Andando in giro per la città incontro per caso Nathan Englander. Sta parlando con suoi amici e fa il finto tonto guardandosi in giro.
Sono 20 anni che non lo vedo, dall'ultima volta che abbiamo litigato.
"Ciao, Englander", gli dico.
Lui mi guarda, fa il finto sorpreso e mi saluta.
Io allora mi avvicino e gli stringo la mano. E' una stretta sufficiente per continuare la conversazione.
"Che si fa?", gli chiedo.
"Le solite cose", mi risponde.
Lo accompagno a un ufficio di riparazioni orologi dove gli devono consegnare dei libri. Non riescono a trovarli.
Siamo vicino a via Jules Kafar, sommergibilista della prima guerra mondiale. Vicino casa a New York.
"Ne hai da raccontare su queste case", mi dice.
"Qui c'è solo da raccontare la fame", gli dico.
Siamo sulla porta, mentre quelli cercano. Alla fine gli trovano questi benedetti libri, di un certo Telese. Allora lui prende questi libri e esce.
"Dovresti leggere Telesio invece che questo Telese", gli dico.
E' con la bicicletta e fa il gesto di andarsene.
"Vado di qua", dice.
E' la direzione opposta alla mia.
"Ti accompagno", gli dico. "Vado anch'io da questa parte".
Ma dopo un pò vuole svoltare ancora.
"Va bè, deviare di 90° gradi per accompagnarti va bene, ma di 180° no. Se non vuoi deviare di un minimo, amen", penso.
"Beh, ci becchiamo", mi dice lui.
"Non è mica facile beccarsi in questa città, hai idea almeno da quanto non ci vediamo?", gli dico.
Sì, che ha idea. Vorrebbe dirmi che mi telefona, ma non lo dice, di sicuro pensa, a ragione, che dopo 20 anni avrò cambiato il numero di telefono. Non dice niente. Alla fine saluta con un vago cenno della testa e va via.
Io rimango fermo sul marciapiede a guardarlo allontanarsi. Arriva in fondo e svolta in una strada. Si volta, vede che son lì a guardarlo e si ferma, fa il gesto di tornare indietro e dirmi qualche altra cosa, ma poi cambia idea e svolta definitivamente l'angolo.
Addio, Englander, e ricordati che qualunque cosa tu sia adesso un pò lo devi anche a me.
A proposito, perchè litigammo un giorno? Oh, minchia, non me lo ricordo più. Ci penso su ancora. Non me lo ricordo mica. La mia memoria se ne sta andando proprio a puttane. Oppure è un lapsus.
Oh, sì, ora mi ricordo. Per un mio libro. "Un poeta yiddish". Ti arrabbiasti così tanto. Ma perchè? Non me lo spiegasti mai. Mi telefonasti alle 3 di notte. Ero sveglio. Volevi denunciarmi alla Procura della Repubblica di New York. Ma lì non c'era il tuo nome, c'era la tua storia ma non il tuo nome. Mi desti 3 dollari per quel libro, io non li volevo ma tu volesti darmeli per forza.
Ti dissi: "Ti ridò indietro i 3 dollari, e tu ridammi indietro il mio libro, perchè quella tua storia forse davvero me la raccontasti in sogno..."
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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