FAVOLA DEI POVERI INTORNO AL DUOMO DI MILANO
parcheggiati a stabbi tra le transenne dei cani, a caccia degli spiccioli della cattedrale. attendono soavemente i panzerotti guadagnati dai loro occhi imploranti e dai loro cuori rutilanti e arrotati dei maestri cantori di vent'anni, galanti dei loro cantici pii e pigolanti. come i profumi delle briciole dei forni dei negozi di pane di lusso poco lontani. onorati a menzogne, umiliati invece e offesi come bestie di poco conto. i poveri intorno al Duomo di Milano in massa. i padroni e i servi, tutti con le loro ridicole preghiere in tasca, con i loro portafogli testardi. e le fotomodelle in tacchi a spillo con i loro ben fare sui banconi lisi dei giorni splendenti accanto alle guglie di Dio. dondolano, nelle loro pellicce straniere, nei loro sogni bislacchi di gente sempre contenta. e i poveri, lerci come sempre, a mangiare con le mani le loro strane zuppe, che implorano con gli sguardi e bestemmiano con i gesti delle mani, scrutando malvagi le parate dei gruppi dei ganimedi, con i barattoli e le lattine popolati dei loro scarsi centesimi. sempre all'addiaccio, col freddo, la fame, i parenti tutti traditori. che farci? qui è sempre il Duomo di Milano. fino a sera tardi con la mano tesa, aperta, sanguinante e lurida. e intorno la gente di fretta come al solito, nauseata, culotorta, una processione di pance cotte e ricotte, satolle a spuntini di balena. e là ancora i poveri, le facce stravolte, sbigottiti da tanta ingiustizia del mondo, proprio davanti al santo cospetto di Dio. attorcigliati a catena nei loro caratteri d'oltremare affondati, sfrigolanti nei loro riti antichissimi, che accidentati si introducono come cani storpi nei cuori della gente dabbene. i poveri, sputando la fede dei perdenti, gli stupidi che hanno creduto alle fosche parole di Gesù. sognando ancora addolorati di arrivare da qualche parte tra le cattiverie e i soprusi delle trippe rigonfie. le puzze dei corpi derelitti, in mezzo a quelle anime così luccicanti di ricchezza putrefatta. con facce da pagliacci, rassegnati a quelle mimiche repellenti, le poche parole leccate e rileccate migliaia e migliaia di volte. i vecchi ancora più insistenti e petulanti. intanto sul Duomo splende il sole, e i ricchi sorridono e frusciano nelle loro sete costose. son malati di stomaco gravemente, i cervelli in cortocircuiti di interessi molto pericolosi, vanno per questo a farsi benedire dall'arcivescovo. i poveri sorridono anche loro con le loro pance vuote, andranno chissà dove a dormire per la notte. forse proprio dietro l'abside, sotto i porticati delle banche più potenti della nazione, nei cartoni, con accanto il bicchiere di vino da due soldi dell'ultima cena di Gesù.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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