Ce ne andavamo in giro con il tram in città. Un tram vecchio arancione nei grigi suburbi milanesi in un pomeriggio inoltrato e freddo di gennaio. Intorno a noi la gente dormiva perchè alzata troppo presto, e il lavoro incipiente sembrava purtroppo una pesantezza indigesta da affrontarsi a viso aperto da svegli, e allora i poveretti dormivano, o facevano pietosamente finta. Noi invece gonfi di caffè e di whisky eravamo pimpanti e forti anche se non avevamo dormito per tutta notte e anzi avevamo fatto bisboccia ancora fino a quell'ora lì, tarda o presto chissà cos'era mai.
"Ecco: nel romanzo se tu ci metti le tue storie personali è il soggettivo, ma il soggettivo non basta mai, ci devi mettere l'oggettivo pure e l'oggettivo sono le storie di quelle persone intorno a noi e allora forse ecco che può fare capolino l'universale. Solo a questa condizione il tuo romanzo può avere un qualche valore. Ma solo con il soggettivo, o solo con l'oggettivo il romanzo non vale mai granchè", dissi io.
I miei amici mi ascoltarono ma senza attenzione. Non erano mica romanzieri loro, non avevano mica i miei problemi di teoria e di pratica del romanzo. Loro semplicemente gli bastava far baccano e divertirsi. Cuccare ogni tanto se ne capitava l'occasione.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO
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