Juan Carlos Onetti, e la sua macchina da scrivere |
VIVA L’URUGUAY
(Sulla
partita Inghilterra- Uruguay)
Nemesi. Nemesi. Nemesi. Il campionato del
mondo di calcio lo inventarono una volta in Uruguay. L’Inghilterra non ci volle
partecipare perché ritenevano che i sudamericani manco sapessero giocare a
pallone. Troppo ignoranti, troppo stupidi, e soprattutto troppo poveri. Neanche
l’Italia ci volle partecipare perché riteneva quei popoli troppo lontani,
politicamente nulli, quasi insignificanti. Poi qualcuno andò da Mussolini e gli
disse:
“Duce, ma gli italiani sanno giocare bene a
calcio.”
“Dici?”
“Sì, Duce.”
“E allora partecipiamo pure noi a sto cazzo
di campionato del mondo di calcio.”
E fu
così che l’Italia cominciò a partecipare e vinse i suoi primi due campionati
mondiali.
Io non mi ricordo più cosa mi ricordo
meglio dopo questa recita. Ma i geni sono sempre pieni di spirito. Comunque l’Uruguay
ha il padre spagnolo e la madre italiana. Me lo disse Juan Carlos Onetti quando
una volta mi parlò del Baal argentino che gli piacciono tutte le donne belle,
soprattutto quelle povere e così si riempie le tasche d’oro e requisisce tutte
le notti a disposizione per truccarle poi con la sua barba mediorientale. I vezzi
degli uomini gonfi d’oro sono tutti strambi e male ordinati.
Suarez comunque ha un castello in Uruguay
tutto fatto di semi di pomodoro e lì abita ancora pure Juan Carlos Onetti e
tutte le sue idee elette, da chi non importa.
Il teatro in Uruguay è sempre fatto di
cruda realtà e i suoi sentimenti sono atleti con tanto di regolamento
dostoevskijano. Sanno leggere la Bibbia , scrivere il Talmud e masticano l’antica
matematica di Pitagora come foglie di tabacco d’argento sempre fresche.
“I maccheroni come li cucinano là?”
“Con l’acqua che gli basta, sugo condito di
mare e pasta fresca di nuvole. Condimenti di povertà contadina e volontà di
titani. La crema a fine pasto non manca mai. Ti interessa?”
“E’ sempre una patria lontana pure l’Uruguay.”
“Tanto
ci è andato pure Campana. E non mi risulta che ci aveva il biglietto.”
“Non
ne aveva bisogno. Era un poeta.”
Cavani invece è uno spadaccino di casa risparmiosa.
Frequenta bettole ben frequentate infatti ci va pure lui. Ha capelli fluenti e
così gli piace pure a lui correre nel
vento come un antico guerriero Acheo.
“Catenaccio e contropiede. E’ un secolo
quasi che quelli si divertono così.”
“Sono intelligenti come gli italiani ma non
così stupidi da essere troppo furbi.”
A Juan Carlos Onetti gli hanno fatto un
miliardo di ritratti, l’occhio sbircioso e la mano sdegnosa. Ha avuto mille
fidanzate ma non era così triste da spararsi almeno una volta. La carta era la
sua sposa e ha passato la vita con quella. In televisione commentò una volta
una partita di calcio dell’Uruguay ma disse che c’erano così tanti tifosi allo
stadio che era meglio rimandare alla
partita successiva il suo commento metafisico.
La partita successiva disse solo:
“Viva l’Uruguay!”, e se ne andò per sempre
in Spagna altrimenti lo ammazzavano per una questione di caporali.
La folla gli rispose:
“Viva l’Uruguay!”, e lo lasciò partire.
La cosa finì lì.
“E’ meglio attaccare da destra o da sinistra?”
“Attacca pure da dove vuoi, l’importante è
che fai gol.”
“Io preferisco da dove si fa gol agli
inglesi”.
“Pure io”.
Rodriguez è un grande maratoneta e torna
sempre correndo a Atene per gridare che i Persiani sono stati battuti, intanto fa tre o quattro
gol a partita per tener contenti i suoi compaesani eccitati che vengono dalla
provincia nella capitale a cercare le solite raccomandazioni.
“E il modulo migliore?”
“E’ quello lì”.
“Quale?”
“Quello
che fa gol agli inglesi”.
“Mi va bene”.
“Ci hanno sempre così fottuto con i loro
dannati frigoriferi per la carne, questi dannati inglesi”.
Rodriguez si allena sempre al mattino a
correre, a sera si perfeziona al biliardo per metterla sempre dentro perfetta.
“Ancora corri, Rodriguez? La partita è
finita. Gli inglesi sono battuti.”
“Sei sicuro?”
“Sì, l’arbitro è un pezzo che ha fischiato
la fine della partita”.
“Minchia, e io che gli volevo fare ancora un
altro gol!”
Rodriguez ha il cuore buono ma nessun pezzo
d’oro in tasca, l’Uruguay gli vuole bene così, con la sua faccia di cameriere
peones. E infatti gli inglesi li ha serviti a puntino.
La notte lui non dorme e si fa un
bicchierino di rhum di pirata cubano. Nell’
intervallo sogna altre mille partite vittoriose contro gli inglesi e la sua
corsa a cento kilometri all’ora verso la
porta. Il portiere inglese è uscito ad ascoltare un discorso della regina e per
caso non si trova mai lì. Suarez pensa sempre che la partita con gli inglesi
sia sempre in corso, è il suo modo di manifestare l’alta razza del suo cuore di
potente goleador.
L’Uruguay ha sempre una tempesta per la
testa e la logica non sa proprio dove sia di casa.
Forse in
Inghilterra, ed è per questo che forse hanno perso.
Kakill al mio paese è un venditore di salami
e formaggi, e ci ha pure un grosso camion. Non sto scherzando, potete
controllare, è sempre lì il mercoledì mattina, in piazza Kolbe a Acquaviva
delle Fonti, in Puglia.
E me lo trovo lì, in una partita del
campionato del mondo di calcio in Brasile a marcare Rodriguez. Non credo proprio
che abbia venduto un solo salame e penso che manco con il formaggio gli sia
andata meglio. Non ha incassato proprio nulla e se n’è tornato a casa con le
pive nel sacco.
Gli inglesi che ci hanno tutti gli idoli d’oro
di questo mondo, potere pure e denaro a più non posso nel pozzo senza fine
della Banca d’Inghilterra, con l’Uruguay hanno invece caricato tutti gli asini
di mazzate e hanno ritirato a bordo la passerella della loro corazzata. Hanno fischiato
la sirena e il buon Rooney ha detto:
“Beh, dopo tutto, dopo tanti anni se lo
meritano proprio, che siamo proprio noi inglesi a dir loro che l’Uruguay è una
terra di campioni di calcio”.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014
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