IL
MAESTRO
Stavo nell’atrio del cinema Cosmo ad
Acquaviva e guardavo dei piccoli manifesti appesi in una bacheca e che erano in
vendita.
C’era un soggetto bello di una ragazzina in
campo nero e vedo dal cartello che costa 4 euro. Allora decido di comprarlo, lo
prendo e vado a pagarlo. Ma la maschera del cinema mi dice che costa 14 euro.
Io allora lo porto alla bacheca e gli dico: “Allora cercate di correggere il
prezzo sul cartellino, c’è scritto 4 euro e invece costa 14”.
Quello viene a vedere e dice che è sbagliato
il cartellino non il prezzo, ma allo stesso tempo si prende i 4 euro da me. Io
avevo solo quelli e rimango così senza soldi.
“Avrei fatto meglio a comprare il giornale
con questi soldi, avrei speso solo un euro e mi sarebbero avanzati 3 euro”,
penso.
Ma poi penso: “Ma perché quell’impiastro s’è
preso i 4 euro se non mi ha dato nessun manifesto?” “Mi ha rubato”, penso. E
poi: “Mi rubano tutti perché sono troppo buono, e m’incazzo raramente”.
E allora giacché sono lì decido di andare da
una persona che ho conosciuto, un vecchio maestro, un uomo saggio e allora gli
porto un mio libro. Ha l’ufficio in piazza del Teatro e vado là, è in sua
compagnia una ragazza che sta sempre zitta.
Gli parlo di un mio racconto da cui voglio
fare un film dove lui dovrebbe partecipare.
“È un film di 5 minuti”, dico, “ci vuole più
tempo a parlarne che a farlo. Può venire anche di meno di 3, 4 minuti”.
Gli spiego la storia, sul libro il racconto
è di 3 paginette soltanto.
Un ragazzo va da un suo maestro e gli chiede
per amicizia di tenergli un tesoro, il maestro gli tiene il tesoro ma per
distrazione glielo perde, ma il ragazzo non si arrabbia, e per amicizia lo
perdona.
Il film è tutto lì.
Allora il maestro mi dice:
“Certo che nella tua vita l’amicizia è stata
molto importante”.
E io gli rispondo:
“È vero. Ma sono stato molto più amico io di
quanto sono stati tutti gli altri verso di me”.
“E ora? Hai amici?”
“No. Sono solo. Ma quando torno a casa ho
grandi amici maestri come Dostoevskij, Federico Garcia Lorca che sono molto
buoni con me”.
“Ahia!”, dice quello e rimane zitto.
Comincia a guardarmi strano. So cosa pensa e
allora gli dico:
“Non sono un pazzo se è quello che stai
pensando”.
Ma non ci crede.
Non risponde più.
Vedo che sta continuamente a pensare che
sono pazzo, nonostante le mie parole.
Allora io prendo i miei libri, gliene avevo
portati 3 e me ne vado via.
Saluto la ragazza e lui e vado fuori.
Da lì me ne vado verso casa e penso: “E no,
tu volevi regalare questi miei libri ma invece me li tengo io perché tu non te
li meritavi affatto”.
Spero così di aver finalmente cambiato il
mio atteggiamento troppo disponibile verso gli altri. Ma non ne sono sicuro.
Quel maestro si chiama l’Ingegnere, ed era
l’uomo più ricco del paese. E figuriamoci se avrebbe mai aiutato uno come me.
Vado a
casa ed entro nel cortile.
Per non farmi vedere dai vicini sulla strada
di casa.
Appena passo sono tutti lì che mi borbottano
dietro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
da "KAFKA" storielle minime, Acquaviva
Nessun commento:
Posta un commento