un ragazzino di una decina d'anni,
rimanevo sbalordito a guardare quella svelta
e imperiosa marcia,
e dietro al gregge un mare infinito di ceci neri.
io pensavo: "ma perchè mai nessuno se li raccoglie?"
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

giovedì 25 settembre 2014



PER LE VIE DI VITEBSK (Acquaviva delle Fonti)

il cavallo se ne va per conto suo,
il contadino in senso contrario anche lui
se ne va assolutamente per conto suo,
il violinista corre inseguendo come un pazzo per la via
la musica pazza del pazzo violino suo,
sul tetto si celebra un matrimonio felice
gli invitati sono tutti in bilico su una staccionata,
dietro nel vicolo un ciabattino fa i suoi impellenti bisogni,
in cielo suona una capra,
poco più in là un innamorato respinto recita le sue preghiere
dietro una nuvola, non visto,
per strada intanto una donna se n'è andata a testa in giù
sotto il lastricato, sottoterra,
una matrona è sull'uscio che vuole vendere
il suo albero di natale dell'anno scorso,
le case sulla via sono blu, gialle, rosse,
qualche casa ha solo una porta e il tetto
forse non c'è dentro nemmeno una stanza,
un lattaio ha abbandonato per distrazione
un suo bidone di latte per via,
qualche altro distratto ha lasciato perdere 
la sua cesta vuota
da riempire.
sullo sfondo, dietro tutte le case
c'è come sempre la grandiosa cattedrale della vita di Dio.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 
QUELLA VOLTA CHE UN CANE MORSE CHAGALL

      Chagall ebbe tre Rabbi per insegnanti quando era ragazzo, quello che ebbe maggiore influenza su di lui fu proprio il primo, una piccola cimice di Mohilev.
      La madre lo mandava dal maestro ogni sabato. Certo Marc avrebbe preferito di gran lunga andare a farsi un bagno nel fiume di Vitebsk piuttosto che  sentire sermoni sulla Bibbia, ma pure alla propria formazione bisognava pensarci.
      Quando Marc si recava dal Rabbi nel primo pomeriggio lo trovava che ronfava di brutto in compagnia di sua moglie nella sua camera da letto, dopo aver fatto doveroso onore al pranzo del Sabato, e allora gli era stato raccomandato di bussare molto piano quando arrivava per ricevere la sua lezione. E un giorno bussò così piano che invece di svegliare il Rabbi svegliò invece il suo cane, vecchio, brutto, cattivissimo. Appena lo vide scese deciso per le scale e gli tirò due morsi, uno al braccio e uno alla gamba.
       Successe un pandemonio. Il Rabbi infine si svegliò, accorse, convenne che bisognava chiamare i familiari.
       Chagall svenne, per la paura, lo spavento, il dolore.
        Prima di sera suo zio lo portò a un'ospedale di Pietroburgo per farlo visitare dai medici. I medici lo visitarono e dissero: "Il cane aveva la rabbia, questo ragazzino morirà tra quattro giorni".
       Marc pensa già di essere in paradiso: è sempre a letto, il cibo è ottimo, può andare a passeggiare in giardino quando vuole, tutte le infermiere gli sorridono affabilmente, e soprattutto quel posto è pieno zeppo di giocattoli degli altri ragazzini, lui a casa sua non ne aveva nemmeno uno, non gliene avevano mai comprati.
     "Prendine qualcuno, molti di questi giocattoli sono abbandonati, non sono di nessuno!", gli dice lo zio.
     Marc così ne prende uno, è felicissimo.
     A Vitebsk intanto, si sa, che la polizia ha dato la caccia al cagnaccio, è riuscita a ucciderlo solo dopo dodici colpi di rivoltella.
     Ma... passano i quattro giorni e... Marc è ancora vivo, anzi è in via di guarigione.
     Miracolo! Il mondo ha ancora il suo più grande artista del Novecento! E pure con il suo primo giocattolo fra le mani!
     Marc torna a casa e trova la casa in festa, sta per nascere il suo fratellino...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO   
      

giovedì 18 settembre 2014

il libro,
un amico che sai sempre dove trovare.

CHAGALL
l'autoscrittura dei sogni della vita
il cuore semplice
la fa con il bene silente del suo cuore.
Chagall ha inventato il nostro mondo migliore,
il nostro presente con 7 dita,
il passato e il futuro che parlano la stessa lingua.
l'erba magica
lungo i fiumi dell'amore che non passa mai.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
l'ebreo nella neve
romanzo

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SULLE CIRCONVALLAZIONI DEI VERSI

sulle circonvallazioni dei versi
rollando a tutta velocità sui bigi sguardi
arrivi non previsto ai folli magazzini dei tuoi sogni
dove i magazzinieri morti
ti squartano il centesimo e alla fine ti rubano
condannandoti da  despoti
a una nera miseria,
ma la vita è ben più grande di una ditta
in corso di fallimento,
l'Italia ha ben altre risorse
che i tetri ragionamenti da caserma in disarmo
di balordi nichilisti.
c'è ben di peggio nel mondo
che casa nostra,
non correte via a tutta furia,
qui è la patria degli artisti,
qui si ride davanti a un piatto di spaghetti scotti,
qui è la grande anima di una città infinita
di nome Utopia...
detta qualche altra volta Milano...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

venerdì 12 settembre 2014

blog
di Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
l'ebreo nella neve
romanzo

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POESIE DELL'AMORE MALEDETTO


RIMBAUD Una stagione all'inferno ACQUAVIVA

"Io è un altro. Se l'ottone si desta tromba, non
 è certo per colpa sua".



« Il poeta si fa veggente mediante una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; egli cerca se stesso, egli esaurisce in lui tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura dove egli ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovraumana, dove egli diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, - e il supremo Sapiente! - Poiché egli arriva all'ignoto! dopo che ha coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro! Arriva all'ignoto, e seppure, impazzito, finirà per perdere l'intelligenza delle sue visioni, egli le ha viste!"

RIMBAUD

Roberto Longhi IL VIOLINO DEL QUARTIERE poesie ACQUAVIVA

"io che non pago l'affitto
che mi sveglio quando voglio
sono il violino del quartiere
elegante di sogni
accordato alle tende arancioni
spettinato dall'alba al tramonto
rastrello nel vento
gli spiccioli del poeta
benedico gli alberi del parco
i fannulloni al verde
sulle ottomane di cristallo"
roberto longhi
febbraio 2006

Roberto Longhi NERISSIME STELLE poesie ACQUAVIVA

"dopo gli incontri
mi risveglio
sempre più solo
e in città ho paura
perché quaggiù il mare
non giunge
e le onde non sciolgono
le lacrime
del silenzio degli alberi,
soltanto strade,
ostili sguardi
invisibili"
roberto longhi
agosto 2004

Roberto Longhi APPESI A LACRIME D'ONDE poesie ACQUAVIVA

"a volte anch'io
mi bagno di lacrime
per il nostro dolore senz'ali

e remo fra stagni d'oceani
fra ebeti giorni
ebeti ricordi
chiuso nei temporali di notti infelici
se prego ai tuoi occhi
di sciogliermi via,
più lontano".
roberto longhi
aprile 2002

LIBRI DI GIUSEPPE D'AMBROSIO IN AMERICA
https://www.amazon.com/author/soldatorock.blogspot.com

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo,
Bar Mondadori Milano, primavera 2013

giovedì 11 settembre 2014

CHAGALL

CHAGALL

Per un film su Chagall
mi raccomanderei a una primavera ventosa,
a un figlio sempre allegro,
a un padre con miliardi di storie da raccontare,
un deserto caldo e santo,
una neve pura e benedetta,
Milano pure andrebbe bene in un giorno di bora
e di ombrelli a volare per aria.
Ma ora son qui a grattarmi la fronte
a pensare ai permessi da chiedere
e a quelle facce tonte
che sempre sono abituate a non capire niente.
Il film così lo farò di contrabbando,
aggrappandomi a una statua di pazzo
là sotto il Duomo,
quando tutti i fedeli escono via
e arrivano gli ubriachi di birre da due soldi,
i malavita con le facce storte,
gli artisti rassegnati a chiedere l'elemosina
all'asino di turno,
alle ragazze sonnacchiose
che raccontano la loro bellezza senza dire nulla.
Farò proprio così:
vestito da invisibile
me ne andrò volando tra i  suoi sogni,
nel palazzo del re dei maghi.
Chi potrà mai impedirmi in questo modo
di fare il mio bel film su Chagall
finalmente ancora nella mià città?
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Giuseppe D'Ambrosio,  Bosco dei Poeti, Verona 2009

SU UNA GAMBA DI SABBIA poesia di Roberto Longhi



su una gamba di sabbia

SU UNA GAMBA DI SABBIA APPOGGIO LA MIA SOLITUDINE,
MA UN CANTO DI ANGELI ORA MI DONA ARPE DI GIOIA 
SULLA VIA SILENZIOSA,CHIUDO I MIEI OCCHI DI CRISTALLO 
E INTRAVEDO UN VECCHIO PADRE CHE PIANGE 
NEL SONNO FRA CUSCINI VERDI
DI GIORNI MAI SOGNATI,
LO PRENDO PER MANO SU UNA NUVOLA DI PIANOFORTI 
E GLI MOSTRO TUTTA LA MERAVIGLIA DELL`AMORE 
IN UN INFINITO MARE,E ALLORA LE SUE LACRIME DANZANO 
NELLA DOLCEZZA DI UN FOLLE ABBRACCIO, 
RITORNIAMO NELLA  PACE DI UN CANTO,LEGGERI COME RAGGI DI SOLE 
ENTRIAMO NEI COLORI DI UN GIARDINO SENZA TEMPO,ANCORA FELICI
NEL PERDONO, COME RISORTI NEI RICORDI,
PREGHIAMO NEL
VIAGGIO FRA GALASSIE DI MISTERI....
ROBERTO LONGHI

mercoledì 10 settembre 2014

LA VERITA' DEL TELEGIORNALE

LA VERITA' DEL TELEGIORNALE

Viaggia sempre con un barattolo di vernice al seguito,
preconfezionata, a quintali,  a blocchi compatti,
ma molto richiesta da tutti quanti.
Per prendere il volo ha bisogno di palloni molto grossi.
Bisogna sbatterla forte prima dell'uso,
va a ruba soprattutto quella di terza o quarta mano,
da preferire di molto quella pesantemente sputacchiata.
Di casa stabile sulle sabbie mobili,
sbatacchiata da mille finte tempeste,
profumata con essenze di marche mondiali
ma piace alla massa pure parecchio turpe.
Leccata e splendente come la politica vincente.
Fatta tassativamente di polistirolo
ma che tenga molto bene pure il vento che tira.
Rifatta di plastica e botulino come una vecchia puttana
mai fuori moda.
Ripensata costantemente per il prossimo telegiornale
come un nuovissimo psicofarmaco tranquillante appena appena preparato.
Tagliata e sforbiciata a piacimento 
ma ricucita così alla perfezione
che non si veda niente dell'occulto marchingegno del sarto dietro le quinte.
Da far venir fuori assolutamente come partorita da se stessa.
Sorridere impercettibilmente quando la si recita,
quasi fosse per davvero una barzelletta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


METAFISICA
giuseppe d'ambrosio angelillo
KAFKA
storielle minime
ACQUAVIVA

LA GUERRA poesia di Alda Merini






LA GUERRA

Questo infame delitto
che agita le pure corone dei poeti
e che fa soffrire gli angeli
che volgono le loro voci altrove,
dove c'è spazio di religiosità.
La guerra che dura oltre le nostre preghiere
e fa soffrire il mondo,
falcia le case come spighe dorate,
piene di chiodi che sono i nudi gigli.
ALDA MERINI
Milano, febbraio 2007

lunedì 8 settembre 2014

La Famiglia del Poeta

Nei sogni si sta sempre senza soldi
ma almeno si è felici,
c'è un tale casino,
una tale baldoria
che non si ha proprio tempo 
di pensare alla tristezza,
ai guai di una nazione
che non capisce più la dolcezza del pane di Dio
sulla propria tavola.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO



CI CHIAMA FELLINI

Uhè, uagliò, dove siete andati?
E' qui il film!
Là non c'è niente per voi!
A chi le volete raccontare le vostre cose
senza importanza?
Le signorine sono tutte nelle sale della televisione?
Non dite così!
Il vero film siete voi
non la televisione!
Venite qui, spocchiosi!
Il film è qui!
Le vostre piste fatte in primavera.
L'acqua del paese vostro.
E' qui la palude che non ci capite niente
della vostra storia strampalata!
Uagliò!
Sì, proprio a voi!
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL RE DI CHU


IL RE DI CHU

    Al Re di Chu una volta gli abbisognava un intendente dei giardini degli alberi di lacca e a questo scopo andò a interpellare il filosofo Zuang.
"Vuoi entrare nel mio servizio?", gli chiese.
"E a far che?", volle informarsi il filosofo.
"Il bue intelligente, dopo te ne potrai andare al macello, in onore del tuo padrone", gli disse il Re, in un accesso improvviso di cruda verità, visto che davanti a sè aveva un filosofo.
"Ti ringrazio molto di cotanto onore", rispose il filosofo. "Ma io mi sento molto più felice nella mia piccola fangosa pozzanghera, quasi senza pane ma in piena libertà".
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO