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lunedì 16 agosto 2010

COSI' MI DISSE UNA VOLTA CHARLES BUKOWSKI...

... E quel che mi disse mi lasciò di stucco...
Mi disse:
"Ma vai dove finalmente vuoi andare se davvero vuoi essere qualcuno!"
Io rimasi del tutto colpito, non mi aspettavo per niente quell'uscita.
Dissi:
"Beh, Hank, di solito lo faccio".
Ma lo dissi senza convinzione, infatti non convinsi nemmeno me stesso.
Lui disse:
"Beh, se lo dici tu..."
Poi disse:
"Non bisogna scrivere se non hai una storia da scrivere".
Io me ne rimasi zitto. Sapevo cosa voleva dire, anzi ne avevo maledettamente paura. Quasi quasi in quel momento volevo diventare un idiota, e così non capire niente. Buk mi stava mettendo a nudo, e non era per niente piacevole. Stavo facendo una figura di merda, soprattutto con me stesso.
Ma fu un attimo.
Dissi a me stesso: "Beviti tutt'intero questo calice di veleno mortale".
Buk allora mi disse, come se mi avesse letto nel pensiero:
"Datti una mossa, amico mio, ti sei seduto su una sedia elettrica e io adesso ti darò la scossa".
Io me ne rimasi immobile, aspettando il responso del Nume, la sentenza del Destino.
Lui disse:
"Lascia stare le cose inutili e i piagnistei, ma racconta i cazzotti che hai preso, che si vede dalla tua faccia non sono stati pochi. Racconta la bottiglia che ti sei bevuta quando hai pensato di farla per davvero finita. Racconta la storia con la più bella figa che ti sei scopata, quella per la quale eri disposto a finire anche in manicomio. Perchè così è la solita vita di tutti, anche se fanno finta di non saperlo".
Io stavo zitto, perchè semplicemente non sapevo che dirgli, era lui il Maestro, mica io.
E lui disse, come se miracolosamente avesse visto ancora una volta i miei pensieri:
"L'anima, come la barba, cresce da sola, non c'è bisogno che tu faccia niente, ma, Cristo, ascolta solo la sua voce, E NESSUN'ALTRA!"
Io lo guardavo, intimorito, avevo paura che si arrabbiasse, in uno dei suoi moti d'ira improvvisi e violenti. Ma me ne rimasi là, ad aspettare da lui tutto quello che sarebbe venuto. Anche una bestemmia, o una spinta che m'avrebbe buttato a terra.
Buk aveva 23 lattine di birra in corpo, di varie marche e misura.
Io ero lucido come un pazzo che guarda dall'esterno il manicomio dove corre il serio rischio di passarci il resto della sua vita sciamannata.
Ma lui finalmente mi sorrise, di quei suoi sorrisi di bambino allegro e puro, che solo un cattivo demonio nascondeva a volte ai più. Un sorriso di un bambino monello ma assolutamente buono e comprensivo. Il sorriso di un amico vero, disposto pure a menarti pur di salvarti .
E così Buk mi disse:
"Scrivi come se dovessi atterrare il più grosso stupido bestione che tu possa incontrare nella tua vita: te stesso che ti fotti da solo: Essere coglioni a volte può pure andare bene ma non fino a questo punto".
Ridivenne d'improvviso molto serio, ma i suoi occhi sorridevano ancora.
Di purezza, di innocenza, di vera amicizia.
Così mi disse una volta Charles Bukowski, in quel della cara Los Angeles di una volta...
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G.D. Angelillo

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