L'UFFICIO DI PIAZZA DI UN POETA DI STRADA
me ne stavo lì per conto mio
in Duomo a far pure io l'artista di piazza,
quando vedo che viene un tizio
e si mette a squadrarmi quasi mi volesse fare lui
il ritratto a me,
mi fissa davvero troppo forse
nella mia estrema miseria
e mi adocchia come se mi volesse fare chissà
quale sermone.
"e tu quindi saresti un poeta?
quello che gli piace fare i giochi sporchi
e tristi certamente,
e certamente per chi ha sentimenti bassi,
e forse nullafacenti", mi disse.
Io sospirai forte,
alzai mestamente le spalle
e dissi che sì, che ero proprio io il miserabile.
"e come mai ti sei ridotto così?
come un pezzente?"
"perché oggi come oggi
ogni poeta che si rispetti è un pezzente,
se le persone ricche come te
invece di darci l'obolo che compete a ogni artista,
son nell'anima ancor più pezzenti di noi,
e si prendono l'arte nostra aggratis,
tanto son miseri di cuore e di cervello".
quello allora se la tela
non considerandomi degno
nemmeno di una risposta, seppur maligna
quale mi immagino non potesse essere altro.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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