Il castello di Bukowski
era una semplice macchina da scrivere
che se ne stava sulla città
come una grande utopia in incognito
della risata che salva,
l'ultima bottiglia che ci resta
per non diventare pazzi del tutto.
Le sue lunghe accelerazioni
senza inganno e senza scorte,
strade in salita
e autostrade larghe e senza destinazioni.
Ma dove vuoi mai andare
se vigne da curare non ce n'hai?
Non ha acqua, non hai pompa
e vuoi fare il labirinto
di una centrale del vino?
Le sparate sono dell'assoluto,
inutile cercare collegamenti
con i telefoni di quegl'altri cessi.
Là è l'inferno da dove passò una volta
anche Orfeo,
il Poeta si spoglia
e fa il vagabondo
perchè il gran circo è nella lussuria
e la fantasia brancola nel buio.
Comunque Bukowski passa per ogni buco
e lì ritrova il brogliaccio del bel divertimento,
un cuore pugnalato
e le gambe che ballano
una sinfonia di Brahms.
GD ANGELILLO
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