UNA
TINCA PER PASSAPORTO
(Gita
domenicale con Federico Fellini)
Stavamo in un ospedale di Riccione e con me
era ricoverato Federico Fellini e altri amici. Stavamo lì a parlare del più e
del meno. Io dicevo a Fellini di bere l’acqua Rocchetta così gli abbassava la
pressione e lo faceva urinare senza prendere farmaci.
“È un’acqua che viene dall’Umbria”, gli
faccio io.
“Allora è salutare davvero”, fa lui.
Stavamo in due letti vicini.
A un tratto lui ha un’idea:
“Ehi, amici, oggi è domenica perché non ce
ne andiamo in gita a Rimini?”
Non si potrebbe assolutamente, pena la
sospensione stessa delle nostre cure. Ma ci facciamo prendere tutti
dall’euforia e dalla voglia di gozzoviglia e ce ne scappiamo tutti
dall’ospedale e anzi scappa con noi pure un’infermiera, anche parecchio carina.
Ci mettiamo i vestiti e ce ne usciamo come
se fossimo dei semplici visitatori. Andiamo alla stazione, prendiamo il treno e
in un attimo siamo a Rimini.
Scendiamo dal treno e nei cortili della
stazione c’è una grande quercia, quasi tra i binari.
“Sotto quella quercia andavo sempre a
giocare da bambino”, dice Federico.
Io penso: “D’ora in poi quando vedrò quella
quercia penserò sempre a Federico Fellini”.
Poi ce ne andiamo verso il mare, vicino al
porto canale, lì c’è una stanza tutta coperta da pergolati, sembra dipinta da
Leonardo, ma invece è vera.
Là ci mettiamo a pescare e poi anche a
cucinare i pesci che prendiamo. Ci mettiamo a chiacchierare e raccontarci
storie, ci divertiamo moltissimo. Vengono anche alcune ragazze e ci sono pure
delle storie d’amore molto platoniche. Prendiamo tantissimi pesci. Ma passa il
tempo e dobbiamo tornare indietro, perché è già lunedì mattina.
Prendiamo il treno, scendiamo e andiamo
all’ospedale di Riccione. Lì però ora c’è una barriera dove per passare bisogna
esibire i documenti. Allora Federico ci dà tre pesci a testa e ci dice di
esibire quelli come documenti e di lasciarglieli come dono ai guardiani.
“Una tinca come passaporto non è per niente
male”, dice Federico e si mette a ridere.
Andiamo alla barriera ed esibiamo i pesci, i
custodi ridono, prendono i pesci e ci fanno passare senza tante storie.
“Avete visto, amici?” ci dice Federico. “Se
davvero fossero pesci i passaporti come sarebbe più allegro questo mondo!”
Entriamo dentro e tutti ci guardano con aria
di rimprovero. All’infermiera più di tutti. Minacciano di punirla. Ma è quasi
mezzogiorno e andiamo in mensa.
Le inservienti ci dicono:
“Ieri abbiamo mangiato lasagne, voi invece
siete andati a divertirvi, non oserete prenderle oggi le lasagne vogliamo
sperare”.
“Abbiamo pesci per voi”, dice Federico e dà
loro una busta piena di tinche.
“Arrosto o alla brace sono buonissime”, dice
poi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
da "FELLINI", Acquaviva 2014
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