regala Libri Acquaviva

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mercoledì 31 ottobre 2012

BETTY BOOP (a Vincenzo Mollica)

Betty Boop di ceramica, altissima, nella vetrina di un negozio di Milano
In vetrina a reggere
gli sguardi allucinati
dei passanti,
le burle dei balordi,
le bestemmie incompresibili degli ubriachi,
mentre il freddo li scarrozza via
e la città nemmeno se li ricorda.
Io son qui,
e me ne rimango
a pensare a te
che, ahimè,
nemmeno tu sai chi sono
e che ero una volta.
La matita che mi faceva vivere
tanto tempo fa
non la usa più nessuno,
sarà pesante ormai l'arte
e i dadi che buttano per gioco
chi non ci ha più niente da amare...
giuseppe d'ambrosio angelillo

martedì 30 ottobre 2012

DIALOGO DOSTOEVSKIJANO TRA UN NICHILISTA E UN CAPITANO D'INDUSTRIA ASCOLTATO PER CASO PER STRADA A MILANO

    "Alla spartogna, all'inganno, alla frode. Cari balordi miei, li leggete i giornali? Le vedete le televisioni? V'arrivano pure a voi i telegrammi sconci delle radio? Signori, qui l'enciclopedia del progresso si sta liquefacendo in un pantano di fango. Non so se mi spiego. Se non mi spiego abbastanza andate avanti voi, che non vedete a quattro palmi del vostro naso. Costruiscono fabbriche per mandare alla camera a gas intere città, promuovono la scienza politica per ingobbarsi a uffa il conticino fuori controllo dello stato, lo scheletro della facoltà di medicina dell'università se lo stanno spolpando da tempo una bella torma di cani. Della nostra pelle stanno facendo davvero la poltrona del satanasso imperatore di turno, non temono ritorsioni, l'inno della nazionale di calcio l'hanno blindato apposta. Non so se mi spego, altrimenti sgobbatevi voi la notte l'oracolo del telegiornale notturno. Signori, perfino una pietra della massicciata del binario fra poco sarà in grado di far fuori il treno della nazione. L'Italia l'hanno fatta gli artisti, non i bizantinismi di questi scapocchiati. Ormai si son venduti il nostro pellame alle ditte dei divani e le nostre ossa alle fabbriche del cibo per gatti. Siamo seri e diciamo la verità: la nostra eredità è ora il nulla. Sulle nostre fronti qualcuno ha marchiato a fuoco la scritta dei reietti: senza scampo. Ecco la questione!"
     "Sicchè anche essendo un emerito poveraccio osate parlare di eredità, proprietà, addirittura di divani. Ma se non vi potete permettere nemmeno una sedia scalcagnata. Ma fatemi il favore! Voi volete pubblicare le vostre estrazioni catastali universali e invece non stampate che stronze poesie. Vergognatevi almeno!"
    "E anche se fosse! Ebbene? Dove ti porta il tuo lungimirante discorso? La poesia per me è un destino, te non sai scrivere nemmeno la voce della carta igienica nell'elenco della spesa. I miei sono versacci, l'ammetto e ve lo condono. Ma la benzina non m'è ancora finita. Non ho scritto che una sola romanza: la mia fierezza di essere un uomo libero. Non sono Gogol, ma voi non siete nemmeno i liberali che fecero la rivoluzione in Perù".
    "Ma che rivoluzione!?"
    "Anche i pidocchi si son messi a fondare partiti oggigiorno e certo la legge non glielo vieta, ma non è vietata nemmeno l'imaginazione dell'artista che vede una bella Italia anche dove gli altri vedono la terra di Sodoma".
    "Visionario!"
    "Fantaccino!" 
    "Vattene a casa, clandestino!"
    "Io sogno Dante!"
    "Ecco:  buon viaggio all'inferno allora, caro pezzente!"
    "Grazie, e se permetti proseguirò il viaggio fino all'utopia del paradiso che è già qui... nel mio cuore".
    "Pazzo!"
    "Sia pure, ma son me stesso".
    "E io no, idiota?"
    "Te squallidamente sei solo quello che possiedi, null'altro".
    "Mentecatto esaltato. E senza soldi che si vale a questo mondo?"
    "E proprio quelli stanno per finire a tutti quanti, e allora vedremo chi meglio ballerà il gran ballo degli orsi".
    "Nichilista"
    "Il cuore è se stesso, e non fa mai il babbeo come il gran ladrone, in special modo quando è preso con le mani nel sacco".
    "Che volete dire? M'accusate ora di qualcosa?"
     ...
giuseppe d'ambrosio angelillo

(30 OTTOBRE 1821, oggi il 191° anniversario della nascita di Dostoevskij)
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lunedì 29 ottobre 2012

FUOCHI FATUI

Accendono fuochi nelle loro valige
per dimenticare peccati e ricordi,
e nella stanza non rimane
che un acre odore di solitudine,
con un piede all'inferno
e l'altro nel buco sul pavimento.
g. d'ambrosio angelillo 

venerdì 26 ottobre 2012

IN QUESTO CORSO DI NAVIGLIO DI MILANO (appunto autobiografico)

    in questo corso di naviglio di Milano un giorno piantai la tenda dei miei trucchi di giocoliere di parole, quasi un nascondiglio per me, dalla parte del muro nebbioso, dove i malandrini venivano giù dalle montagne degli orsi, e pesci ce n'erano sempre a darsi tra le urla dei litigi ai ladri di tutte le specie.
    qui, in case sempre con le porte aperte per troppa povertà mi son ripreso la mia parte nella vita, sempre però in un freddo boia, a tremare con la coperta addosso, con una tosse che non mi abbandonava mai, il forno a gas sempre acceso che manco la stufa avevo, e mi riscaldavo a mio rischio e pericolo. queste case sempre riscaldate a caffè forte e a vino da quattro soldi, dietro tende di cartone, con le nuvole di pioggia appiccicate proprio dietro la porta, a pensare alla terra dei sogni, appena intravista dalle parti del Duomo a furia di guardare in su alla Madonnina, che ci proteggesse anche a noi terroni, caso mai gli uomini non ne volevano proprio sapere.
    perchè anche Milano è fondata sull'acqua come Venezia e il mio paese, e non c'è nessuno che fa il padrone delle rotte di noi navi alla deriva in questo porto di anime sempre senza cappotto. gente povera che ci siamo sempre aiutati tra di noi per poter alla fine della fiera ridere più forte di questi cummenda e ricconi che non capiscono mai una mazza di cosa sia veramente l'orgoglio e l'onore di essere a questo mondo.
    pantaloni stinti, maglie nere con buchi bianchi, e il sentimento appeso al soffitto per fare un pò di luce, e così si alzava la mano e anche al buio più ghiacciato si trovava a tastoni la lampadina dell'amore e così si faceva un pò di calore anche per noi, nati sfortunati di soldi ma ricchi di vita...
giuseppe d'ambrosio angelillo
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giovedì 25 ottobre 2012

MARILYN IN NERO

Seduzione da metafisica berlinese,
il nero del mistero irrisolto,
un abito notturno
per scivolare salvi
per questo mondo di matti.
giuseppe d'ambrosio angelillo

MARILYN COME MARLENE

Una laviosa malandrina che spende tutto quello che può, generosa a mostrarsi, e mai discinta, raccoglie povertà e sparge ricchezza. Canta comunque affinchè tutti la capiscano, e il sogno ammorbidisce il duro cilindro a vapore della vita, e queste febbri da farmacie chiuse. Tutti allora l'accontentano, tutti allora la scontentano. E il mito se n'è diventato ciclopico. Deborda dall'America fino alla campagna siciliana. Abiti da fiaba che scardinano i pilastri di granito delle varie prigioni, sciolgono le verdi pillole contro le visioni di un mondo migliore. Sigarette fumate sotto la pioggia, in piena guerra, per il suo paese di favole. Il tempo dilatato, esplosioni di desiderio, e la fantasia al galoppo per le pianure irregolari delle nostre anime sospirose. Pura bellezza a volare nel vento delle quattro direzioni, e le menzogne messe da parte, la cenere del giorno dimenticata. Una notte d'amore la sola a parlare. Il mondo è un'invenzione fatta apposta per essere felici. E noi per fortuna siamo qui.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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lunedì 22 ottobre 2012

ASSALTO AL TRENO DELLA TENTATA FORTUNA


Favellami la storia delle nostre mille moine,
quando da sempre scarrettavamo sui treni
con quelle valigie tutte infagottate di lacrime
e roba così ridicola che così tanti ci prendevano
per matti e anche più in là,
tipo corvi che battevano la strada dei cuori
per prendersi un pò di vino in curva,
quando si puntavano gli sguardi
sui nuovi orizzonti.
Favellami, miserabile,
di tutti quei nostri viaggi in treno
dove abbiamo passato la maggior parte
delle nostre deboli vite,
a rosicchiare pane e formaggio
come topi di campagna troppo furbi
da restare a zappare la terra.
Contami, bello,
di quando tornavamo ad Acquaviva
e il tavolo del comune
era sempre vuoto per noi
e tutti quei panciuti professori
che ci ridacchiavano dietro
per la nostra pocaggine.
E raspando voglie inesistenti
ci dicevano che la vita dopotutto
bisogna pur passarla da qualche parte,
in qualche dove bisognava pur
tirarla la notte.
E noi la passavamo in treno ancora una volta,
a tornare all'esilio dei nostri barattoli vuoti
e delle nostre facce stravolte.
giuseppe d'ambrosio angelillo

PALAZZI DI MILANO

Viviamo in questi palazzi,
parliamo in questi palazzi,
amiamo in questi palazzi.
In questi palazzi dove crediamo molte volte
di essere liberi,
in questi palazzi dove resistiamo,
e magari ce ne stiamo andando
semplicemente in rovina.
In questo caos di palazzi
dove siamo diventati tutti
così umilati e offesi.
In questi palazzi dove ci hanno ingabbiato
come galline ovaiole,
dalle uova sempre più piccole
e giallastre,
quasi del tutto inconsistenti
anche per farci una frittata
di quarta categoria.
In questi palazzi dove a fatica
ci siamo conquistati il nostro buco di topo,
non più grosso di una valigia.
In questi palazzi dove troviamo rifugio
come vespe infreddolite,
pronti a pungere qualcuno
appena osa attraversarci la strada.
In questi palazzi maledetti
che si sono mangiati anno dopo anno
tutta l'incredibile bellezza di Milano,
senza che nemmeno gli ubriachi nei bar
ci potessero mai fare niente.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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sabato 20 ottobre 2012

IL BACCALA' FRITTO racconto contadino

    Kolia Bizzirr andò nell'osteria di Bellini a mangiarsi un pezzo di baccalà fritto. A un certo punto si china sul pesce e si mette a parlare con lui:
   - Come va, amico? Che mi racconti? Da quanto tempo sei qui in  paese? - dice.
    L'oste e con lui gli altri contadini si misero a fissarlo con gli occhi sgranati, credendolo, con giusta causa, improvvisamente impazzito.
    - Che t'ha detto il baccalà? - gli chiede stranito Bellini.
    - Dice che questa è la terza volta che l'hai fritto e che non è mica una cosa giusta, e io son d'accordo con lui, quindi o tratti bene i baccalà o io in questa osteria non ci metterò più piede. - disse Kolia Bizzirr, tutto serio.
    Intorno a lui tutti i contadini scoppiarono a ridere.
giuseppe d'ambrosio angelillo
contadini e squattrinati, acquaviva 2012
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giovedì 18 ottobre 2012

L'AMORE E' UNA SIGARETTA FUMATA PER FOLLIA

l'amore è una sigaretta fumata per follia,
lasciandoci poi
in una nuvola di fumo,
in una puzza di bruciato che passa con fatica,
con un giallore sulle dita e negli occhi
che ci riporta in un uovo rotto,
dove la mente fa la funambola
sulle corde tese di assurdi discorsi.
ma la lingua è rovente,
il miglior vocabolario perduto per sempre.
la speranza si macina da sola
tra le foglie che cadono
in autunno,
come una controversa biografia della solitudine
che se ne va a fuoco
senza fiamme.
giuseppe d'ambrosio angelillo

UNA PALLIDA POESIA D'AMORE CHE MAI PASSA DI MODA

è sempre aperta quella famosa poesia
che dice sempre amore,
è un vecchio testo
che non passa mai di moda.
l'ha scritta una bellissima donna
più di sei secoli fa,
in un altro pianeta,
nel retrobottega oscuro
della fantasia di un regista
ora proibito dai codici barbarici.
ora si vola nella galassia del sesso,
senza radici, senza rose,
senza nemmeno sapere più
cos'è il pallido chiarore della luna.
giuseppe d'ambrosio angelillo

L'INQUIETA BELLEZZA DI UNA CESTA DI MELE

quanti romanzi ci sono
nell'inquieta mobilità dell'occhio
che addenta una mela 
e intende una cesta.
è l'amore, non c'è che dire,
che muove tutte le cose,
anche le ruote dei fruttivendoli
che attaccano il cosmo
anche con un semplice mandarino.
g. d'ambrosio angelillo

POESIA BLUS

Si era in una band,
si suonava blus,
ma poco da fare se intorno
c'era così tanto spazio da perdersi sempre.
L'anima era il vero infinito,
l'indifferenza degli altri quello falso.
Poesia blus
non sarà mai una cima nelle vendite,
nè roba da classifiche,
poesia blus
non sarà mai mangiarino
da commerciali.
La Poesia non pensa a mangiare,
il Blus non pensa a vendere.
C'è già Dio che pensa a tutto,
ma gli uomini non ci credono più.
g. d'ambrosio angelillo

mercoledì 17 ottobre 2012

AMERICA

America,
un giocattolo che borbotta lontano,
una radio che racconta notizie
di quel che accadrà domani nel mondo,
una ragazza che gioca con le sue calze
lasciate in giro nel cortile.
America,
sogno di tutti noi
che navighiamo senza senso
su quest'isola oblunga d'acciaio,
a motore ridotto,
lungo le rotte fuori corso
di queste assurde chiacchiere ormai remote.
g.d. angelillo

VOLO DI UN POETA IN INDIA

Nell'alveare di Roma
ora aspetti l'aereo che ti porta in India,
scappi dagli stranieri,
soprattutto di chi diceva di amarti
e ti prendeva per un idiota.
Ma il destino del poeta è questo:
rincorrere l'anima
fin dove la porta l'avventura,
l'estro,
lo spirito cangiante 
di noi bestie volubili.
7 ore di volo a 8000 metri
sarà di certo un salto non da poco.
Intanto ti hanno già ritirato il passaporto,
te lo ridaranno domani
forse,
se qualcun'altro nel frattempo
non avrà deciso 
che un poeta non è mica capace
di volare così a lungo,
anche ora che con gli aerei
qualsiasi idiota ne sarebbe capace.
g.d. angelillo

domenica 14 ottobre 2012

PIATTI VUOTI

brillano i piatti vuoti
qui in città.
se ne saziano i giornali
di questi tempi.
arrivano anche telegrammi
per puntali appuntamenti
di feste all'inferno
fuori stagione.
g.d. angelillo

giovedì 11 ottobre 2012

C'E' A NEW YORK UNA CASA DEL NATALE

c'è a New York una casa del Natale
che tra mille grattacieli
tace sempre
perchè del  sentimento
ha fatto la sua bandiera.
non chiedetemi chi l'appassiona,
chi la cerca
e chi la scopre mai
in quel mare di calunnie
che raccontano a tutt'andare
che l'amore è stordito
e ha preso ormai il barcone del retrobottega
di tutti i nostri cuori spensierati.
quella casa a New York
è fatta di sola musica
e dura più a lungo
di chi la crede di pietra
o peggio di fango.
quando si mette a cantare
 le parole di bene ritornano forti.
perchè molto umile è il Natale
anche se sempre superba è la solitudine.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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IL TELEFONO DI UN BAR DI DISPERATI A MILANO

a telefono acceso
si rinserra il coraggio
di tornare ancora
a fiutare l'amore
in quel carnevale acceso
di tutte le insulsaggini di quel bar dei matti
dove va pure paperino a comprare le sigarette
e il cameriere fa vedere a tutti
il messaggio conclusivo
di sua moglie scappata.
il monaco mostra il suo firmamento folle
e beve la birra da solo, in disparte come sempre.
il telefono suona il suo rauco pianto maledetto,
il capitano degli ebrei
scivola via dopo qualche parola smozzicata
in greco antico,
se ne va sicuro incontro al vento sabbioso
dei suoi antenati,
tentando questo, rinunciando a quello.
rimane sempre qualcuno appeso al telefono
a ravanare tra i rami secchi della sorte
qualche ape persa
tra le fioche luci di un bar di disperati.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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martedì 9 ottobre 2012

UNA VOCE CHIAMA

la vita vuole essere chiamata
dal suo nascondiglio
dietro il muro
per giocare a carte
con i suoi assi di cuore perduti,
di solito poi arriva un'ombra
con un ricatto fasullo
per regalarti con indifferenza
una comune solitudine.
g. d'ambrosio angelillo
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UNA LEGGENDA

una leggenda è una città piena di voci,
una baracca improvvisata un pò per tutti,
una luna dove s'aggrappano un pò tutti
per mutare fortuna
e andarsene un pò più in alto
appena ce lo permette
il vago discorso di qualcuno.
una leggenda è una notte di un solo verso
che ci fa viaggiare
verso una canzone che ci sembra nostra,
ma che forse non ci conosce
e manco ci ha visto una sola volta.
la leggenda però è pure un mondo migliore
dove forse qualcuno un giorno
scambierà anche con noi
qualche parola d'amore.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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IL BICCHIERE VUOTO

il sogno se n'è andato, amica mia,
con il vestito della festa
e il cameriere che ti portava il caffè.
ora forse è rimasta solo una leggera mancanza
che con la notte svanirà
in un vago senso di colpa.
ma il cuore ha la sua legge
e il bicchiere vuoto
si riempirà presto
di un altro amore che non c'è.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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domenica 7 ottobre 2012

LA SVEGLIA CINESE DELL'AMORE CHE MAI FUNZIONA A DOVERE

capelli verdi, lacrime chiare,
nella sveglia cinese cammina sempre una gallina
che ha sempre un seme da scovare
sulla sua parete 
senza mai trovare un'ora precisa
per l'arrivo del treno dell'amore.
così andiamo a vendemmiare come capita,
anche un tormento,
una sete oscura,
un madornale errore
su cui piangere per il resto della vita.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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MATEMATICA DELLE STORIE DI TUTTI I GIORNI

e anche questa arrabbiatura
farà parte della storia di oggi
per ricordarci ancora una volta
quanto ci piace essere bambini
e gridare
e diventare grigi come una nuvola di pioggia
che vuole venir giù
per manifesta incomprensione del cielo,
del destino,
delle avversità
che mai riusciamo a cancellare
dal nostro triste quaderno di matematica
delle storie
di tutti i nostri giorni.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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I POETI

i poeti son tristi figuri
seduti a una sedia di legno scuro
lungo il bordo della strada,
dove con noncuranza passiamo tutti
cercando un gelato delizioso
o una birra davvero speciale.

i poeti son gente strana
accovacciata dietro il loro verde
benchetto di libri
con lo sguardo perso nel vuoto
e il sorriso a vagabondare nel buio.

i poeti son sempre al loro posto
a nostra disposizione,
se abbiam bisogno all'improvviso
di un fracasso di stelle
per avvilupparci il cuore,
loro si fan trovare pronti
e in silenzio, senza particolare mercede,
ci regalano il loro prezioso Dio della vita
che sempre tengono caldo e vivo
per le nostre anime smarrite
nel nostro stesso deserto.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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SCRITTURA

questo dolce pensare
che tanto somiglia
all'erba che spunta dalla terra
e con nobiltà regala armonia
a questo nostro triste misurarci
con il cuore vero della luce.
siamo miseri è vero,
ma con la parola
diventiamo oscuramente
sottile semenza di vivente grandezza.
è tutto semplicemente un mistero.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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T'AMO, POESIA

t'amo, poesia,
e ti faccio tutto quello che posso,
ma non adirarti
se la tua grande visione
non mi porta ad offrirti una rosa.
è vergogna, credo, e pure paura.
sei appoggiata sulla ringhiera di un dirupo
ed è molto pericoloso
parlarti da vicino,
hai una presa d'amore
che è pure una vocazione a soffrire,
uno strazio a ciel sereno,
un raccolto di spighe
che mai porta a sazietà
questo nostro oscuro cuore.
così non è che io ti sdegni,
al contrario, ti amo e ti bramo
con tutto me stesso,
ma preferisco amarti con prosaicità
in un più lungo romanzo,
dove almeno posso farmi pure
delle gran grosse risate
su tutto quello che mi accade
e che vedo di rapinoso
intorno a me.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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L'ARTE E' UNA FEDE

l'arte è una fede
e bisogna costruirsi da soli
un grande tempio
per poter andare a pregare in pace
che si avveri per noi
questo astruso avverso destino
che bizzarramente
ci illumina di un amore immenso
e non ci fa stancare mai
di credere
che tutto a questo mondo
è un dono
in mezzo a tutti questi uomini
di poca fede
intorno a noi.
giuseppe d'ambrosio angelillo

L'ALLEGRIA DEL SOGNO (l'azzurrità felice di Fellini)

l'allegria di vivere è più grande
dell'oscura follia dell'abisso,
la fantasia è una vertigine
e una canzone,
una banda jazz di maestri
che a parole regala droga
ma in realtà dona polline dolce
di vera vita.
il film lieto di una donna in amore
è una finestra accesa
sulla infinità serietà della vita.
artisti sommi
che si mangiano qualsiasi manicomio
come l'inutile mela feroce
della menzogna maledetta.
g. d'ambrosio angelillo

giovedì 4 ottobre 2012

LA FERMATA DELLA BELLEZZA

come non lo so, proprio non lo so come fanno.  peggio di Paride che almeno ne scelse una e la più bella. questi invece partono e se ne vanno, per andar dove proprio non so se lasciano indietro nientemeno che la Bellezza che fonda il mondo. forse vanno in battaglia per incontrare il destino, ma per farne che? il pomo d'oro della loro fortuna hanno buttato via, non c'è più niente da aspettare, nè all'avanti nè all'indietro. si dice che mai nessun fiume si sia messo a correre in senso contrario verso la sua montagna, e così la Bellezza, va veloce verso il mare della vita e subito si scorda di quei pazzi che la lasciano andare via come se nulla fosse.
g. d'ambrosio angelillo
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martedì 2 ottobre 2012

IL MIGLIOR CALENDARIO

il miglior calendario
è il tuo romanzo senza trama
dove per un cartoccio di lenticchie
si svende tutta intera la baracca,
io per me vado sempre all'arrembaggio
ma questo non è tempo di pirati,
quegli altri vogliono essere tutti grandi
e non fanno posto nemmeno a un filo d'erba
fosse pure del furioso Walt Withman.
così torno a casa
e accarezzo piano la statua ferma
di quell'ultimo sogno di gloria
che faccio sempre 
quando soffia il vento
e come ora arriva l'autunno buontempone
che sempre mi racconta:
le foglie vanno
ma le pietre restano sempre
che come i poeti
ci han sempre tempo per tutto,
anche per gli occhi distratti.
g. d'ambrosio angelillo
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lunedì 1 ottobre 2012

IL PERCHE' PIU' FOLLE DEL MONDO, GRANDE O PICCOLO NON IMPORTA

l'amore è un perchè
così piccolo da starci in una noce,
una noce bacata di follia
che ti porta fuori dal fiore,
in una vertigine notturna
senza cervello.
gli orologi tutti rotti
sotto le scarpe.
l'amore è un perchè 
così grande 
che non bastano mille ponti 
per riuscire a scapparne.
gd angelillo