regala Libri Acquaviva

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venerdì 25 luglio 2008

Il Professore di Filosofia


"Ottimo scrittore, ottimo filosofo, ottimo cittadino di una strana città di nome Utopia, vive nell'ombra dei suoi 1.ooo romanzi senza sperare un clamoroso successo...

Un uomo che vive in una Russia lontanissima, un umile Tolsoj italiano, un giovane patriarca, con mille anime al suo seguito che non ha mai comandato.

Vive in un limbo pieno di spettri vivacissimi e grandiosi. Pur avendo una massa sterminata di nostri fantasmi nella sua testa non è mai diventato un paranoico.

Anzi Angelillo è un contadino che cura con amore e passione la terra della sua arte in una metropoli assatanata, tra demonii e mascalzoni di tutte le specie.

I ciliegi e i mandorli in fiore delle sue opere sono un miracolo del suo cuore insonne, amici angeli sottobanco gli passano poi il salario del Poeta:

l'Amore che mai smette di sognare il Paradiso. "

Alda Merini


Guai, gioie e avventure di un docente di Filosofia nella disastrata scuola secondaria di oggi.

Sogni e perfidie di un'Italia maldestra che sembra sempre fuggire da se stessa.


(illustrato con aquerelli a colori)


Una recensione Highway5:


Scheda di lettura di “Il professore di filosofia” di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, casa editrice Acquaviva, Milano, 2007

Se pensate che Giuseppe D’Ambrosio, alias Joseph K., “il monaco metropolitano con la paranoia per la filosofia”, con la scusa magari dell’autobiografia incominci a girare intorno al suo ombelico, be’ scordatevelo!
Qui si gioca il tutto per tutto e sempre a poste alte, sul filo dell’autoironia e la matassa si dipana senza il pericolo che si avvolga mai troppo su se stessa.
E così mettiamoci pure alle calcagna di questo professore di filosofia che si aggira come un semiclandestino, non solo nei quartieri di una Milano stravolta e irrequieta dove una signora per bene non si avventurerebbe mai, ma anche nelle sue incursioni all’interno delle vite marginali in cui s’imbatte dove non c’è mai squallore ma inaspettatamente luci e botti da Luna Park.
Amico lettore: è roba dura, testarda, è puro hardgroove e funk sparati in pista, a tutto volume, e – parola mia – qui nessuno muore soffocato dalla noia!
Giuseppe D’Ambrosio appartiene a pieno titolo a quella “generazione di furtivi” per cui un conto è il sentiero stabilito e un conto è quello destinato e potete scommetterci che è anche uno di quelli che – come direbbe Jack Kerouak – non sbadigliano mai e non dicono mai un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano…e cosa c’è di meglio in mezzo a tante mezze ombre?
L’intreccio della poco credibile carriera scolastica di questo insegnante che non studia ma sogna e per cui è proprio il sogno la vera e autentica filosofia è un plot davvero indiavolato dall’incontro con Falco Nero, il preside provocatore scolpito nella pietra che lo vuole morto ma viene rimandato all’inferno, fino al memorabile téte-à-téte con Lucifero in persona.
Ah, dimenticavo, le succose e parecchio sexy donnine da queste parti non mancano mai…
Con un libro così siamo in ballo e dobbiamo ballare fino in fondo, fino all’amen di questo iperbolico magnificat alla libertà che va sempre conquistata fosse anche nei termini estremi per cui per D’Ambrosio “l’uomo coraggioso è per strada a chiedere l’elemosina mentre il vigliacco è sulla poltrona di velluto rosso”.
A questo punto, siate sinceri, l’avreste mai pensato che la filosofia è un animale notturno? Lo avreste mai neanche lontanamente sospettato o vi avrebbe solo minimamente sfiorato l’idea? Per questo, leggendo lo straordinario e inaspettato romanzo di D’Ambrosio comincerete a capirne fino in fondo il perché, ma soprattutto capirete che – come direbbe Henry Miller – qui la vita ha sempre l’ultima parola.
Vi assicuro che è raro trovare uno scrittore così “contro”, nella fattispecie, contro tutti i sistemi, nessuno escluso e poi che sappia fare così il clown cucendo e ricucendo tante scene miste a sogni e fantasie a volte esilaranti a volte dolorose e tese come un pugno allo stomaco e sapendo alla fine mixare il tutto per sintonizzarsi sulla frequenza dell’uomo della strada.
Giuseppe D’Ambrosio non si smentisce mai, la sua è una ricerca costante, martellante della deriva attraverso quella di ogni personaggio e di ogni atmosfera, ci invita pagina dopo pagina a mescolarci all’incessante fluire, al movimento del suo pensiero senza fermarci a confrontare, analizzare o possedere, ci spinge a scorrere senza tregua attratti come da una calamita.
Ma penso che a questo punto siate pronti a capire la differenza tra i libri che sono buoni solo ad appannare gli occhi e quelli che servono a pulire, e bene, le vostre lenti, allora se così stanno le cose vuol dire che è venuto anche per voi il momento dell’incontro con questo meravigliosamente magnetico romanzo “out of everywhere” e con il suo imprevedibile autore: avete la mia parola, è una di quelle esperienze che ricorderete per un pezzo!


Maria Theresa Venezia


"Libro severamente vietato ai professori di Filosofia,

"tranne uno o due, naturalmente.)"

Prof. Joseph K.


Rivoluzione

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo, a 17 anni

"Oh, amici miei... Non potete immaginare quale tristezza e quale rabbia invadano tutta la vostra anima, quando di una GRANDE IDEA, che voi venerate già da lungo tempo e come cosa santa, s'imadroniscono degli ignoranti e la trascinano sulla strada verso gente altrettanto stupida quanto essi stessi, e la incontriate improvvisamente al mercato degli stracci, irriconoscibile, nel fango, male esposta, di sbieco, senza proporzioni, senza armonia, zimbello dei fanciulli sciocchi! No! Ai nostri tempi non era così, e non era a questo che noi miravamo. No, no, assolutamente non a questo. Io non riconosco più nulla...




Il nostro tempo verrà di nuovo




e di nuovo avvierà su una strada sicura tutto ciò che oggi vacilla.




Altrimenti che sarà mai?"




Dostoevskij












ROMANZO SUL 1977








Sogni Utopie e grandi Speranze di un ventenne che credeva con tutto se stesso in un Mondo Migliore...




Guai, sconfitte e capitolazioni di una Meglio Gioventù che voleva portare la Fantasia al Potere...




e che invece se ne cadde a faccia a terra...








(edizione illustrata).








Una recensione di Highway5:

“RIVOLUZIONE” DI GIUSEPPE D’AMBROSIO, EDIZIONI ACQUAVIVA, MILANO, OTTOBRE 2007.


A leggere “Rivoluzione” di Giuseppe D’Ambrosio si corre proprio il rischio di farsi travolgere da una grande ondata creativa, politica ed esistenziale, libera da qualsiasi schema, struttura, griglia semantica e interpretativa.
E il modo migliore per vivere questa esperienza in pieno è proprio lasciarsi andare e trasportare dal continuum, dal flusso del suo linguaggio corporeo, vivo, sensuale, pulsante.
La punta più aguzza e la cifra di “Rivoluzione” sta nel fatto che “la Gioventù sarà sempre più potente di tutte le antiche sapienze”, perché “Gioventù è lotta, sempre…è l’orgogliosa estasi di poter fare a meno di tutto e di tutti, anche di toccare la terra con i piedi”!
E l’autore, l’ultimo “cavaliere libero e selvaggio” nel nostro asfittico panorama letterario ci aggancia da subito con il racconto estremo e trasognato del suo viaggio personale di ragazzo del sud all’assalto di una Milano spossante e fumosa di asfalto e misteriosamente labirintica, per farci la Rivoluzione.
È in questo sfondo metropolitano con i suoi personaggi disperati e le sue donne ammaliatrici e irresistibili che incomincia la caccia furiosa all’abbattimento del limite, nonché la scalata al cielo di un ragazzo che “vuole tutto”.
In ogni incontro, in ogni esperienza il nostro protagonista è come se gustasse estatico e senza ritegno la felicità assoluta dell’estremismo, scatenato come un funambolo assolutamente incosciente che gioca in contemporanea sulle tre corde, le uniche sue coordinate di viaggio, la libertà, il sogno-utopia e la speranza.
E devo dire che, forse, senza rendermene conto questo è il libro che aspettavo da molto, perché tratta per noi, ragazzi del ’77, degli anni più belli che ci sia stato dato da vivere, della modifica radicale del nostro vissuto, dell’utopia, del bisogno di giustizia, della rivoluzione sessuale.
E la sfida avendo a che fare con questo “materiale” è quella di raccontare senza definire, senza cadere nelle trappole dell’ideologia, senza la costruzione di mappe e geometrie, in un territorio in cui i vecchi orientamenti non tengono e non devono tenere più.
Forse si tratta di narrare attraverso frammenti con una scrittura che tagli – cut up – circoscrivendo ogni frase, lasciando parlare il più possibile le differenze.
“Rivoluzione” non è propriamente una storia, ma un percorso, un continuo e pressante incitamento, sollecitazione a “perdersi”, a gustare con l’autore l’ebbrezza estatica, dionisiaca, la felicità e la ricchezza di quegli anni irripetibili per cercare anche di capire in questo modo così unico le ragioni di una lunga primavera di intelligenze.
Nello stesso tempo, il resoconto immaginifico delle battaglie sociali del proletariato è un contro canto incalzante al diffondersi di determinati spunti della libertà.
A Milano si svolge l’epopea alla scoperta dei meandri stranianti e sorprendenti della città vissuta parecchio di pancia, con tutti i 5 sensi ben accesi, senza perdere nessuna occasione di godimenti meravigliosamente reichiani, non tralasciando il racconto dell’oppressione capitalistica, della comunità resistente, della rivolta che serpeggia ed esplode, della controcultura inarrestabilmente underground.
Il parlato è essenziale continuamente rimixato con un ritmo a volte di puro rap antesignano, furibondo hip hop da marciapiede, il lavoro è di uno smontaggio e rimontaggio a combinazione dove il materiale verbale pre-esistente alla scrittura vera e propria è di una potenza emotiva ed autenticità di sapore inconfondibilmente dostoevskijano.
Eppure gli anni della Grande Rivolta, ciò che li rende così affascinanti è che sono come un tempo che non ci vuole lasciare, e quello che D’Ambrosio sperimenta fino in fondo nel suo romanzo è questa capacità, qualità speciale di permanenza di quel periodo per chi lo ha vissuto.
La sua scelta linguistica incisiva e coraggiosa arriva a conquistare una musicalità, una sonorità espressive immediatamente riconoscibili tramite l’utilizzo di codici diversi uniti dalla tensione interiore di questa epica fuori dai canoni del buonsenso e del senso comune.
La sua maniera è calda, forte, energetica, fisicamente spudorata.
Trovi premonizione, intuito, istinto, senso della corrente, lui è dentro al farsi stesso della corrente metropolitana, dove navigano a vista le sue donne un po’ puttane e i suoi re clochard bevitori impenitenti, lui è come un surfer che partecipa a ogni evento, a ogni scontro non restandosene mai fermo a guardare dalla spiaggia.
Ha questo fiuto quasi animalesco, senso della strada, istinto di riconoscere fra tutte le onde quella che fa per lui, la sua onda, quella assolutamente da cavalcare, lungo giornate vissute senza schemi, senza regole da rispettare, senza conti da far tornare, qui è tutto Rivoluzione, tutti i parametri non funzionano più, è un black-out generale, un tilt a ripetizione come gli orgasmi delle sue belle.
Siamo in una situazione di frontiera avanzata nella quale le mappe convenzionali non tengono più, non ci servono più a niente e vi consiglio anzi di buttarle, perché si tratta di sviluppare l’istinto del pioniere.
D’Ambrosio ha indubbiamente aperto con questo libro un grosso spazio comunicativo, di grande potente energia, mescolando azioni, gesti, oggetti, parole, pensieri e cose tutti insieme fino a produrre un’alchimia artistica sempre più esplosiva.
Ecco perché vi suggerisco di fare questa esperienza lasciandovi trascinare fino in fondo in questa grande, gioiosa, estatica Rivoluzione.

Maria Theresa Venezia.