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venerdì 27 giugno 2014

CAPELLO





CAPELLO,
L'ALLENATORE DELLA NAZIONALE RUSSA
(Sulla partita Belgio - Russia)

    C'era una volta un allenatore con un gran cappello a cilindro, era molto intelligente e la sua intelligenza gli donava pure una grande serenità. 
 Era uno dei migliori allenatori di calcio nel mondo. E per questo si trovava in Brasile pure lui per giocare a scacchi con il destino, bersi un’aranciata e burlarsi degli inglesi anche lui, che li conosceva così bene.
    Questa volta allenava la Russia e aveva scelto per loro la maglia azzurra, il catenaccio e il contropiede. Dopotutto l’Italia ne aveva vinti parecchi con questa formula di cabala perché no pure i seguaci di Gogol e Dostoevskij? Il fatto era che anche la maglia bianca andava bene, e quella rossa e quella color nulla. L’importante era arrivare all’ottavo bar e lì pagarsi il gas per un altro decennio.
    Dopotutto un artista è un artista e a braccia conserte fa sempre un figurone. Commerciare in sogni era la sua specialità e gli era andata bene perché finalmente allenava la nazionale pratica di grandi utopie. Le chiese stavano pure in Brasile, come pure i poveri e le teste matte. Poteva venire pure bene.
    Comunque Capello è un allenatore di calcio che non confida a nessuno i suoi segreti, i suoi pensieri e le sue filosofie milanesi. Bulgakov compreso.
In camicia e cravatta  ha cambiato un terzino mentre stavano per tirare una cometa. Palo, gol e detronizzazione. Ma la bellezza russa è su un trono d’oro, non s’impressiona mica per una partita persa.
   A Mosca dopo una vodka e un cetriolo è passato già tutto. Il tramonto sfolgora rosso fuoco su una calma imperiale.
   Il Belgio ha passato il turno e il suo re pure ha festeggiato. Le massicce flotte di Tolstoj e Dostoevskij non hanno mica levato l’ancora, i loro marinai sono andati al ristorante di tutti i ristoranti rivieraschi del Brasile, a mangiarsi un buon caviale, e bersi un buon champagne.
   Capello s’è rimessa la giacca, s’è aggiustato gli occhiali e ha detto:
   “Sarà per la prossima volta, ma oggi non me la sentivo proprio di far entrare a giocare il diavolo”.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014

www.books.google.com

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