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CHARLES BUKOWSKI, Tubinga, MARC CHAGALL, Milano, ALDA MERINI, Grecia, Utopia, ROMANZI, Acquaviva delle Fonti, RACCONTI CONTADINI, America, POESIE, ERNST BLOCH, Sogni, Gatti Pazzi, Spinoza, FEDOR DOSTOEVSKIJ, ITALIA, New York, FEDERICO FELLINI, Poesie di Natale

venerdì 30 marzo 2012

UN MONDO MIGLIORE

Tra un mondo migliore e un mondo peggiore credo che pochi avrebbero dubbi su che scegliere. Ma narrano i più che i peggioratori sono in netta maggioranza sui miglioratori, e io penso che abbiano pure ragione. Il meglio infatti ci appare perlopiù straniero e questo qualcosa vuol pure significare. Raccontano in giro che ci sia  un pesce gigantesco che voglia inghiottire tutta la nave con noi tutti presenti pure dentro, l'unica è ubriacare il pesce con il nostro vino migliore, ma non credo che il trucco possa riuscire poi molto. Raccontano poi che ci sia pure un ragno gigantesco tra la Luna e Marte e che voglia irretire nella sua titanica tela tutti i paesi poveri del mondo per succhiargli tutto il poco sangue che ormai resta loro. Ma queste sono solo voci incontrollate e incontrollabili.
   Che ci sia in giro però una nave carica di menzogne e che su quella nave siamo imbarcati proprio noi tutti penso che sia una cosa vera. Ma penso pure che invece di dare tutto il nostro vino a quel pesce mostruoso che ci vuole mangiare tutti, compreso la nostra stessa nave piena di menzogne, sia invece opportuno fare in modo che ci sia una bottiglia del nostro vino buono sulla tavola di tutti, credo che il nostro mondo solo per questo migliorerebbe di molto. Un bicchiere di vino tra amici e compatrioti migliora davvero di botto tutte le cose in questione sul tavolo.
   Poi stranamente mi chiedo, son domande strampalate di un poeta strampalato, lo ammetto: ma perchè la politica è tetra, sempre seria, arrabbiata?
   Perchè non dà e non vuole dare mai niente.
Nemmeno un bel bicchiere di vino buono a tutti, e quando dico tutti, dico proprio tutti.
Beh, per intanto, ALLA SALUTE, FRATELLI, e alla malora tutti quelli che ci vogliono male.
GD ANGELILLO
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giovedì 29 marzo 2012

IL VERO SEGRETO DELL'ANIMA

Anima,
il mondo che non appassiona nessuno,
comunque con tutti
alla ricerca della calunnia
che l'affossi,
ma il sentimento è forte
e vince tutte le pietre
che gli  possono buttare contro.
La musica dell'essere
è invisibile agli infangatori.
GD ANGELILLO
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LA FORZA CHE DALLA LONTANA RADICE INNALZA IL PIEDE

Giuseppe D'Ambrosio nel 1979, sul Monte Stella di Milano
L'ho tenuta sempre alla mia portata Milano
dall'alto di un monte di macerie
di una guerra mondiale lontana negli anni
che gli inglesi e gli americani piantarono
a radici di rose future
che arrivarono, non arrivarono,
si fecero semplicemente vedere,
ma a febbri feroci di giovinezze
siamo andati lo stesso avanti,
a discorsi di fontane di utopie
a romanzi di Dostoevskij
a risate di Bukowski,
pescando nello stagno dei nostri tempi
andati a male
con la corda dell'aspirante suicida
e la bacchetta del tiranno fallito.
Sincero fino all'affanno di 4 maratone
mi son dato poi al libro di cera,
quel libro che vola con ali di angelo
ma che con troppo sole in testa
se ne precipita
in un golfo di solitudine.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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LA' IN QUELLA NAVE

giuseppe d'ambrosio angelillo nel 1987
Là in quella nave appesa al muro
navigava la mia primavera
con il cielo addobbato a temporali
e uccelli addestrati per tutte le tempeste.
Con l'estate che costeggiava tutto l'anno
lungo le rive dei libri del sole,
dove pure io cantavo
il mio astuto passo di gatto.
Ora che i miei orologi
li ho tutti scassati
il mondo mi racconta
che il tempo scandisce sempre
lo stesso calendario.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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IL CANTO DEL GALLO

Il Gallo Italiano by Soldato Rock
La ciurma del galeone italiano è tutta ubriaca
a festeggiare con le prostitute straniere
in sala pranzo.
Il traffico notturno aumenta,
quello diurno è a tariffa contenuta.
Il carosello è sempre sui nuovi arrivi
della prostituzione internazionale.
L'Italia è un bordello che ha fama
di essere una gran cattedrale,
le cupole costruite
dai più grandi artisti di tutti i tempi.
L'uomo è così stupido a volte
anche se finemente superintelligente.
La complessità non sarà mai così potente
come lo è la semplicità,
quantunque ne raccontino i parrucconi.
Tutto questo fango per le strade
non porterà niente di buono.
Uomini e schiavi.
Schiavi più che uomini.
Le bobine dei film venduti
non danno farina ai bambini che vengono su.
Tornare indietro con il tempo non si può,
o si può in una maniera impressionante.
Un medioevo è alle porte,
e non sarà un miracolo,
come stranamente starnazzano i tacchini
dei padroni dei supermercati.
Ad alta voce pure a Bologna
un giorno bruceranno
tutti i bei tetti rossi,
la complessità dell'oro
non arginerà tutti questi fiumi di fango.
Ci vuole il lavoro di uomini liberi
non il delirio di una ciurma ubriaca
che vaga sempre in periferia
alla ricerca delle solite prostitute straniere.
Il generale della dignità
ha da condurre la sua campagna d'inverno.
La furia futura della Natura
non sarà una danza innocua
da mandare in onda sulla televisione.
Le fiamme di tutte le fabbriche fallite
sveglierà altri spiriti
che i centurioni ubriachi
dei truffatori anonimi delle banche.
La cattedrale italiana tremerà
e dal bordello scapperanno molti clienti
e tutte le meretrici.
Si farà avanti anche la voce della semplicità
con il canto del gallo
della vecchia cara Francia.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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mercoledì 28 marzo 2012

IL LATTE DELLA BOTTEGA filastrocca contadina

Dov'è il latte?
Alla bottega.
Chi ha dato il latte alla bottega?
La vacca.
Chi ha dato da mangiare alla vacca
che ha dato il latte alla bottega?
Il contadino che le ha dato il fieno.
Chi ha dato il fieno al contadino
che ha dato da mangiare alla vacca
che ha dato il latte alla bottega?
La campagna.
Chi ha dato il fieno alla campagna
che il contadino ha preso per dar da mangiare
alla vacca
che ha dato il latte alla bottega?
Il sole.
Chi ha acceso il sole che ha dato il fieno
alla campagna che il contadino
ha dato da mangiare alla vacca
che ha dato il latte alla bottega?
Il bambino che ha bevuto il latte.
Chi ha dato il latte al bambino
che ha acceso il sole?
La sua mamma.
E alla mamma chi ha dato il latte che il bambino ha bevuto che aveva acceso il sole che ha dato il fieno alla campagna che il contadino ha dato alla vacca che ha dato il latte alla bottega?
La bottegaia.
E alla bottegaia chi ha dato il latte che la mamma ha dato al bambino che ha acceso il sole che ha dato il fieno alla campagna che il contadino ha dato alla vacca che ha dato il latte alla bottegaia che poi l'ha dato alla mamma del bambino  che ha acceso il sole che ha dato il fieno alla campagna che il contadino ha dato alla vacca che ha dato il latte alla bottegaia che l'ha dato alla mamma che poi l'ha dato al bambino che ha acceso il sole che...
INSOMMA, BAMBINI, TUTTI DANNO QUALCOSA A QUALCUNO
ALTRIMENTI IL BAMBINO
NON BEVE IL LATTE
E NEMMENO C'E' NESSUNO CHE ACCENDE IL SOLE!!!
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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TUTTI I MATTI DEL MONDO (NARCISO)

Ride la follia dell'anima
sugli assurdi numeri
di tutti i matti del mondo,
ci vuol poco a venerare il balcone fuori posto,
si acchiappa un'idea
e si brucia nello specchio
del nostro stesso Narciso.
Barca di nessuno
in viaggio verso i lumi di tutti i piaceri,
ma la strada è infernale
e i nostri occhi prigionieri
di ottuse visioni.
Sembriamo don Chisciotte
ma il nostro spadone ce lo siamo venduti
proprio al mulino che volevamo combattere.
E dopotutto pur così pieni di noi stessi,
ci siamo scordati cosa stiamo bevendo
e perchè questo io è così amaro.
gd angelillo
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IL PAGLIACCIO E IL POETA

Pagliaccio matto di luna,
con pensieri a castello
e menzogne regine di canzoni,
cerchi la gloria
per donarla chissà a chi.
Certo non a te stesso
perchè ti puzzano i piedi un bel pò,
discepolo assurdo di una dormita
che non finisce più,
stringi il nulla nelle tue mani
e invece ti figuri chissà perchè
una messe sterminata di bellissime donne.
Ne conosco un altro come te,
abbastanza silenzioso,
forte di carattere come te pure,
si culla di desideri
e annega nel mare della sua nera solitudine:
il poeta.
Ma tu vuoi far ridere tutti
e invece li fai piangere,
lui al contrario vuol far piangere tutti
e invece li fa ridere.
Dovreste diventar compagni
e andare sempre in coppia,
così finalmente la gente piangerà e riderà
per la stessa cosa,
che poi a rigor di logica
siam proprio tutti.
GD ANGELILLO
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LA SCUOLA DEI SOGNI

La tua scuola ingaggiava la fantasia del tempo
come un patriota dei popoli
e chiedeva la vittoria del sogno.
Ma l'amore era corto
e carico di menzogne
inarcato di colpe
dovute ai vicoli oscuri della storia.
Musica contemporanea
giù parecchio di morale
perchè i giganti son nanerottoli
e i giovani vecchi di secoli
fin nelle scarpe.
La montagna vuole partorire
ma il topo gli piace la radice
e non ne vuole proprio sapere
di venire alla luce.
E ormai non si trova più nessuno
con cui discutere di sete.
gd angelillo

TUTTI ARTISTI GLI ITALIANI

Ci si perde sempre per amore
come calamari finiti per sbaglio
in un camino acceso
di inganni ardenti.
Foreste di discorsi
che portano sempre al nulla
della nostra stessa faccia.
Stranieri furiosi
pieni di mille e una notte da scordare
in fretta,
almeno finchè il mare dei muri
con la sua infinita pazienza
ci spazzerà via
con la nostra inutile arroganza
di voler essere a tutti i costi felici.
Ma chi ci crediamo mai di essere?
Italiani forse?
GD ANGELILLO
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LA STORIA PIU' O MENO E' QUESTA

Ti sei messa Parigi in una tasca
per illudermi una sera
con una folla di giorni felici.
Te ne andasti sul presto
nella tua macchina cretina
piena di feste fallite,
paurosa come al solito,
spaccata di malamore.
Io raccolsi la tua barzelletta
e ne feci una figurina
della mia raccolta di giochi ingrippati,
tu già rombavi a mille
di fuori
sulle strade della tua finta Parigi,
con i telefoni rotti
dei tuoi sogni instupiditi.
GD ANGELILLO
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PRESA IN UN GIORNO DI PRIMAVERA

Eri un fiore
perso nella primavera libera
e ti prese un amore
che ti portò nel giorno
del sogno di un cuore.
Che ci facevi per strada
se a farti prendere
non avevi alternative?
gd angelillo
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MILLE PASSI IN AVANTI

Siete innamorati,
siete ragazzi,
siete i padroni di miliardi di giorni a venire.
Sguainate, per Eracle,
il vostro primo racconto furioso
sul muso di questa maledetta città
che già sprofonda nel nulla.
GD ANGELILLO
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CHI VIVE DI NOTTE


Gli uomini vivono di giorno
e non sanno niente dei sonnabuli
che si ammazzano di notte
a sparatorie di birre
a sputi di vento
a tacchi a spillo di battone
conficcati nel cuore,
vanità del mondo
riempita di terra e di fumo.
Chi tira a campare
non sa niente di rampamento sociale,
ruba lo zucchero alla bottega
e scoppia a ridere,
suona la chitarra
ma non conosce la musica,
lavora di notte
con la sua vita a mezza cottura,
ruba il coperchio al pentolone
e si scopre nudo come un verme.
G.D'AMBROSIO ANGELILLO


LA RICCHEZZA PIU' GRANDE DEL MONDO

Il pregio di un amore è inventare un romanzo,
il pregio di un amore
è inventarsi la stessa vita.
E' l'amore
che ci abbraccia a noi stessi
e non ci fa perdere,
è sempre lui che con strana alchimia
prende la nostra povertà
e la trasforma nella ricchezza
più grande del mondo.
E' lui che ci morde una mano
e se la mangia,
creando un'utopia
con un solo giro della sua sfera perfetta,
immagine di tutto il cosmo:
io e te nella stessa storia.
GD ANGELILLO
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domenica 25 marzo 2012

ONLY ROCK (a Giulia Salvi)

A navigare di voce lungo utopici cieli
così meravigliata di spiegare canzoni
che vincono corse persino con i venti,
così alta da poggiarti sicura sulle nuvole
di qualsiasi direzione.
Tu vinci in amore
e sei di quelle che sanno chiamare per nome
l'alba bella.
Salti il marasma
e vivi nel giardino celeste della musica,
cara amica di tutte le anime,
bellezza perfetta,
onda vergine che feconda ogni deserto.
GD ANGELILLO

GLI ANTICHI ROMANI DEL PORTO DI OSTIA

I giorni sono vinti dalle spese
dimenticate alle casse
come i soldi sui quaderni mai venduti,
salvo le corse avventurose
che ti riportano indietro
a quell'unico sorriso in un mondo folle
di commerci freddi e simili agli inferi
che ti aspetta anche oltre l'orario di chiusura
e la guardia verde che ti saluta e ti apre
perchè finalmente ha capito dopo anni
che tu oltre l'aspetto luciferino
sei in fondo un uomo buono.
E questi discorsi di filosofia
che non capisce nessuno
e gli sbadigli di chi dovrebbe volerti bene
e invece grida di contentezza
davanti allo sbirro
di guardia come un fesso a una morta.
Passi antichi di sogni sempre giovani
che alla fine ti portano a un sonno
pesante di secoli
e di incomprensibili derisioni.
E' dura guardare il mondo
mentre in cielo gli dèi banchettano felici
in compagnia di tutti i felici traditori.
GD ANGELILLO
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sabato 24 marzo 2012

PRATICA E GRAMMATICA

Pratica e grammatica,
si sa come si comincia
ma non si sa come si finisce.
Ma quando non c'è niente
per forza di cose
deve crescere la volontà.
GD ANGELILLO
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CHI BENE VUOLE SEMINARE

Chi bene vuole seminare
a passo svelto deve camminare,
chi bene vuole seminare
a mano larga deve saper dare,
chi bene vuole seminare
va di buon'ora
come se andasse dalla sua innamorata.
GD ANGELILLO
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VOLONTA' DI ZAPPATORI

Zappa col brutto
zappa col buono,
la terra ci fa maturare tutti.
I paesani buoni
sono buoni contadini
in qualunque campo
e con qualsiasi avemaria.
La terra vuole essere lavorata comunque.
GD ANGELILLO
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LA TERRA DICE

Fà un buon raccolto
chi caccia giù profondo la vanga.
Ma il loffio si mangia pure
le poche pecore rimaste.
E quando il sole se ne va a tramontare
l'asino è proprio lì che s'impunta.
E un pò corre la lepre
e un pò corre il cane.
Alla fine di tutto la terra dice:
"Niente mi fai?
E allora niente ti darò".
GD ANGELILLO
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giovedì 22 marzo 2012

LA BELLA MUSICISTA

Uno sguardo di velluto
come se toccasse le sette corde
della pace del cuore.
L'amore ormai è una strana melodia
che raramente trova
per farsi suonare
la giusta bella musicista.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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L'OBLO'

Oggi mi è venuto un ladro in casa,
mi aveva già rubato e così ero tranquillo,
giorni fa avevo pure pensato di spaccarlo,
ma poi ci ho ripensato
e mi son detto che
l'odio è perfino troppo pesante
solo a pensarsi,
e così mi sono concentrato
sulla grande saggezza
di un'anima
che se ne frega davvero persino di farsi rubare.
"Stavo andando in crisi",
gli ho detto lasciando volutamente nel vago
l'intero argomento.
Lui ha trafficato con i suoi aggeggi di ladro
e aveva paura che io gli attaccassi
una scarica di corrente addosso,
ma io lo guardavo
e tutte le cose erano uguali per me.
"Devo rubarti un'altri 80 euri, mi ha detto, l'oblò della tua cuccetta non funziona".
"Ma va', gli ho detto io,
è l'intera nave che mi son deciso
di comprare nuova,
sai che mi frega a me dell'oblò".
L'ho spiazzato di brutto.
"Ah, se è così,
vai dal mio principale con la mia parola
che ti fa risparmiare forte
su un brigantino di linea
appena varato nel porto di Venezia".
"Non mancherò", gli ho detto io,
e figuriamoci se l'ascoltavo anche di striscio.
"Fai aggiustare l'oblò,
è un vero peccato se mandi in disarmo
questa tua nave mica così tanto vecchia".
Ha raccattato il suo giubbetto di laido
ed è sparito nell'ascensore del ponte.
Andato via lui
ho provato l'oblò
e funzionava benissimo.
Era proprio un ladro la bestia
e già lo sapevo d'avanzo.
Ma la mia nave funziona benissimo
e io per fortuna non sono diventato
per niente un assassino.
Il bello era che io avevo già deciso
di cambiare nave
e per me sarebbe stato tutto perfettamente
uguale,
perchè un cuore che non odia
si trova bene dappertutto
possa mai andare a finire.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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IO, POETA ASSUNTO DA ME STESSO

Io,
poeta assunto da me stesso
per provata incapacità di vincere,
per inutilità di trama,
senza piedi di caprone di demonio
ma con un mare di identità di volatore
per confondere i traditori.
Portato al lamento
ma pure alla Speranza,
un cuore illuso
e un passaporto per l'inferno.
Una esistenza abusiva
e una rosa dichiarata
all'ufficio della bellezza del comune di Milano.
Malandrino dal sasso facile
ma pure con la carezza pronta.
Senza fama, senza Dio, senza domani,
ricco di fantasia
ma poverissimo di soldi.
Pieno di santi e di visioni,
senza debiti e senza crediti,
libero come un gatto randagio
e fiero come un monello abbandonato.
Con il carro dei miei libri
sempre affacciato al mio balcone di guai.
Sono solo un poeta sconosciuto
maniaco di autobiografie.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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L'INCUBO DEL PIANO PIU' ALTO di gd angelillo

"Che tempi sono?"
          "Che tempi vuoi che siano...
           E' la vita.
            Sono tutti i tempi compressi in questo.
           Caro mio.
Che credi?
     Non si può certo saper tutto.
Sono i tempi della vita.
I tempi del guadagno
e i tempi della perdita.
I tempi dell'amore
e i tempi dell'ignoranza.
I tempi della vita.
Giorni, mesi, anni, secoli...
Che tempi vuoi che siano?
I tempi sono i tempi.
Belli o brutti passano tutti...
Se non sai cos'è la vita
come mai vuoi pretendere
di sapere cosa siano i tempi?
I tempi sono i tempi...
O belli o brutti son sempre belli lo stesso...
se almeno, anche se abiti in una catapecchia,
sai cos'è la vita
e cos'è l'amore.
I soldi, i grattacieli, le banche?
Lasciali perdere,
son bambini viziati
che giocano con i loro giocattoli cretini,
non sanno niente dei tempi
nemmeno loro,
non sanno che belli o brutti
i tempi son destinati a passare tutti,
ma se non sai cos'è la vita
e cos'è l'amore
mi sa che anche i tempi belli
se ne diventano schifosamente brutti...
E allora anche se abiti
in cima a un grattacielo
a che ti serve
se non sai nemmeno che giorno è?"
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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QUI E' ARRIVATA PRIMAVERA di gd angelillo

Qui è arrivata primavera
e i contadini navigano
come nuvole brillanti pure loro
lungo i costoni di quest'anno
che ha deciso finalmente di sorridere.
Gli alberi,
i vermi,
i canti degli uccelli
fanno i maestri dei nuovi colori
e rimettono in moto gli orologi del sole,
tenuti quasi fermi per tutto l'inverno.
Anch'io dico qualcosa
e le mie povere parole
si mettono in moto pure loro
con questo mondo,
che dalle nostre parti
e checchè ne dicano gli altri,
si va mettendo decisamente al meglio.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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mercoledì 21 marzo 2012

IL 21 MARZO DI ALDA MERINI

Un arcobaleno per macchina da scrivere,
il cielo della gioventù per carta carbone,
una vita d'amore per libro.
Alda,
il primo giorno di primavera
benedetto  dalle tue rondini appena arrivate
tutta l'Italia mangia ancora
dal piatto colorato
delle tue dolci preghiere.
G.D. ANGELILLO
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LA SPECIALE ARTE DEL MIO AMICO FRANZ KAFKA di gd angelillo

L'Arte di ricordare i sogni di una vita
è un buttare nel cassone tutti i libri scaduti
della mente
che alla luce del giorno
del primo verde della primavera
per fame o per orgoglio
si ficca in un mestiere
tanto per essere buttato via un giorno a caso...
                 insuperbirsi
                 e vendere panico,
la radio poi spaccia un pò tutte le cose
                 Ma i SOGNI
                  TEATRI DI LUNA...
                  senza biglietto
                  e senza salario
mentre il sole si scalda a scrivere
una canzone di nome vita
per gli amanti di tutte le specie
fiori
e secoli...
uccelli
e anime
                   PAGARE IL CENTESIMO
                    DI DEBITO
                    ALLA BANCA DI TUTTI GLI OSPIZI...
mentre il mio amico Franz Kafka
è all'ospedale di Siena
che aspetta di essere operato all'ernia...
"Fammi dire una preghiera da Alda Merini",
mi ha detto al telefono stamattina
mentre aspettava l'interrogatorio severo
dell'anestesista...
"Ci proverò", gli ho risposto io
enigmaticamente
perchè come folle o come nulla
ci tengo al mio strambo mestiere
dell'Arte di ricordare i sogni
                      di tutti
le loro pagine
i proverbi
                   le tigri
L'Arte scontrosa di ricordare i sogni
 che lotta
              nel silenzio
            di tutte le notti
anche oggi 21 marzo
          giorno del caprone infuriato
           della bellissima POESIA
di tutti i cuori che ancora incessantemente
                SOGNANO...
e misteriosamente sorridono della levità
e della bellezza di questo nostro inglorioso
esistere...
G.D'AMBROSIO ANGELILLO

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martedì 20 marzo 2012

RACCONTI IRLANDESI SU PESCI ITALIANI di gd angelillo

C'era una rivendita di libri all'aperto e io curiosavo tra i volumi.
Vedo un libro in 2 volumi, con la copertina con su Paperino, e si intitolava: "Racconti irlandesi su pesci italiani". Io lo prendo e curioso a caso tra le sue pagine.
L'ha scritto un professore dell'università e riguarda storie strane degli antichi Romani.
C'è la storia di gruppi di statue che nell'antichità funzionavano proprio come le vignette di oggi.
C'era un messaggio scritto con un gruppo di statue, una tartaruga gigante e un cavaliere in armi. Sotto era scritto: "Buona salute a te, Grappio, e lunga vita".
"Cosa te ne frega della mia salute se sai già che sono per partire alla battaglia", risponde il cavaliere.
La buona salute era rappresentata dalla tartaruga vecchia.
Poi c'era un altro gruppo di statue dove c'erano due gladiatori davanti a due bicchieri di vino all'osteria.
Uno diceva:
"Questo vino è annacquato".
E l'altro risponde:
"Il mio invece è insanguinato".
I gladiatori erano spagnoli.
Poi c'era un poeta e un lettore.
Sempre un gruppo di statue.
Il Poeta dice:
"Le mie poesie non le capisco nemmeno io".
Il lettore risponde:
"Perchè sei troppo bravo".
I gruppi di statue gli antichi Romani li collocavano sempre in piazza.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO

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(racconto tratto dal mio libro: "KAFKA")

MARILYN E DUE MONETE D'ORO DI TRISTEZZA

Marilyn,
due monete d'oro di tristezza
per pagarti ancora due secoli di bellezza.
Poesia infinita sei
che passa come un'amica
sull'aria dimessa di tutte le nostre povere cose,
pezzi di sogno
che sempre inciampano
e si nascondono come se rubassero.
Ma i veri farabutti
sono coloro che si scordano della bellezza...
e trafficano con tutto quasi fossero dèi,
ma due monete d'oro di tristezza
ci bastano un pò a tutti
per vivere ancora due secoli
amandoti sempre,
cara Marilyn...
e la tua interminabile poesia...
GD ANGELILLO
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lunedì 19 marzo 2012

IL FALO' DI SAN GIUSEPPE di gd angelillo

Noi ragazzini di via Pecci a Acquaviva eravamo devoti di San Giuseppe, e già da giorni prima del 19 marzo ce ne andavamo in giro per i magazzini dei contadini del rione a raccogliere i manucchi, le fascine di sarmenti di vigna che di solito servivano ad accendere i fuochi dei camini, dove ancora a quei tempi (parlo della seconda metà degli anni '60) si cucinavano le cene, unico pranzo dei contadini, perchè, a quei tempi, di mezzogiorno si era ancora tutti nei campi a lavorare.
I contadini ce le davano con facilità e entusiasmo queste fascine, perchè erano in onore di un santo che paganamente faceva festeggiare pure la primavera e la fanova, il falò in suo onore, serviva soprattutto per bruciare l'inverno e tutte le sue paturnie, i geli, gli acciacchi e tutte le varie saette.
Da giorni prima preparavamo pure la cima-cima, una intelaiatura di strascedde, di legni di varie grandezze a formare un tabernacolo portatile, abbastanza grande e anche abbastanza leggero. Lo abbellivamo con carte colorate e stelloni, lunghe striscie di carta sempre multicolori. Poi in alto con una pontina appiccicavano una figura di san Giuseppe, e così di pomeriggio, nel giorno del Santo, con tutte le fascine recuperate ne facevamo un mucchio alla meno  peggio, lì davanti alla casa di Caforio, tra via Pecci e via Giulio Cafaro, sommergibilista della prima guerra mondiale, povero, caduto in combattimento in mare, in chissà quale misteriosa circostanza.
E con la cima-cima finalmente improvvisavamo una piccola processione per il rione. Io, Ninuccio Bonaventura, Scoppialimini, Paltainculo (Tascadidietro), Petrosino, Bellezza, Superbone e altri monelli dei dintorni. E ce ne andavamo dicendo in coro:
"Una cosa a san Giuseppe! Una cosa a san Giuseppe!"
Le comari subito si affacciavano sugli usci e si facevano il segno della croce, poi entravano in casa e prendevano la prima cosa che si trovavano sotto mano: pacchi di spaghetti, buste di biscotti, bottiglie di vino, anche bottiglie di olio. Le cioccolate erano particolarmente benvenute. E noi con dei ferri filati appendevamo tutto ai legni del tabernacolo di legno. Tutte queste offerte erano destinate a essere bruciate nel falò come una specie di sacrificio pagano in onore del Santo. Ma, per fortuna c'era un ma, era severamente proibito di impossessarsi di nulla, era peccato grave, tutto apparteneva con sacro vincolo al Santo e a nesun'altro, ma... quando il falò prendeva vigore e le alte fiamme facevano inclinare la cima-cima, allora era permesso dare l'assalto tra le fiamme alle offerte e era possibile arraffare qualcosa, in special modo le cioccolate, molto rare in quei tempi difficili, e allora noi monelli, ma molto devoti, ci buttavamo tra le fiamme, anche a dimostrare parecchio coraggio e perizia a evitare le bruciature, a arraffare qualcosa. Del resto erano solo miseri tentativi, e tranne qualche pacco di pasta, che poi portavamo a casa come un trofeo, non è che riuscissimo, date le vampate e l'alto calore, a prendere granchè.
Dopo che avevamo finito il giro ce ne andavamo al mucchio delle fascine e sistemavamo la cima-cima, bella ricca e tutta addobbata delle offerte tra le più disparate, a un palo fissato in precedenza tra i manucchi e lì lo legavamo con i soliti fili di ferro.
A sera inoltrata finalmente mettevamo fuoco con delle carte accese in più punti alla fanova, e il falò prendeva subito fuoco. Rallentava un pò dopo gli inizi ma poi con gran vigore avvolgeva d'un botto tutte le fascine. Noi aspettavamo con ansia che la cima-cima si inclinasse, anche solo per un pò, ma ce ne voleva sempre  parecchio di tempo, interminabile per noi. Poi d'improvviso il palo cedeva e la cima-cima cadeva nelle fiamme, allora noi lesti partivamo all'attacco, sotto le grida allarmate delle donne.
"Attenti che vi bruciate, matti che non siete altro!"
La maggior parte di noi faceva solo il gesto di avventurarsi tra le fiamme, ma poi mogio subito recedeva. Solo qualcuno di noi riusciva a prendere qualcosa, e davvero i più matti e i più coraggiosi. Io solo una volta riuscii a prendere un mezzo pacco di maccheroni, bruciandomi una manica di maglia, ma poi i maccheroni caddero tutti a terra e là rimasero, tra i carboni ardenti e le pietre, messe sotto il falò per non rovinare la strada.
Le fiamme poi, con la stessa velocità con cui avevano preso potere poi lo perdevano, e alla fine non rimanevano d'un botto che rade fiammelle che bruciavano i resti dei bordi del falò che ormai andava spegnendosi.
Alla fine arrivavano le comari con le fraciere, i bracieri dei contadini, a raccattare i carboni ancora accesi delle fascine ormai bruciate del tutto.
Qualcuno rideva, qualcuno si rattristava a quello spettacolo del falò spento, qualcuno recitava delle brevi preghiere.
Qualcuno immancabilmente diceva:
"Cchiù maggior agguan'civene"
("Che sia meglio l'anno che viene")
E con questo simbolicamente si bruciava un altro inverno, e mestamente si ritornava tutti a casa, chi con un pezzo di biscotto bruciato, chi con qualche secchio pieno di carboni ardenti.
Comunque noi monelli eravamo gli ultimi a lasciare il campo. Ci era costata così tanta fatica quel falò di san Giuseppe che quasi non credevamo ai nostri occhi che tutto fosse finito in cenere, e che tutti eravamo rimasti praticamente a mani vuote, e solo per tener fede alle promesse e ai voti che noi stessi ci eravamo imposti e che la tradizione popolare ci aveva insegnato.
Ma questo comunque lo avremmo imparato meglio, ognuno di noi, nel prosieguo sgangherato delle nostre vite all'avventura ma sempre fieramente e nella sostanza parecchio leali...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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domenica 18 marzo 2012

LA MAGIA DEL ROMANZO

La magia del romanzo poggia essenzialmente sul fatto che un singolo autore riesce come per potere soprannaturale a creare dal nulla tutto un intero mondo. Un mondo dove vanno a riversarsi i ricordi, che narrati diventano inspiegabilmente precisi e circostanziati, i sogni, che anche questi narrati diventano anche loro inspiegabilmente come se fossero per davvero vissuti. E poi il presente, che, narrato, va a cristallizzarsi anche lui inspiegabilmente come qualcosa di perenne. Il romanzo unifica sogno e realtà e fa, come in una porta girevole, andare l'uno e l'altro da una dimensione all'altra, il sogno nella realtà e la realtà nel sogno, in un andirivieni vorticoso che può dare le vertigini solo a chi non è abituato alle cose stesse della vita.
Il romanzo cerca il senso di una vita e anche se non lo trova inspiegabilmente si accontenta di almeno cercarlo, e gli viene l'incredibile dubbio che proprio quello è il vero senso della vita di ognuno: questo folle cercarsi e non trovarsi, intuendo però misteriosamente che ciò che così furiosamente cerchiamo è già da bel fracco di tempo nelle nostre stesse mani.
Il romanzo insomma cerca sempre un inesprimibile che non si trova mai, ma nel frattempo trova un sacco di altre cose, in primo luogo un se stesso che cerca e che stranamente non si dà mai per vinto.
E se non si dà per vinto una certa qual vittoria segretamente lo soddisfa.
Il romanzo insomma spiega un mondo inspiegabile appunto non spiegandolo ma semplicemente raccontandolo.
Ecco proprio qui volevo arrivare: il romanzo è lui stesso il senso del mondo e quindi non ha bisogno in definitiva di cercare alcunchè.
Il mio romanzo personale per ora si intitola: "BETTY PAGE", PSICOROMANZO DI UN FOLLE.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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