domenica 27 novembre 2016
IL NOSTRO PAESE ANTICO
IL NOSTRO PAESE ANTICO
son stato anch'io una volta
nella terra della mia calda Utopia,
son passato anch'io con un treno fugace
nella mia città felice,
il mio sorriso di manicomio
era la mia felicità,
la mia follia fuori luogo era la mia terra dei contadini
nella piazza del mondo ormai in allegria,
una corsa verso un muro
a sbatterci la testa
è stata la nostra grande rivoluzione,
là diventammo tutti fratelli,
a dividerci la pagnotta,
la fame
e la poesia.
gli ipocriti erano in cattedra
e tenevano il tempo di tutta quanta la fantasmagoria,
si aspettava pure il Messia,
perduto anche lui nella stessa massa,
era un monaco barbuto e pazzo,
che amava tutti
perché così da qualche parte era pure scritto.
e noi ragazzi, come tanti pesci,
volavamo sui campi di grano,
facendo l'amore
e urlando felici.
di cosa non lo so mica,
forse solo della stessa vita.
ci esaltammo
e diventammo i primi.
poi forse fu proprio per questo
che cademmo nella polvere.
masticammo amaro
e ridemmo pure.
non si può amare un fratello
che non ti vuole e scarta.
ci svegliammo all'alba,
con un gallo matto che cantava ancora sui covoni,
la libertà non è per tutti,
soprattutto per la gente che non la vuole.
ce ne andammo a casa,
a piedi e non più in treno,
si era rotto tutto,
specialmente nell'anima nostra,
da dove ancora voltandoci avanti,
vediamo sorridendo l'Utopia antica.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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