giuseppe d'ambrosio angelillo |
DESTINO MILANESE
sulla linea milano-pietroburgo ho tracciato
quella linea che si dava arie di una grande opera
che a vapore di treno metropolitano
fendeva l'azzurro dei sogni
e li sparpagliava all'aria come l'autunno
tutte le foglie morte.
ma il cielo è sempre giovane
e lì attingono le sue notti quei possenti pesci d'attacco
che si mangiano pian piano le stelle.
ma le leggende risorgono,
tornano ancora i veri idioti,
i demoni dementi,
i fratelli belve che si mangiano alberi secchi
e rapiscono come niente vagoni di bionde
da smistare prima del mattino
nelle bieche usanze delle ferrovie di nuova costruzione.
milano assomiglia un sacco a pietroburgo,
almeno quella antica che non esiste più,
se non in stanche, malinconiche vecchie fotografie.
ma i milanesi barbogi borghesi la continuano sempre
a distruggere la bellezza di milano,
è una donna troppo, troppo bella,
fa davvero innamorare più del dovuto,
bisogna bastonarla almeno un pò,
far vivere in miseria tutti gli artisti che si può,
mandare alla rovina tutti i veri poeti.
cos'è tutta questa storia presunta dell'arte?
i reggimenti devono partire tutti
alla conquista della siberia del soldo.
se vai al galoppo di notte e non ci stai attento
uno sterpo d'oro ti si ficca in un occhio e diventi cieco.
ti toccherà chiedere l'elemosina per strada
come un vecchio straccione.
dostoevskij fuma le sue sigarettine sul naviglio grande
e si sente a casa sua.
il suo puskin se ne sta sul ponte
a far ritratti a stupide signore.
giuseppe d'ambrosio angelillo
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