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lunedì 6 giugno 2011

CHARLOT di gd angelillo

Quando ero a Londra andavo sempre a sedermi nei momenti liberi sotto la statua di Charlie Chaplin in Leicester Square. Era una piazza piccolina e anche la statua era minuta così come credo fosse stato lui anche in vita. Andavo là e sedevo sotto di lui. Questo semplice gesto mi faceva sentire meno solo, in una città così maestosamente sterminata come Londra. C'erano lì in quella piazza quasi sempre degli irlandesi, i polacchi, e solo raramente qualche italiano. Venivano lì quasi tutti per lo stesso mio motivo, per sentirsi meno soli a Londra in compagnia di Charlot, l'omino delle comiche.
Questo mi fece pensare qualche volta che Charlot non fosse stato solo un comico nella sua prolifica vita, ma che tra le altre cose fosse stato anche un pò filosofo. La sua capacità di far ridere anche con la sua infinita malinconia io l'ho trovata sempre fonte di una sua grande intima sapienza delle cose, sapienza che si manifestava semplicemente con la sua mimica inarrivabile, senza bisogno di nessuna parola, per questo io lo consideravo un pensatore superiore, cosa che tra l'altro non ho confessato mai a nessuno, per tema di essere preso, oltre quel che già mi considerano, per un pazzo in vena di castronerie come tante altre, così ho sempre taciuto su questo sottile e complicato argomento.
Lì una volta me ne stavo con una mia borsona piena di libri, libri usati e di poco conto che avevo acquistato con poche sterline nelle miriadi di librerie piccole e grandi della vicina Charing Cross Road.
Gli uccelletti svolazzavano intorno alle briciole del mio panino ungherese comprato da un chiosco vicino e io me ne stavo lì tranquillo a pensare dove mai avrei potuto nascondere quella borsa per me così preziosa nella casa occupata di Observatory Gardens dove abitavo in compagnia di spacciatori slavi, ubriaconi rumeni e impiegate australiane, di giorno così compite e di notte così sballone. Poco male, l'avrei seppellita sotto i mucchi di immondizia che si accumulavano a pian terreno, in un salone enorme, con un tanfo terribile. Lì non andava a ravanare nessuno per rubare al prossimo le sue povere cose. La spazzatura si accumulava in quel posto, perchè tutti si era così pigri e fuori di testa di ritenere fin troppo pesante andare fino ai cassoni comunali in fondo alla strada per buttare i propri lerci rifiuti, e poichè tutti facevano così ognuno era autorizzato a comportarsi allo stesso modo, cioè peggio che un porco. Ma si era a Londra, nessuno era inglese (in quella casa occupata) e ognuno faceva quel che gli pareva, senza mai dover render conto a nessuno. Così mentre ero immerso nei miei più o meno foschi pensieri ecco che sento dire in un inglese rabberciato e stralunato, più o meno come era il mio:
"Sto per tornare in Polonia".
Mi giro e ce l'aveva proprio con me. Un polacco male in arnese, vestito alla meglio, le occhiaie infossate, il fiato puzzolente degli alcolizzati cronici.
"Beh, prima o poi ce ne dobbiamo tornare tutti a casuccia, mamma Inghilterra non è che sprizzi tanta gioia a vederci tutti qui", gli avevo risposto allora io.
"Già, d'altronde il vino fà schifo da dare al vomito, sembra piuttosto una coca-cola rancida e sciroppata", mi dice lui con una smorfia di chi sapeva quel che diceva perchè da molti anni nel ramo.
"Infatti, in Inghilterra puoi bere birra ma mai e poi mai vino", avevo confermato io.
"E tu dove te ne vai quando mamma Inghilterra si sarà stufata pure di te?"
"In Italia".
"Ah!"
"Che c'è? Non sai dov'è?"
La sua faccia già poco simpatica si era rabbuiata di brutto, e questo  non è che giovasse eccessivamente alla sua già precaria e traballante estetica.
"No, è per il fatto che lì siete pieni di fascisti".
"Una volta era così, ma è un bel pò che le cose sono notevolmente migliorate".
"Dici? Io non mi fido mica".
E vedo che mi squadra da cima a fondo, come se cercasse da qualche mio particolare, vestito o lineamento, una prova che io fossi o no un fascista. Avevo indosso un maglioncino nero e questo lo mise parecchio in allarme.
"Sei un fascista o un antifascista?", mi chiese allora con un profondo e turbato sospiro.
"Mussolini è già mezzo secolo che è morto", gli dissi io lapidario.
Questo non è che lo confortò più di tanto.
"E lo voglio ben credere, cazzo!", esclamò lui agitandosi tutto.
"Fascismo, antifascismo, non è che sia una situazione molto allegra anche questa", dissi io in maniera, ammetto, anche un pò enigmatica.
Era questa la vera faccenda per cui a me andava sempre poco di parlare con gli altri, devi sempre spiegare la rava e la fava, e se non prendi la questione da quando Adamo ed Eva si mangiarono la mela del peccato c'è ben poco da farsi capire, o anche solo sperarlo. Tanti discorsi sottintesi che è impossibile affrontare in una sola botta e ecco allora il rischio tutto vero di prendere lucciole per lanterne, fischi per fiaschi e poi fascisti per antifascisti, come in questo caso. Per me la questione l'aveva risolta una volta per tutte Curzio Malaparte una volta dicendo: "Mussolini è morto, e il fascismo è morto con lui, d'ora in avanti chi  vorrà fare il fascista o l'antifascista se ne starà per tutto il tempo abbracciato o a lottare con un cadavere", anche per me era così, ma vai a spiegare tutti i 300.000 studi e pensieri che hai fatto tu in tanti anni in una mezz'ora di discorso fatto per forza di cose alla buona.
"C'è davvero molto poco da stare allegri con una guerra mondiale persa da voi italiani ma praticamente vinta perchè ora ve state con gli inglesi, e invece vinta da noi polacchi e praticamente persa perchè siamo rimasti soli come dei cani, abbandonati anche dai nostri cari alleati inglesi", disse lui amaramente.
"In guerra come in pace ci vuole sempre una bella dose di fortuna", dissi io capendo molto bene il suo punto di vista.
"Una grande fortuna", rettificò lui con alquanta mestizia.
"Comunque se il fascismo ha perso, ciò significa che hanno vinto anche gli italiani", dissi io
Il polacco strabuzzò gli occhi:
"COSA CAZZO DICI?!", urlò nel suo inglese pietoso.
Io sospirai, e rinunciai a chiarire il mio modo di vedere. Discorsi troppo lunghi, treni e treni di parole da mettere in fila con logica e decoro, ma chi è quel matto che si mette in testa di farsi capire per filo e per segno dal suo prossimo? Io ci avevo rinunciato da tempo ormai, molto tempo prima di incontrare il polacco che avevo seduto accanto a me. E così pensai che davvero Charlot era un grande pensatore se riusciva senza dire mai niente a farsi capire così bene da milioni e milioni di persone, facendole ridere a crepapelle per giunta.
Così raccattai la mia borsa piena di libri di poco conto e mi alzai.
"Vieni che ti offro un bicchiere di buon vino italiano a quella pizzeria all'angolo", gli dissi e indicai con lo sguardo un locale dove servivano davvero tutte cose che arrivavano direttamente dall'Italia.
"Quando perderete la prossima guerra mondiale, ma questa volta per davvero", disse con una punta di disprezzo il polacco.
"Rifiutare un dono di Dioniso non ti porterà bene", gli dissi allora io.
Ma quello non capì niente, e vallo a spiegare chi è e cosa fa Dioniso e perchè non si può offenderlo (il Dio non me naturalmente) e via discorrendo, a un alcolizzato poi, certo che se rinunciava a un buon bicchiere di vino aveva non pochi motivi di astio nei confronti degli italiani, vattelappesca quali, forse molto semplicemente li avevamo battuti da poco a pallone, ma io certo non me lo ricordavo, lui evidentemente molto bene ancora.
E così mi avviai a piedi verso Observatory Gardens con i miei pensieri come al solito più o meno foschi, e il bello era che a casa mi aspettavano una folla di spacciatori serbi, malviventi greci, ballerine neozelandesi sballate sia di giorno che di notte. E poi quel gran salone a piano terra pieno di spazzatura puzzolente e di un mare di giornalacci pornografici inglesi pieni zeppi di annunci erotici tutti rigorosamente sadomaso.
Grande nobilissimo Charlot, che non parlava mai ma che riusciva lo stesso a farci tutti così allegri con il suo sguardo così profondamente sapiente e umano.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO,
PAINTING LONDON WITH YELLOW COLOURS
romanzo
(capitolo 7)
http://www.dambrosioangelillo.it/
http://www.libriacquaviva.org/
http://www.books.google.com/

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