illustrazione de "IL CONTADINO ZEN", su www.books.google.com |
senza vino senza neve senza niente,
ci maturiamo da soli nella nostra storia
a furia di mazzate
e di vie sostanziali rubate di soppiatto
sotto i nostri stessi occhi,
noi pesci di fiumi sacri
noi uccelli di alberi santi
noi uova deposte per caso
lungo la strada della cattedrale,
noi ci alziamo sempre alle due del mattino
quando la notte ha la sua bella radice
proprio sulla faccia di tutti i sonnambuli,
perché sotto c'è la grande lussuria
del rifiuto infinito,
le lacrime del più saggio
la risata del più matto,
campi gialli pieni di nulla
dove ancora si può far tutto,
senza meritare nessuna coscienza
né nessuna divinità,
la delizia del menefreghismo assoluto
del futurista più incallito,
bella la vita senza le assurde menate
della gran rincoglionita grassa borghesia,
sotto, senza sconti, senza senso,
senza alcuno interesse,
solo con la più triste chitarra della nostra anima,
come l'idiota legato in fondo alla caverna,
sotto, senza documenti, senza permessi,
senza nessuna raccomandazione
del porco più quotato in borsa,
come un pesce del fiume sacro
come un uccello
dell'albero dell'inferno e del paradiso,
con la musica rosa dell'anima reietta,
senza nemmeno concepire se stessi,
solo con il pensiero del volo
del volo
del volo
che sa già cosa dire in ogni evenienza,
per elevare me te loro tutti
sui flutti delle radici sottoterra
sui flutti dei soli nel loro sorgere nel cosmo,
ali straniere a tutti
cieli stranieri a tutti,
ai diavoli
ai farfallini
ai pescecani,
gatti vagabondi sott'acqua,
sirene sorridenti nel vento,
cani randagi senza padroni,
noi ci stiamo bene con la nostra ubriachezza
senza coscienza, senza nuvole, senza stelle
senza niente,
solo con la nostra storia
e la nostre mazzate,
e i nostri dei
e la nostra felicità.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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