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mercoledì 2 luglio 2014

ROBERTO BAGGIO TIRA IL CALCIO DI RIGORE A NEW YORK



ROBERTO BAGGIO TIRA IL CALCIO DI RIGORE 

NEW YORK

   I pensieri degli uomini se ne vanno sempre all’aria come i coriandoli a carnevale. Non c’è filo logico, né raziocinio. L’apparenza inganna, i pensieri sono mille fogli di giornali stracciati e ristracciati centinaia e centinaia di migliaia di volte della centomila forbici      del cervello degli uomini e buttati poi per aria come coriandoli per dare una parvenza di senso a questo assurdo pallone che vola per aria che chiamano mondo.
   Io pure sono un coriandolo di carnevale con una moneta d’oro d’antica nobiltà greca in tasca e la faccia con un naso rosso a peperone della bassa plebe metropolitana milanese. In campagna faccio il conte in mezzo ai buzzurri contadini e in città faccio il poeta vagabondo un po’pezzente, là mangio bistecche e lasagne qui invece mangio schiaffi sopraffini e calci in culo. La doppia vita di qualsiasi uomo sbruffone e sguattero allo stesso tempo.
   Il miglior carnevale poi è del Brasile ed è per questo che loro sono i più forti pure a tirare a pallone. Buon mondo non mente mai, e i pazzi e le puttane neppure.
   Bandiera verde e oro e a giocare a calcio loro volano come angeli, bestemmiano come demoni, e non fanno mai male a nessuno come tutti i cavalli purosangue. Cavalli ho detto e non deputati del parlamento della repubblica delle banane. Parliamo tanto per parlare, e così neanche come proprietari stranieri di supermercati di pasta e mortadella falsificati.
    Quando Roberto Baggio sbaglia il rigore alla fine della partita della finale del campionato del mondo a New York di sicuro pensa al coriandolo del carnevale  nel Brasile del suo pensiero più segreto e così si butta all’aria pure lui, come il pallone, come l’angelo e come il demonio. Il quadro, come tutti sanno, è istruttivo e genialmente vero a un tempo, solo che agli italiani  viene meno il respiro ai brasiliani invece si mettono a eruttare contemporaneamente tutti i vulcani della loro allegria.
   “Baggio, campione, ma chi t’ha tirato il codino all’ultimo momento per farti sbagliare il calcio di rigore?Minchia, l’hai sparato al cielo il pallone!”
    Fu macumba, jella o puro destino non fa mai dato di sapere.
   Roberto Baggio ha un tiro leonardesco di pieno Rinascimento, ha vinto oro su tutti i campi del mondo, incenso e mirra in tutte le finali. Ma se l’avversario è il fato, non ti resta che toglierti il cappello e passare a altro.
   Roberto Baggio batte i rigori pure con il solo alluce del piede destro e con il dito mignolo del piede sinistro. Ma quando la necessità si presenta davanti al tuo cospetto, tu semplicemente compri il biglietto del tram e te ne vai in un altro quartiere. Il carnevale è il carnevale, qualunque sia il pensiero che ti opprime la mente.
    “Ma che minchia?Hai sbagliato proprio quel rigore?”
   “Signori, un po’ di rispetto per favore. E’ Roberto Baggio, il campione 7000 volte cannoniere nazionale. Se non fosse stato per lui l’Italia neanche avrebbe attraccato il pattino a Brokkolino!”
   “E l’allenatore? Quell’altro minchione, non lo poteva levare all’ultimo minuto?”
   “Signori, per carità! Qui è dei migliori artisti del mondo che si parla!”
   “Sì, quello che vuoi, ma che ti sbagliano però l’ultimo rigore della finale del campionato del mondo di calcio! Giocato a New York poi!”
   Roberto Baggio, campione, è stato allievo di Leonardo a Santa Maria delle Grazie, scrivano  amanuense  alla Pinacoteca di Venezia, caramellaio rinomato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Che dire? E’ più famoso all’estero che in patria. E che Patria! Eò, eò, eò!”
    Quegli altri, Del Piero della Francesca, lui lo segnò il rigore alla finale del campionato del mondo di calcio e diventò campione mondiale, quello studiava filosofia zen, giapponese antico, e sanscrito medioevale. Lui era più furbo e quindi meno fragile. Tirava rigori con un solo tacchetto della sua scarpa lui. E poi non credeva né alla macumba, né alla jella, né al destino.
   Ma  Roberto Baggio, campione mondiale a suo modo pure lui, si era fermato a Buddha, suo consigliere di fiducia, non era andato tanto avanti nello studio delle follie dei venti di mare e dei monaci samurai.
   “Ma cazzo ha sbagliato il rigore! Maledizione!”
   “Che ci vuoi fare? Così è la vita, diceva mia zia Maria di Muzio, contadina che di cose della terra se ne intendeva”.
   Quando Roberto Baggio, campione, si mette a volare per il campo, ancora si crede un coriandolo di Brasile che ha sbagliato carnevale e si mette a pensare ancora triste.
   “Le donne vanno poco allo stadio ma quelle che ci vanno si innamorano tutte del centravanti di sfondamento, massimo del mediano di spinta. I venditori di birra e di caffè se ne fregano, loro pensano solo a incassare bene e se qualcuno torna a casa ubriaco o supereccitato non se ne interessano per niente. Il calcio lo guardano tutti, ricchi e poveri, perché tutti ci hanno un’anima per gridare: GOL! Qualcosa questo vorrà dire, e allora pensa pure che si può essere tutti felici e fratelli anche fuori dallo stadio, ma la mia è solo un’utopia di un fuori di mattone”.
   “Ciao, ubriaconi!”
   L’arte del pensiero, o del filosofare, come ben dicono i tedeschi, è fatta oltre che di carnevale, di voli, e di fratelli minori sia di angeli che di diavoli. Non dovrei dirlo ma per  il pensiero scoppiano pure delle guerre, e così pure per il calcio, tante, troppe, forse davvero numerosissime.
   Il diavolo dopotutto vive in ogni città, e non dovrei dire neanche questo,, anche in ogni uomo. Così il virus dell’odio scatena epidemie un po’ per ogni dove. Le penne cascano a terra, i quaderni si bruciano, e i calciatori partono all’attacco, per fortuna portando un po’ di calma proprio per questo.
   Credo di averlo detto altre volte che i ragazzini non pensano manco di striscio  alla pensione, loro vogliono giocare sempre, accada quel che accada. Tanto gli isterici rimangono sempre isterici, e con quelli c’è poco da quagliare.
   Solo voglio dire che quando Roberto Baggio, campione, tirerà un altro calcio di rigore in un’altra finale del campionato del mondo di calcio, non lo sbaglierà nemmeno per sbaglio. Un campione merita fiducia, soprattutto per il futuro, che al passato è sempre meglio metterci una pietra sopra.
   Io per conto mio gioco a calcio nella squadra della mia coscienza e a modo mio anch’io ogni tanto faccio un campionato del mondo di poesia, e confesso che mica segno tutti i calci di rigore che mi chiamano a tirare. Anzi più filosoficamente non li tiro proprio, cancello proprio la porta e  perfino la squadra avversaria, gioco per conto mio e chi s’è visto s’è visto. Le donne d’altronde non mi hanno mai seguito troppo lungo i sentieri della mia personale follia. Gli uomini invece prendono quello che gli serve e poi spariscono nel nulla pure loro.
   Ma il pane lo devo comprare e pure la mortadella, i miei giocatori sono molto esigenti e io ci tengo a non deluderli mai. Son fatto così, illuso a vita,  e mai e poi mai disilluso, accada quel che accada pure qui.
   “Ehi, amico, non toglierti i parastinchi né il paraballe, la partita non è mica finita!”
   Nell’arte del pensiero mi son ricondotto pure io, mi butto a pesce in ogni carnevale e getto all’aria in tutta allegria tutti questi miei pensieri di matto, quasi fossi sempre anch’io nella bella piazza della più bella città del Brasile.
   Roberto Baggio, campione, lo dice lo stesso nome, è un campione, e anche se ha sbagliato l’ultimo calcio di rigore in una finale del campionato del mondo di calcio, rimane pur sempre un campione, forse anche di più proprio per questo. Il destino ha i suoi capricci e la necessità le sue tasse.
   “Uhè, cambia il giocatore t’ho detto!”
   “E perché?”
   “Minchia, perché ha perso, cazzo!”
   “Neanche per sogno, non ci penso nemmeno”.
   “Allora beccati la sconfitta e porta a casuccia. Fatti prendere in giro per tutta la vita e molto più in là ancora! Chi sbaglia paga e con i cocci si taglia pure le mani!”
   Roberto Baggio, campione, si prese il viso tra le mani e piegò il capo. Forse si mise a pregare.
   “Signori, avete ragione, ma avete pure torto in tutto quel vostro aver ragione. Un campione è un campione, ed è felice e ride anche quando sbaglia. Il gioco è fatto proprio così, perché è lo stesso destino. Ogni uomo di questo mondo se è sincero lo può testimoniare”.
   Il carnevale del mondo ci fa a tutti ricchi, e questo nessuno capitalista lo capisce a dovere, perciò sono così cattivi che non guardano mai nessuna partita del campionato del mondo di calcio, perché il loro mestiere non ha patria né allegria. Ma il demonio dopotutto qualcuno lo deve pur fare…  Salvo disabitudine o imprevisti.

   Roberto Baggio, campione, il rigore della vita non l’ha sbagliato perché ci ha fatto divertire a tutti a noi in Italia e anche all’estero, e soprattutto in Brasile. Il carnevale è quel che è, il pensiero pure, del destino meglio parlarne un’altra volta, quando saremo un po’ più ubriachi.

GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014

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