lunedì 10 novembre 2014
IL TEATRO EBRAICO
Sempre dopo la Rivoluzione Chagall viene chiamato a Mosca per dipingere interamente le pareti di un nuovo teatro ebraico.
Efrass, l'intendente, lo fa entrare in una sala enorme tutta buia.
"Ecco: questi muri sono tutti tuoi. Fa' pure quello che ti pare", gli dice.
Chagall riempie tutta la sala di colori, di schizzi, di idee fantasmagoriche.
Chagall invoca l'ispirazione a un suo antico avo, pittore di una sinagoga a Mohilev:
"O mio antico padre barbuto, versa nella mia anima due o tre gocce di verità eterna".
Si nutre di latte annacquato, di pane fatto con la crusca.
Meno si nutriva e più s'infiammava dentro.
Il portinaio del teatro, povero, pieno di pidocchi, quasi un idiota, gli rideva in faccia.
"Perchè ridi, stupido?", gli diceva Chagall.
"Guardo te e guardo i tuoi dipinti, e non so proprio dire chi sia più ridicolo", gli disse il portiere, sempre ridendo.
giuseppe d'ambrosio angelillo
da "CHAGALL", Acquaviva 2014
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