CASALICCHIO
Quante volte in quel campo di ulivi turchini,
di vigne azzurrine
ho vagato da ragazzino
per centinaia e centinaia di freddi mattini,
a tirar di zolfo
da sacchette di smargiassi,
a spruzzar acque violette
da pompe rugginose.
A scotennare piano l'alba dalla notte,
a continuare a sognare l'arte,
la musica,
la filosofia.
Col piccolo macellaio bassotto
padrone dei trulli in fondo alla via,
inveterato ladro di pesche,
e Cenzino la Pulita,
la mamma del quale
avendo inventato le mutande
era diventata famosa in paese.
Pittore notturno con due tizzoni accesi
da una stella caduta
all'ultimo momento,
a raccogliere le olive
con le urla dei rospi alle piscine
poco più in là.
I fichi dalle facce di filosofi,
i pruni con il cipiglio dei coraggiosi,
e il giorno che d'un botto
ergeva il suo castello ciclopico
con i centomila pesci sacri
delle sue luci riverberanti
e dei balli in maschera delle sue nuvole lassù.
E i santi a raccogliere le loro erbe rare e salvifiche,
e gli antichi Greci e gli antichi Romani
ancora nascosti a far la guardia
sui torrioni delle colline più alte,
da dove si scorgeva largo e azzurrissimo
il mare
nella sua silenziosa lontananza.
La marcia trionfale dei Francesi rivoluzionari
verso la costa
con i loro tamburi rullanti
e i tricolori al vento,
per far fronte ancora una volta
al tiranno straniero
e ai barbari.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
on www.books.google.com
Nessun commento:
Posta un commento